Mance e vincite nei casinò, la possibile riforma del costo del lavoro
Anche alla luce della recente sentenza della Corte d'appello di Milano torna d'attualità il tema del trattamento fiscale delle mance e delle vincite.
Personalmente non conosco il trattamento retributivo degli allievi croupier. La discussione sulle mance mi permette di approfondire alcuni aspetti della vicenda che per tanto tempo ha interessato gli impiegati tecnici delle case da gioco italiane e che, recentemente, mi hanno ispirato un esempio di cuneo fiscale e come potrebbe essere attuato convenientemente per ogni parte in causa.
“Il già richiamato collegamento fra quest’ultimo (rapporto di lavoro Ndr) e le erogazioni oggetto di causa (mance Ndr) ... non ne altera, tuttavia, la natura e l’origine, da ricercarsi nel versamento liberale ad opera di terzi ...”.
Segue: “ l’inclusione delle mance nell’imponibile fiscale e contributivo … è basata sul nesso di derivazione … ”.
Quanto precede è dato leggere in una sentenza della Corte d'appello di Milano intervenuta sulla questione mance al personale tecnico della casa da gioco di Campione d’Italia. Invece, ricomincio da qui.
La mancia è una parte della vincita. La sentenza n.1776 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, recita: “ Il sistema mancia è retto da un uso normativo – si ricava dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti ed il gestore …”
Il primo beneficiario della mancia è, indiscutibilmente, i croupier. Il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia); d’altro canto sarebbe paradossale che partecipi alla vincita chi, perdendo, la deve finanziare: il gestore. Il fatto che quest’ultimo soggetto partecipi ad una parte delle mance, fondato su un patto o un accordo di devoluzione con il quale i lavoratori consentono al datore di lavoro di sottrarre parte di quanto elargito da terzi (Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672), non pare giustificare un diritto originario del gestore ma, piuttosto, una forma di prelievo forzoso (stante la natura giuridica delle entrate) anche se non è stato regolato il presupposto, la base imponibile, ecc..
La vincita al gioco (realizzata nei casinò autorizzati) è esente da imposizione in capo al giocatore vincente. Infatti l’art.10 ter della Legge n. 30 del 28 febbraio 1997 che provvede alla conversione in legge della Finanziaria per il 1997, L. 31 dicembre 1996, n. 669, recita: All’art.30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo il sesto comma è aggiunto il seguente comma 1: “ La ritenuta sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate è compresa nell’imposta sugli spettacoli di cui all’art.3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640”.
La Legge Europea 2015 Art.7 (Disposizioni in materia di tassazione delle vincite da gioco. Esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’unione europea 22 ottobre 2014 …).
L’articolo citato prevedeva e stabilisce che le vincite al gioco corrisposte da case da gioco autorizzate in Italia o negli Stati membri dell’Unione europea o nello Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta. La precedente normativa italiana prevedeva, al comma 1 dell’art.69 del Tuir (Dpr 22 dicembre 1986, n.917) che le vincite in discorso costituivano reddito ed erano considerati quali redditi diversi (art.67, comma 1, lettera d). Concludendo, non pare logico trattare in modo differente la parte principale della vincita ottenuta dal giocatore e quella minore della quale beneficia il croupier. Aggiungo: a titolo di liberalità non remuneratoria!
Ritorno alla sentenza del Giudice del lavoro: “… la sua (della mancia Ndr) distribuzioneall’interno della platea dei croupiers è aspetto che sfugge del tutto al controllo del datore di lavoro ...”.
Il mio intento è quello di ritornare in tema di “cuneo fiscale”; “come più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, l’inclusione delle mance nell’imponibile fiscale e contributivo ai sensi … come modificato dal Dlgs 314/97, è basata sul nesso di derivazione dal rapporto di lavoro …”.
È agevole collegare il trattamento fiscale (esenzione dall’Irpef) della vincita in discorso con i costi del gestore della casa da gioco; identico ragionamento sostiene, mi pare e ne sono pienamente convinto, il trattamento delle mance ai croupier collegabili ad un certo minor costo di detto personale.
Mi permetto una osservazione ritornando alla sentenza del Giudice che riporta la sentenza n.679/2018 della Corte d’Appello di Venezia: “… la sua (della mancia Ndr) distribuzione all’interno della platea dei croupier è aspetto che sfugge del tutto al controllo del datore di lavoro. …..”. Non la ritengo esatta nel senso che il datore di lavoro interviene in quanto provvede alla ritenuta fiscale sulle mance per ogni singolo dipendente. Posso essere d’accordo sul fatto che il datore di lavoro non interviene sul criterio di distribuzione ma, certamente, lo fa in quanto effettua la ritenuta relativa alla mancia del singolo in aggiunta alla retribuzione ordinaria.
Chiaramente non mi ritengo esperto nel campo giuridico specifico ma ho pensato di riprendere il discorso del cuneo fiscale che non dovrebbe cadere nel dimenticatoio e che interessa, mi pare, ogni gestore pubblico di casa da gioco. Ma nulla cambierebbe se il gestore fosse una società a capitale privato o a maggioranza tale; gli oneri di concessione sono a beneficio in ogni caso dell’ente pubblico senza dimenticare l’occupazione.
È sotto gli occhi di tutti il continuo calo delle entrate dei casino autorizzati, la situazione attuale vede sempre più diminuire le “entrate tributarie” a favore dell’ente pubblico titolare dell’autorizzazione alla casa da gioco, le percentuali sui proventi lordi da attribuire alla gestione sono sempre più elevate; il costo del lavoro, anche a causa della diminuzione dei ricavi, ha raggiunto una componente eccessiva sul totale dei costi; l’occupazione diretta e dell’indotto ne soffre e continuerà a soffrirne se non si pone rimedio ad una situazione ormai insostenibile.
La riduzione del costo del lavoro tramite la proposta che segue consente un sicuro riequilibrio della gestione che, dal punto di vista finanziario, peserebbe meno sul bilancio dell'ente pubblico titolare dell'autorizzazione alla casa da gioco.
Mi permetto, quindi, di riproporre una – probabilmente non la sola – riforma strutturale del costo del lavoro del personale addetto direttamente alla produzione tale da incidere oggi quando le gestioni sono in seria difficoltà e domani quando, tutti ce lo auguriamo, saranno nuovamente in grado di produrre utili: anche la mancia, così come la vincita, è esente la imposta personale sul reddito, non è soggetta a contribuzione pensionistica agendo in diminuzione del costo del lavoro. Al dipendente non rimane che provvedere ad una pensione integrativa con l'intervento delle organizzazioni sindacali.