"La giurisprudenza in esame ha considerato legittimo il distanziometro nel momento in cui la distanza minima da rispettare sia fissata in un valore non eccessivo, compreso fra i 300 e i 500 metri di cui si tratta, con la conseguenza di lasciare disponibile per esercitare l’attività in esame una percentuale anche modesta, ma comunque esistente, del territorio comunale."
Lo evidenzia il Consiglio di Stato in una sentenza con cui respinge l'appello proposto dal gestore di tre sale gioco situate a Reggio Emilia per la riforma della sentenza del Tar Emilia Romagna che nel 2023 ha confermato la validità dei provvedimenti del Comune atti a obbligarlo a delocalizzare le sale in questione in una zona consentita ovvero di chiuderle, in quanto troppo vicine a "luoghi sensibili" ai sensi della legge regionale in materia.
Per i giudici risulta "non ravvisabile" un effetto espulsivo "nel concreto - dovuto cioè, secondo quanto allega la parte appellante, non alla disciplina generale, ma alla particolare disciplina urbanistica adottata dal Comune nel momento storico rilevante. Come premessa, i provvedimenti impugnati sono del 30 luglio 2018, ovvero risalgono ad un momento in cui, secondo le informazioni fornite dal Comune, la delocalizzazione era consentita, se pure con l’onere aggiuntivo della stipula di un accordo operativo o dell’inserimento nel Poc - Piano operativo comunale
Che questa previsione, rimasta in vigore sino al 5 dicembre 2019, fosse ineffettiva non è possibile affermarlo, dato che la società non ha presentato alcuna istanza in merito, e quindi non si può secondo logica dire se il Comune la avrebbe o no accolta in tempo utile".
Secondo il Consiglio di Stato, "le contrarie deduzioni della parte appellante non vanno condivise, perché delle presunte 'istanze esplorative' che questa avrebbe presentato non vi è traccia alcuna agli atti, ed anzi l’ordinanza di chiusura del 2020 dà atto proprio del contrario, ovvero che nessuna istanza di tal tipo è stata presentata, senza che vi siano state specifiche contestazioni sul punto.
Quanto sopra, lo si aggiunge per completezza, non contrasta con i casi decisi da questa stessa sezione con le sentenze 10 giugno 2024 nn.5157 e 5160, e sempre relativi al Comune di Reggio Emilia", si legge nella sentenza. "In questi casi infatti, a quanto risulta dalla motivazione, le istanze di delocalizzazione erano state presentate, ma il loro esame era stato effettivamente precluso dalla disciplina introdotta dalla delibera di Giunta 5 dicembre 2019 di cui si è detto, L’effetto espulsivo in concreto si poteva quindi dire realizzato a causa della particolare modalità con cui si sono svolti i fatti, modalità evidentemente diversa da quella di cui si ragiona in questa sede".
È infondato anche il secondo motivo di appello, centrato su presunti errori nel calcolo delle distanze.
In merito a una delle tre sale, che aveva continuato ad operare in violazione del divieto, il CdS rimarca: "Mon è contestata la deduzione del Comune per cui essa si trova comunque a distanza non consentita da due scuole, pacificamente luoghi sensibili; per tutte le sale interessata poi vale quanto eccepisce il Comune, ovvero che l’errato calcolo della distanza è solo asserito in via generica e non specificamente allegato né dimostrato: in altre parole, la parte non dice quali errori il Comune avrebbe commesso nell’effettuare la misura e quale sarebbe invece, a suo dire, il calcolo corretto".