Casinò, finalmente sul palco della politica
I casinò italiani in audizione in commissione d'inchiesta sul gioco, occasione per evidenziare peculiarità e problemi 'storici'.
Quello che si consumerà nei prossimi giorni è un evento storico, ovviamente tenendo a mente il settore di cui scriviamo, giochi e casinò. Questi ultimi saranno infatti chiamati, assieme con le loro proprietà, in audizione da parte della commissione parlamentare d'inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico, istituita in Senato nell'agoso scorso e presieduta, da allora, dal senatore di Italia Viva Mauro Maria Marino. Una doppia audizione, è possibile che sarà, visto che le tematiche da affrontare sono numerose e che i quattro casinò, certo più simili tra di loro che al cosiddetto gioco pubblico, hanno caratteristiche e vicende assai differenziate. Basti pensare che un casinò, quello di Saint Vincent, sta attuando una procedura concordataria, uno, quello di Campione d'Italia, è rimasto chiuso per oltre tre anni e i creditori devono ancora approvare il concordato, mentre gli altri due, Sanremo e Venezia, navigano da anni in acque ben più tranquille.
Non era scontato che i casinò sarebbero stati chiamati in audizione in commissione, visto che appunto originariamente questa era chiamata a occuparsi del gioco gestito dal ministero dell'Economia e delle Finanze, e dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Se si è arrivati a estendere l'ambito di azione, è principalmente grazie alla proposta del senatore valdostano Albert Laniéce, peraltro prontamente accolta, e certamente il contributo che i casinò apporteranno sarà fondamentale nella conoscenza del panorama generale del gioco con vincita in denaro.
C'è da sottolineare, a tale proposito, che se il gioco pubblico chiede e attende da tempo un riordino normativo, che ponga fine per esempio alla cosiddetta questione territoriale, i casinò sono da decenni "senza legge", e sono operativi solo grazie a dei decreti che derogano al divieto di gioco d'azzardo sancito dal codice penale. Un caos normativo che la Corte costituzionale ha chiesto più volte, inascoltata, di riordinare. E certamente, anche se nessuna Regione o Comune vuole mettere un distanziometro o limiti orari che paralizzino o blocchino l'attività dei quattro casinò, sarebbe opportuno che il legislatore, una volta per tutto, desse loro un posto nell'ordinamento. Poi, certo, resta da capire in che modo: con la legge delega sul gioco, che peraltro tarda ancora ad arrivare in consiglio dei ministri (tant'è che anche i più ottimisti stanno perdendo le speranze che si riesca a portare al termine l'iter entro questo scorcio di legislatura), oppure con una legge ad hoc, che in verità non sembra affatto nelle corde del legislatore?
Sicuramente è di grande interesse che finalmente le problematiche dei casinò e delle loro proprietà pubbliche ottengano l'attenzione della politica nazionale, spesso inconsapevole delle loro peculiarità e potenzialità, come si è riscontrato anche durante la pandemia o già prima con il decreto Dignità, che hanno di fatto uniformato nel trattamento e nelle disposizioni l'intero settore.
Sarà poi la commissione a fare sintesi, con una relazione che si spera possa fungere da base oggettiva per il riordino, e dove, a questo punto, troverà spazio anche il tema casinò, finalmente inserito in un contesto nazionale e non solo affidato alla politica locale.