Il fascino strillato del turpiloquio
Con la giovane saggista Benedetta Cicognani alla scoperta dei tanti vizi e delle poche virtù delle parolacce, ormai ampiamente sdoganate in ambito politico.
Ce ne siamo accorti tutti, da un pezzo. Non è più tempo, in Parlamento e nei vari luoghi “sacri” della politica, dell'arcigno chignon di Nilde Iotti, a fare pendant con il suo linguaggio austero, o delle salaci e garbate staffilate verbali di Giulio Andretti. La “parolaccia” è ormai stata sdoganata anche in questi ambiti, con buona pace degli statisti di altri tempi e pure delle nostre maestre che ci mettevano fuori dalla porta se ce ne usciva una.
E proprio “L'onorevole parolaccia, perchè il turpiloquio ha conquistato il liguaggio politico” è il titolo del saggio (edito da Franco Angeli) della riminese Benedetta Cicognani presentato in uno degli appuntamenti di ottobre della rassegna “Mementi – Mercoledì d'autore” promossa nella sala Diamond di San Marino dalla Giochi del Titano in collaborazione con la casa editrice Minerva.
Un'occasione per approfondire un tema davvero di particolare attualità: Benedetta, c'è qualche politico o episodio specifico che le ha ispirato questo saggio?
“La parolaccia è un escamotage frizzante per parlare della trasformazione della dialettica politica, una dialettica che pare sempre più vicina a un match di wrestling che a un confronto tra tesi. La stessa contrapposizione ha perso la sua coloritura ideologica. La sua fiamma passionale e anche focosa si è spenta lasciando spazio soltanto a un interloquire fatto di anatemi, grida, frasi cattura-titolo e da avanspettacolo. L’idea del libro, insomma, nasce da un’osservazione del quotidiano, tenendo ben a mente che c’è chi ha fatto della parolaccia la genesi di un partito: il Movimento 5 Stelle, che è nato sostanzialmente da un grande Vaffa targato Grillo.”
Ma secondo lei qual è l'utilità per il politico di utilizzare le parolacce? È inoltre un'utilità anche a lungo termine?
“Dal punto di vista elettorale il turpiloquio può dare una mano, perché viene percepito dall’ascoltatore come un segnale di franchezza, sincerità, trasparenza e talvolta di autorevolezza. E questo alle urne può essere premiato. Ci sono figure politiche che senza turpiloquio perderebbero del tutto la loro popolarità. Penso al sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, rinomato per il suo linguaggio-spogliatoio, come quando è stato ripreso da tutta la stampa per aver detto che ‘un uomo normale guarda il bel c**o della donna e forse ci prova anche’. È palese il suo tentativo di crearsi ‘il personaggio’ e ritagliarsi un palcoscenico mediatico.”
Secondo lei questo andazzo sempre più parolaccesco è inevitabile o ci sarà un punto in cui si tornerà addietro?
“Più che altro la parolaccia è usata in maniera sbrigativa e scenica più che per dare forza a un contenuto, e questo penalizza la qualità del dibattitto pubblico e della proposta politica. L’astensionismo che si registra puntualmente alle elezioni è la conferma di un distacco e un’insofferenza massiccia verso una rappresentanza politica che sembra agli occhi dell’opinione pubblica autoreferenziale e inadeguata a rispondere ai problemi della gente. Il linguaggio è specchio e ingrediente del pensiero: se non c’è una visione, allora la comunicazione deve riempire questa lacuna con un approccio fintamente autorevole. La svolta dipenderà dalla classe dirigente.”
Non trova strano che mentre le parolacce sono state sdoganate il politically correct imperi altrettanto?
“A mio avviso le due cose rappresentano la faccia della stessa medaglia: l’esasperazione porta alle estremizzazioni, da un lato e dall’altro. E oggi, per certi versi, ci troviamo davanti a un conflitto tra ‘assoluti’: o deve essere tutto edulcorato o imbruttito al massimo.”
Secondo lei le giovani generazioni, cresciute a vaffa e imprecazioni varie, come sapranno rapportarsi anche in contesti formali?
“La politica tradizionale, fatta di sezioni e partiti, è troppo distante e percepita come tale per influenzare il linguaggio dei giovani. Penso al contrario che la politica dovrebbe attingere al linguaggio giovane per attualizzarsi, non per limitarsi a una goffa imitazione, ma per sintonizzarsi con il loro sentire.”
Infine, che cosa ne pensa del connubio tra letteratura e intrattenimento offerto dalla sala Diamond assieme alla casa editrice Minerva con la rassegna Mementi?
“Mi piace molto, Guido e Roberto Mugavero della casa editrice Minerva sono due persone rare, che fanno con enorme passione e professionalità il loro lavoro. E questo si percepisce non appena si entra in quella sala e incrociano i loro sorrisi.”
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