Cuneo fiscale, una chance anche per i casinò?
In vista delle elezioni politiche si torna a parlare di cuneo fiscale e di decontribuzione per diminuzione del costo del lavoro: occasione anche per i casinò.
È un argomento che potrebbe trovare, forse, alloggio in una campagna elettorale in quanto si inserisce quale seguito di un discorso, il cuneo fiscale, avviato e condiviso.
Anche questa volta una legge organica sulle case da gioco, argomento che per la Corte Costituzionale è stato oggetto di invito più volte, se non erro dal 1985, al Parlamento di legiferare, non inizierà il proprio iter parlamentare come pareva potesse avvenire con le audizioni in Commissione.
Le case da gioco italiane non si trovano in buone acque e le entrate tributarie a favore degli enti pubblici proprietari non sono più quelle di un tempo. Sono drasticamente diminuite e i loro bilanci hanno difficoltà a chiudere con un utile piccolissimo se non in perdita.
Il ricorso all’intervento sul costo del personale è spesso e volentieri adottato per superare le difficoltà di carattere finanziario, l’occupazione in calo concorre ad appesantire una situazione già grave per se stessa in carenza di entrate significative che non ritroviamo più nei bilanci pubblici.
Il disposto del decreto legislativo n. 314 del 1997, pareggiando, come era giusto e logico, il quantum soggetto all’Irpef con quello valido ai fini pensionistici ha contribuito all’incremento del costo del lavoro.
Oggi si parla di cuneo fiscale e di decontribuzione per diminuire il costo del lavoro e, contemporaneamente, incrementare il netto a favore del dipendente. Ebbene, per quanto inerisce le case da gioco si possono sperare due provvedimenti: il primo tendente a detassare dall’imposta sul reddito delle persone fisiche le mance in modo che il datore di lavoro sia sgravato dall’importo dei contributi pensionistici, diminuendo al tempo stesso il costo del lavoro. Il secondo inerisce invece il codice civile, esattamente l’articolo 1933 che, classificando i debiti di gioco nelle obbligazioni naturali e, quindi, senza azione di recupero, può influire negativamente sui ricavi delle case da gioco limitando i mezzi per accedere al gioco.
Molto brevemente, garantendo che esiste un approfondito studio giuridico sull’argomento, ecco la motivazione a conforto del primo provvedimento, per il secondo è sufficiente quanto già citato.
La Legge Europea 2015, art.7 (Disposizioni in materia di tassazione delle vincite da gioco. Esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’unione europea 22 ottobre 2014 …) è obbligatorio richiamarla nel ragionamento complessivo.
L’articolo citato prevede e stabilisce che le vincite al gioco corrisposte da case da gioco autorizzate in Italia o negli Stati membri dell’Unione europea o nello Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta.
La mancia è una parte della vincita. La sentenza n.1776 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, recita appunto questo.
Concludendo non pare logico trattare in modo differente la parte principale della vincita ottenuta dal giocatore e quella minore della quale beneficia il croupier.
Se, come abbiamo potuto constatare a norma della citata legge Europea del 2015, la vincita non è soggetta ad imposta personale sul reddito, la mancia che è la parte più piccola della vincita deve seguire la stessa sorte.
Con questo provvedimento si intende da un lato diminuire il costo del lavoro di una parte dei dipendenti (i contributi pensionistici a carico del datore di lavoro) e, dall’altra a incrementare il netto a disposizione del dipendente. Che, con il risparmio che comprende l’imposta citata e la ritenuta pensionistica a suo carico, potrà provvedere, anche tramite le organizzazioni sindacali, a una polizza assicurativa privata.
Così operando pare agevole comprendere che il risultato della casa da gioco permetterà più facilmente il miglioramento delle entrate tributarie, perché di questo si argomenta.
In definitiva non si tratta di un impegno gravosissimo ma, ritengo, utile e necessario. E’ utile in quanto si assolve ad un invito della Corte Costituzionale e non è di poco momento, è necessario perché contribuisce a non deprimere la domanda di beni e, nello stesso tempo, agire nell’interesse generale di quegli enti pubblici periferici con possibilità concreta di migliorare i pubblici servizi.
Corro il rischio, ritornando su materia già trattata ma in un clima differente, di invadere un campo di altrui competenza ma desidero chiarire, esclusivamente, che espongo una idea che per la prima parte è stata oggetto di consulenze più che qualificate e per la seconda inserita in una dei tanti progetti e disegni di legge che, nel 1992, trattavano di nuove case da gioco e casinò sulle navi.