Sale gioco, Tar Campania annulla ricorso di una società che chiede annullamento limiti orari comunali
Il tribunale regionale ritiene infondate le ragioni della sala giochi che lamenta un limite arbitrario alla libertà d'impresa imposto dal Comune.
"La dettata disciplina degli orari di apertura delle sale da gioco e di utilizzo degli apparecchi da gioco appare ampiamente giustificata dallo scopo di prevenire il dilagare del fenomeno, in piena rispondenza alle finalità perseguite dalla normativa comunitaria e nazionale". Così il Tribunale amministrativo regionale della Campania respinge il ricorso di una sala scommesse per la cancellazione di un'ordinanza del comune di Capua, in provincia di Caserta, che impone dei limiti orari considerati troppo stringenti alle attività commerciali del settore del gioco pubblico.
L'ordinanza comunale, infatti, impone all'impresa, una sala scommesse regolarmente autorizzata ex art. 88 cit. nella quale sono installati apparecchi automatici da gioco con vincite in denaro, di "consentire l’utilizzo di tali apparecchi solo per otto ore nell’arco della giornata, distribuite tra mattina e pomeriggio e con intervalli diversificati in ragione dell’avvio dell’anno scolastico".
I giudici del Tar esordiscono subito asserendo che il ricorso non merita accoglimento, non trovando sostegno nella copiosa giurisprudenza amministrativa intervenuta in materia.
Citando una precedente sentenza del giudice amministrativo veneto, le di cui parole il Tar Campania decide di far proprie, "la limitazione degli orari di apertura delle sale da gioco o scommessa e degli altri esercizi in cui sono installate apparecchiature per il gioco è stata disposta dal Comune per tutelare la salute pubblica e il benessere socio-economico dei cittadini", aggiungendo che "la libertà di iniziativa economica non è assoluta, non potendo svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (art. 41 Cost.)".
SI legge ancora nella sentenza che "appare al Collegio proporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti (prevenzione, contrasto e riduzione del gioco d’azzardo patologico), realizzando un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo".
"L’idoneità dell’atto impugnato", continua la sentenza, utilizzando ancora le parole del citato Tar Veneto, "a realizzare l’obiettivo perseguito deve essere apprezzata, tenendo presente che scopo dell’ordinanza comunale non è quello di eliminare ogni forma di dipendenza patologica dal gioco (anche quelle generate da gratta e vinci, lotto, superenalotto, giochi on line, etc.), obiettivo che travalicherebbe la sfera di attribuzioni del Comune, ma solo quello di prevenire, contrastare, ridurre il rischio di dipendenza patologica derivante dalla frequentazione di sale da gioco o scommessa e dall’utilizzo di apparecchiature per il gioco."
"Sulla stessa linea di pensiero", continuano i giudici campani, "si colloca il consolidato orientamento del massimo giudice amministrativo espresso in materia", e ricordano che "pur non essendovi una normativa comunitaria specifica sul gioco d'azzardo, il Parlamento europeo ha approvato il 10 settembre 2013 una risoluzione nella quale si afferma la legittimità degli interventi degli Stati membri a protezione dei giocatori, anche se tali interventi dovessero comprimere alcuni principi cardine dell'ordinamento comunitario come, ad esempio, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi".
"L'assioma fondamentale", questo il fulcro della sentenza, "è che nell'ipotesi di un rischio potenziale, laddove vi sia un'identificazione degli effetti potenzialmente negativi di un'attività e vi sia stata una valutazione dei dati scientifici disponibili, è d'obbligo predisporre tutte le misure per minimizzare (o azzerare, ove possibile) il rischio preso in considerazione, pur sempre nel rispetto del principio di proporzionalità e di contemperamento degli interessi coinvolti".
Il Tar Campania non ravvisa alcuna illogicità nelle parole del Comune "nell’accomunare gli apparecchi da gioco Awp a quelli Vlt, in quanto i primi, regolati dall’art. 110, comma 6, lett. a), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, pur essendo dotati a differenza dei secondi di prove di abilità, sono del pari capaci, in virtù dei sistemi di automazione che li caratterizzano, di creare dipendenza nei giocatori".
Interessante anche appredere che, secondo il Tar Campania, "l’argomento con cui si stigmatizza la mancata valutazione dell’incidenza delle forme di gioco illegali, verso le quali i soggetti ludopatici si indirizzerebbero, prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco, appunto quelle legali, se altre ve ne sono a disposizione".
Ecco che "nella decisione assunta dal Comune di Capua di limitare l’orario di apertura delle sale da gioco e di funzionamento degli apparecchi da gioco, ricorre la predetta relazione: se la premessa è quella di voler contrastare il fenomeno della ludopatia, è coerente con essa la decisione di limitare l’offerta (sia pure temporale) di gioco". Peranto il ricorso della società viene respinto.
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