Marco Buticchi, la folgorazione dell'ispirazione
Il maestro italiano dell’avventura, Marco Buticchi, presenta un intreccio tra l’antico Egitto e i totalitarismi del Novecento
Con la sua ultima fatica, “Il serpente e il faraone”, Marco Buticchi è il primo autore italiano pubblicato da Longanesi nella collana “I maestri dell’avventura”, accanto a Wilbur Smith, Clive Cussler e Patrick O’Brian.
Ma restando in Italia, quando si parla di avventura, si pensa a un altro nome illustrissimo.
E proprio da questo partiamo, nel nostro colloquio con Marco Buticchi: che effetto le fa l'essere accostato a Emilio Salgari?
“È sempre lusinghiero come accostamento, anche considerando che con un mio romanzo ho pure vinto un premio Salgari (nel 2012, Ndr)”.
Certo, dopo oltre venti romanzi pubblicati i paragoni con altri scrittori corrono il rischio di essere riduttivi, limitanti.
“Sì, ho un mio stile, che spero ormai sia conosciuto. Sicuramente è cambiato nel tempo, perché come tutti i lavori, anche quello dello scrivere si impara strada facendo. Si cambia “ma senza stravolgersi, perché la scrittura, con gli anni, perde un po’ di ingenuità, ma non deve mai perdere la passione”.
Cosa ci può dire del suo ultimo romanzo, presentato di recente anche al Casinò di Sanremo?
“A cento anni esatti dalla scoperta della tomba del faraone Tutankhamon ho voluto inseguire, e raccontare, anche la storia, quella vera, di questa notevole scoperta (avvenuta il 4 novembre 1922 ad opera di Howard Carter, Ndr). Una storia di mistero ricca di elementi antichi e contemporanei, un viaggio nel tempo nel quale l’avventura di fantasia si intreccia con vicende reali, alcune risalenti all’antico Egitto, al tempo del Faraone bambino, e altre del Novecento, incrociando così anche il male del secolo, incarnato nei totalitarismi nazista, fascista e stalinista”.
Lei è autore di moltissimi libri di successo, ma come nascono le sue opere?
“Anche ‘Il serpente e il faraone’ nasce da una folgorazione, come spesso è accaduto con altri libri. Sono folgorazioni che scaturiscono dalla quotidianità, da oggetti normali, dai quali poi inizia a dipanarsi una storia”.
In questa storia poi l’elemento di mistero era già presente, insito nella nota maledizione di Tutankhamon?
“La presunta maledizione legata alla tomba del Faraone bambino (che si narra abbia colpito molti di coloro che parteciparono alla scoperta della sua tomba, Ndr) ha fornito una facile base, ma ho voluto inserire anche una chiave ulteriore, che porta a un collegamento diretto anche con le antiche religioni. Si tratta di collegamenti che ho trovato, ma che ritengo siano impensabili nella realtà del mondo di oggi”.
Inevitabile, provando a trovare un collegamento di Buticchi con il mondo del gioco, finire col parlare ancora di passato. Marco Buticchi, infatti, è figlio di Albino, importante petroliere italiano che fu anche ex presidente del Milan, per un breve periodo, nei primi anni Settanta del secolo scorso, e fu un gran frequentatore proprio del Casinò di Sanremo.
Le va di parlarne? Non vorrei portare il discorso a navigare in acque troppo agitate.
“Non si preoccupi, è un qualcosa che appartiene a un passato lontano, che ormai non suscita più alcuna emozione”.
E dal passato, avviandoci ai saluti, si passa così a parlare di futuro, che per uno scrittore significa sempre una nuova storia da raccontare. Può anticiparci il soggetto, o l’argomento, del suo prossimo libro?
“Sto lavorando a un romanzo che parla della vicenda dei marmi del Partenone, quelli che a inizio Ottocento furono trasportati da Atene all’Inghilterra da Thomas Bruce, conte di Elgin, con l’incidente che fece affondare un suo brigantino”.
Anche in tal caso si preannuncia un’avventura intrecciata con vicende storiche reali e con riferimento anche all’attualità, dato che ancora oggi si torna spesso a parlare della restituzione delle ricchezze artistiche trasferite (per alcuni trafugate) per motivi non solo legati alla passione per l’antichità. Ma per leggerla ci sarà da attendere ancora un po’.
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