Riordino gioco, Baretta: 'Ascoltare richieste enti locali di compartecipazione al gettito'
Pier Paolo Baretta, già sottosegretario all'Economia, auspica un rapido riordino anche del gioco fisico per raggiungere gli obiettivi perseguiti pure nelle passate legislature.
Un punto di vista privilegiato e informato sull'attuale percorso di riforma del gioco avviato con la Delega fiscale: è quello di Pier Paolo Baretta, già sottosegretario all'Economia e oggi assessore al Bilancio del Comune di Napoli. Nella sua audizione da parte della commissione Finanze del Senato sullo schema di riordino del gioco, a partire da quello a distanza, Baretta sottolinea infatti che "la recente delega fiscale che dispone il riordino rappresenta un'importante occasione per completare finalmente un percorso e i principi che la ispirano sono coerenti con le elaborazioni sviluppate negli anni scorsi: riaffermare la priorità della salute pubblica partendo dalla tutela dei soggetti più vulnerabili attraverso soluzioni tecniche già sperimentate come la formazione o i limiti alla giocata".
Quanto alla riorganizzazione della rete di offerta fisica, secondo Baretta va chiarito "il concetto di progressiva concentrazione per evitare il rischio che sia interpretato come dislocazione eccessivamente periferica, creando dunque isole extraurbane dedicate al gioco che diventano una concentrazione di emarginazione più che di divertimento".
Pur sottolineando che lo schema di decreto legislativo in esame "rappresenta la prima attuazione della delega", Baretta ritiene "urgente il decreto sul gioco fisico" e trova "positivo che ci sia una nuova intesa in Conferenza unificata".
Baretta ricorda che l'iter del riordino ha una lunga storia alle spalle, dalla legge Balduzzi del 2012 alla "prima" delega del 2014, "un tortuoso cammino che non ha ancora raggiunto l'esito".
Per diversi motivi: "Nel 2014 si parlava di riforma della rete fisica, di regole trasparenti e uniformi sui titoli abilitativi e di partecipazione dei Comuni ai procedimenti autorizzativi, ma l'accresciuta presa di coscienza dei rischi da dipendenza ha creato un corto circuito tra i diversi modi di applicare questo principio" e "il Governo di allora fu indotto a non operare una forzatura politica, rinunciando dunque all'applicazione della Delega".
Facendo un rapido excursus di quanto avvenuto nelle aule parlamentari e governative negli ultimi dodici anni, Baretta ricorda: "Quando sono stato incaricato di riprendere in mano la delega ho attivato tavoli di confronto, cercando una mediazione, faticosa e a volte non riuscita, con il Parlamento, gli operatori di settore, con i concessionari e i gestori, con l'associazionismo laico e religioso, con gli enti locali.
L'obiettivo era una normativa che, sulla base delle indicazioni della Cassazione, favorisse il gioco come condizione normale nella vita delle persone, come divertimento episodico, evitando l'affermarsi sia della permissività che del totale proibizionismo. C'è stato un salto di qualità di tutti gli attori, ma non al punto di arrivare a condividere una visione univoca con regole uniformi".
Tuttavia, due risultati sono stati ottenuti: "La riduzione del 30 percento delle 400mila slot che operavano nel mercato, anche se c'è ancora spazio di riduzione, se collegata alla razionalizzazione dei punti vendita. Il secondo risultato è l'intesa raggiunta in Conferenza unificata nel 2017 che prevedeva tra l'altro una drastica riduzione dei punti gioco: essa si rivelò il più compiuto tentativo di riforma fino ad allora vissuto, ma non soddisfacente. Nè per gli enti locali, che non partecipavano alle entrate fiscali, nè per gli operatori che non avevano capito del tutto la loro crisi reputazionale, nè per la Ragioneria dello Stato visto che la riduzione dei punti gioco comportava una teorica riduzione del gettito fiscale".
Dunque, "nonostante gli sforzi di molti il tentativo di applicare la delega facendola diventare legge è stato mancato per poco nella 17esima legislatura, poi ci sono state le alterne vicende della 18esima, ma tutti i sottosegretari di questo periodo hanno aperto il relativo dossier".
Baretta osserva i tanti cambiamenti in atto, anche nella percezione dei problemi, e le varie ondate di regolamenti comunali e regionali, e arrivando al presente, sulla scorta delle esperienze passate, raccomanda al Parlamento di "tenere conto della tradizione nazionale. L'innalzamento della base d'asta non diventi una misura discriminante per il settore e non si dimentichi che il gioco italiano è tra i più efficaci nella lotta alla malavita organizzata e alla criminalità. Fanno riflettere le scelte di alcuni istituti bancari di chiudere i conti agli operatori di gioco".
Dunque, Baretta afferma: "Serve un quadro unitario per dare certezza nelle gare che vanno bandite al più presto in tutte le componenti dell'offerta, serve una governance matura del settore per ultimare il percorso avviato, serve una normativa con valenza nazionale. La Delega può consentire questo obiettivo e la nuova intesa aiuta il suo raggiungimento". Tuttavia, ribadisce, "non si trascuri la richiesta dei Comuni di compartecipazione al gettito, è una forma di condivisione delle responsabilità e dei doveri".
Un passaggio, in riferimento al gioco online, sulla "troppa concorrenza delle piattaforme estere", un problema simile a quello dei casinò: "Proprio per questo avevo ipotizzato una loro riforma che portasse a un controllato aumento del loro numero, così da prevenire il fenomeno del turismo da gioco verso la Slovenia o Malta, ma anche per venire incontro alla richiesta di limitare l'offerta e di qualificarla: i casinò sono i punti gioco più protetti".
In conclusione, Baretta sottolinea la continuità tra l'intesa del 2017 e l'articolo 15 della Delega per quanto riguarda gli obiettivi di razionalizzare l'offerta e tutelare il giocatore e spera che "dopo il riordino del settore online ci sia anche quello del fisico. Solo con una riforma in tempi brevi si possono raggiungere obiettivi che ci poniamo da tempo".
In risposta a una sollecitazione del senatore Massimo Garavaglia (Lega), Baretta evidenzia: "Quanto al coinvolgimento dei Comuni nel controllo e nella prevenzione, avevamo ipotizzato che una parte di quanto ottenuto dalla lotta all'evasione potesse essere loro destinato, questo è giusto e ragionevole, ma penso che la questione della compartecipazione si ponga in termini più strutturali. Penso che il fatto che essi non partecipavano alla redistribuzione delle entrate da gioco li rendesse più motivati sotto il profilo della questione sociale che su quella finanziaria".