Tar a gestore gioco: 'Giusta interdittiva antimafia per vicinanza con circuiti mafiosi'
Il Tar Lombardia rigetta il ricorso di una società operante nel campo della commercializzazione e della gestione di giochi leciti per l'annullamento dell'informazione interdittiva antimafia.
Scritto da Redazione
“Le risultanze investigative hanno messo in luce a carico diretto dei coniugi – rispettivamente rappresentante legale-fondatore e componente del consiglio di amministrazione della società – diverse segnalazioni per illeciti penali e amministrativi correlati alla gestione dell’attività di gioco e scommesse, che ne costituiscono oggetto sociale, commessi nelle unità aziendali, nonché stretti contatti, familiari e di affari, con soggetti coinvolti in inchieste che ne hanno disvelato la vicinanza a circuiti mafiosi legati al giro delle scommesse clandestine e alla gestione del gioco d’azzardo”.
Lo riporta il Tar Lombardia nella sentenza con cui rigetta il ricorso presentato da una società operante nel campo della commercializzazione e della gestione di giochi leciti per l'annullamento della informazione interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura a suo carico.
Per il Collegio si tratta di “elementi indiziari che alimentano nei termini del 'più probabile che non' il sospetto dell’inserimento della società nel sistema di attività criminose oggetto delle operazioni d’indagine menzionate. Così ampiamente giustificando il provvedimento prefettizio adottato in funzione preventiva e non semplicemente e soltanto fondato, come sostiene la difesa di parte ricorrente, sui soli rapporti di parentela con pregiudicati. Il provvedimento, dunque, appare esauriente sotto gli aspetti della motivazione adeguata, della congruità e della prevenzione”.
IL RICORSO – Secondo la difesa della società colpita dall'interdittiva antimafia “l’Ufficio prefettizio non avrebbe dato prova di aver effettuato una completa ed esaustiva istruttoria sul concreto andamento dell’attività sociale né sulla effettiva natura dei rapporti economici e di affari tra i soggetti che amministrano la società ed i soggetti ritenuti inquinanti”. La documentazione allegata dalla Prefettura al provvedimento interdittivo e le argomentazioni richiamate avrebbero fatto “riferimento ad una sorta di automatismo dell’informativa, operante attraverso il richiamo a procedimenti penali a carico di terzi, nei quali il nominativo della società ricorrente non campare in nessuno degli atti dei giudizi.
Nel caso di specie, l’Autorità prefettizia si è basata sul mero rapporto di parentela/affinità tra il rappresentante legale della società e il coniuge con soggetti pregiudicati, senza che risulti evidenziato alcun ulteriore elemento a supporto dell’interdittiva, con evidente lacunosità e contraddittorietà della motivazione stessa. Rispetto a tale dato - di per sé neutro - l’Amministrazione avrebbe dovuto motivare adeguatamente e congruamente le ragioni del provvedimento interdittivo, non potendo limitarsi a richiamare sic et simpliciter detto elemento indiziario, il quale, di per sé solo, non può essere ritenuto sintomatico di un pericolo di infiltrazione della criminalità mafiosa nel tessuto societario”, si legge nella parte della sentenza che riporta i motivi di ricorso.
Motivi non condivisi dal Tar Lombardia.