Calcolo tassa 500 milioni, CdS: 'Adm non obbligata a fornire dati su ricavi'
Consiglio di Stato boccia appello dei gestori di apparecchi da gioco contro diniego di Adm ad accesso agli atti per calcolo degli importi dovuti per la tassa dei 500 milioni.
"L’acquisizione della documentazione richiesta, piuttosto che essere strettamente strumentale alla difesa nel giudizio civile, risulterà utile sul piano applicativo al fine di ripartire gli oneri solo (ed eventualmente) nel caso in cui il giudizio civile si concluda in senso favorevole agli odierni appellanti, per converso risultando sufficienti ai fini dell’applicazione del criterio cosiddetto fisso i dati già a disposizione degli istanti.
Del resto, alla luce delle decisioni richiamate dalle parti (Corte costituzionale, n. 125 del 13 giugno 2018; Tar Lazio, n. 11545/2019 e n. 12847/2019; Trib. Roma, n. 14303/2019; Cons. Stato, ordinanza n. 5306 del 31 agosto 2020, con cui è stato disposto rinvio pregiudiziale alla Cgue dell’art. 1, c. 649, l. 190/2014), l’esito della questione interpretativa sopra sommariamente delineata risulta ad oggi ancora del tutto incerto".
Adm aveva respinto la domanda, ritenendola inammissibile "in quanto essa implicherebbe un’elaborazione di dati e una certificazione di fatti, nonché in quanto relativa a dati già nella disponibilità delle parti, facendo al riguardo riferimento agli accordi con i concessionari e alla reportistica contabile. L’Amministrazione si limitava quindi a trasmettere una circolare del 30 luglio 2019.
Gli istanti pertanto hanno proposto ricorso dinanzi al Tar Lazio per ottenere l’annullamento del provvedimento di diniego.
Il Tar, con la sentenza n. 3241 del 16 marzo 2020, ha ritenuto di poter prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari ed ha quindi rigettato il ricorso, ritenendolo infondato nel merito".
IL VERDETTO - I giudici rilevano che "il giudizio a cui gli istanti fanno riferimento per motivare il proprio interesse all’accesso, pendente dinnanzi alla Corte di Appello, verte sulla questione di carattere propriamente interpretativo relativa ai summenzionati artt. 1, co. 649 l. n. 190/2014 e 1, co. 922 l. n. 208/2015, inerenti alle modalità di riparto del prelievo fra gestori e concessionari. Ne consegue l’irrilevanza della conoscenza dei documenti di cui si è chiesta l’esibizione al fine di stabilire quale dei criteri di ripartizione proposti dalle parti contendenti debba essere preferito. Tali atti, invero, non risultano funzionali a dimostrare la tesi giuridica avanzata in sede civile dagli appellanti, ossia quella secondo cui l’onere debba essere ripartito in base ai ricavi complessivi del concessionario, e non in forza della percentuale di riparto con il singolo gestore stabilita nel relativo contratto, atteso che l’adesione ad una o all’atra tesi dipende esclusivamente dall’interpretazione delle richiamate norme".