CdS: 'Sala gioco chiusa, piena competenza dei dirigenti del Comune'
Secondo il Consiglio di Stato i dirigenti del Comune di Forlì avevano piena competenza ad adottare i provvedimenti connessi alla chiusura di una sala gioco.
“L’intervenuta rinunzia all’impugnativa delle delibere regionali e comunali e della nota del 5 giugno 2018 rende quindi, in questo giudizio, non censurabile la mappatura ed i relativi conseguenti provvedimenti di chiusura per mancata delocalizzazione.”
Così il Consiglio di Stato respinge l'appello presentato dal gestore di una sala giochi per la riforma della sentenza del Tar Emilia Romagnarisalente agli inizi del 2024 che aveva confermato l'estensione del divieto di prosecuzione della raccolta di gioco tramite apparecchi Vlt – disposto dal Comune di Forlì per il mancato rispetto della legge regionale in materia - all’attività accessoria di somministrazione di alimenti e bevande e agli apparecchi Awp presenti nello stesso locale.
I RICORSI - L’appellante, con ricorsi separati, ha impugnato al Tar Emilia Romagna i provvedimenti comunali di attuazione della legge regionale n° 5/2013 in tema di chiusura delle sale giochi poste entro il limite dei 500 metri dai “luoghi sensibili”; la deliberazione della giunta comunale di Forlì di mappatura delle sale non rispettose dei limiti di distanza (n° 481/2017), la nota (datata 5 giugno 2018( di chiusura o delocalizzazione entro sei mesi e la delibera della giunta regionale n° 831 del 12 giugno 2017 con l’allegato sulle modalità applicative del divieto alle sale da gioco e scommesse e alla nuova installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito. Con due sentenze del 2022 è stata dichiarata l’estinzione dei giudizi relativi per sopravvenuta rinuncia. Il gestore poi ha presentato ricorso contro altri due provvedimenti comunali del 2022 e 2023 al Tar, che lo ha respinto con la sentenza oggetto di appello al Consiglio di Stato.
IL VERDETTO - Secondo i giudici, “la competenza della Giunta è stata correttamente esercitata avendo l’organo esecutivo una competenza residuale rispetto al Consiglio e quindi potendo procedere alla delimitazione delle zone c.d. non idonee da sottoporre anche al Consiglio per gli eventuali conseguenti provvedimenti; nel caso specifico, la delibera della Giunta comunale in questione ha proceduto all’individuazione dei luoghi sensibili proponendo al Consiglio l’adozione degli atti di sua competenza e ferma restando la capacità propria dell’atto di svolgere i propri effetti circa la delimitazione delle zone sensibili”.
Quanto poi alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di chiusura dell’attività di somministrazione alimenti e bevande, “attività tipicamente e funzionalmente accessoria, va rilevato che la questione non pare fondata atteso che la Scia del 6 marzo 2013 agli atti di causa (prodotta dal Comune in data 15 aprile 2024) reca l’espressa dichiarazione dell’interessato di essere a conoscenza che la stessa non può essere esercitata in assenza dell’attività principale cui è annessa; e quindi risulta ultronea la richiesta dell’appellante di un avvio del procedimento formalizzato e partecipato solo per questa parte del provvedimento oggetto di ricorso.
In conclusione, in base all’art. 21 - octies l. 241/1990, il provvedimento non è annullabile atteso che l’appellante nulla avrebbe potuto dimostrare circa la supposta illegittimità del procedimento di chiusura anche per l’attività di somministrazione in considerazione anche della sua accessorietà rispetto a un provvedimento a contenuto vincolato”.
In considerazione di quanto evidenziato, infine, per il Consiglio di Stato “non sussistono i presupposti per un risarcimento del danno atteso che il bene della vita non può essere conseguito, essendo comunque assolutamente carente la prova del danno e dell’elemento soggettivo”.
Il testo integrale della sentenza del Consiglio di Stato è disponibile in allegato.
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