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Macao, l'outbreak dei casinò brucia 600 milioni di dollari al mese

14 luglio 2022 - 16:31

Il nuovo lockdown arriva a pochi mesi dalla scadenza delle licenza dei casinò, mentre emergono anche questioni di geopolitica che potrebbero cambiare radicalmente lo scenario attuale.

Scritto da Dd

I casinò di Macao guardano con preoccupazione al futuro a pochi giorni dalla nuova chiusura imposta dal ritorno dell'epidemia di Covid-19. Fino sono sei i casinò dell'ex colonia portoghese che hanno chiuso i battenti. I casinò di Macao sono gli unici posti in Cina in cui il gioco d'azzardo è legale, attività che garantiscono l'80 percento delle entrate fiscali del Paese. 

Ma come si diceva, il futuro è incerto. Già prima dell'outbreak, ossia delle nuove chiusure totali, imposte dall'11 luglio scorso, gli analisti stimavano che i casinò stessero bruciando circa 600 milioni di dollari ogni mese a causa delle restrizioni dovute alla pandemia. Tutto ciò mentre le altre grandi capitali mondiali del gioco d'azzardo, come Las Vegas ad esempio, che comunque ha un sesto delle dimensioni delle entrate di Macao, stanno aumentando gli affari con lo svanire delle restrizioni. Non è così per Sands China (1928.HK), Wynn Macau (1128.HK), MGM China (2282.HK), Galaxy Entertainment (0027.HK), SJM Holdings (0880.HK) e Melco Resorts, che stimano zero entrate per il prossimo futuro a Macao, bloccata dal governo cinese. E intanto i contratti degli operatori scadono alla fine di quest'anno.

Gli stessi operatori che hanno investito miliardi a Macao negli ultimi due decenni, e che ora stavano assorbendo le perdite preparandosi a presentare le nuove offerte (la scadenza è nel mese di agosto) per il rinnovo delle licenze. Si parla di un business che ha generato 36 miliardi di dollari di entrate nel 2019, l'ultimo anno prima che le restrizioni anticovid colpissero il settore.

Alla disperata ricerca di nuove licenze i casinò stanno in alcuni casi cercando prestiti dalle società madri statunitensi. Stanno anche cercando di far capire il loro ruolo nella società di Macao, dove l'industria rappresenta oltre l'80 percento delle entrate fiscali del governo, evitando il licenziamento di decine di migliaia di dipendenti, pur senza giocatori d'azzardo a cui distribuire carte o servire cibi e bevande. Anche se non sono obbligati per legge a pagare il personale durante la chiusura, le case da gioco comunque continuano a farlo, non sottraendosi alla loro responsabilità sociale, nonostante le perdite in aumento.

Tuttavia il processo di ridefinizione delle licenze dei casinò arriva ora nel mezzo della peggiore epidemia di coronavirus di Macao, con il governo che chiude i casinò e blocca la città. Di fatto i casinò hanno avuto entrate vicine allo zero da metà giugno, quando è iniziata l'ultima epidemia e si prevede che avranno poco o nessun reddito nei prossimi mesi, così sostengono gli analisti. Il settore era già in crisi dall'inizio della pandemia con ricavi crollati del 70 percento nel 2021 rispetto al 2019.

Anche le azioni in borsa delle società che sostengono i casinò di Macao sono affondate drammaticamente, con perdite tra il 21 e il 76 percento. Tutto questo dal 2020, quando la città ha adottato la politica cinese zero-Covid. 

Escludendo il denaro accantonato per il rebidding, circa 600 milioni di dollari, Sjm ha in cassa riserve per circa un mese, se i casinò continueranno a rimanere chiusi, secondo la stima di Ds Kim, analista di Jp Morgan a Hong Kong, che ora si aspetta un intervento della società madre, la Stdm, con un prestito di circa 637 milioni di dollari. Proprio qualche giorno fa S&P Global Ratings ha ridotto le previsioni sui ricavi lordi di gioco dei casinò di Macao per il 2022 e il 2023, "a causa dell'aumento dei casi di Covid-19 e delle rigide misure di controllo a Macao e in Cina".

Sands China lunedì ha dichiarato di aver ottenuto un prestito di 1 miliardo di dollari dalla casa madre Las Vegas Sands per sostenere il suo capitale circolante. Ciò darebbe a Sands abbastanza liquidità per andare avanti per 15 mesi, stima ancora Ds Kim. Allo stesso modo Wynn, a giugno, ha annunciato un prestito di 500 milioni di dollari dalla sua casa madre di Las Vegas.

Nel contempo il giro di vite in corso in Cina sul gioco d'azzardo illegale e sul sistema bancario sotterraneo ha decimato gli high roller, una delle fonti di entrata. Il governo di Macao ha riscritto la legge sul gioco d'azzardo per controllare rigorosamente gli operatori di casinò, includendo il diritto di risolvere un contratto per motivi che includono l'interesse pubblico. E nello stesso tempo ha aumentato l'aliquota fiscale pagabile al 40 percento (dal 39 percento precedente) e ha dimezzato la durata delle licenze di casinò, portandola a 10 (prima era di 20 anni).

Dal 2002 i casinò hanno pagato più di 160 miliardi di dollari di tasse al governo di Macao, contribuendo a rendere la città, che ospita oltre 600.000 persone, una delle più ricche del mondo. Tuttavia ad oggi non è ancora chiaro come le autorità sceglieranno i sei nuovi operatori di casinò alla fine di quest'anno, e non è chiaro se le società statunitensi appena citate, la Wynn, la Sands e con loro la Mgm, potranno continuare a tener banco nel settore.

"È anche una questione di geopolitica e di sicurezza nazionale", dichiarato Ben Lee, fondatore della società di consulenza di gioco IGamiX, "perché una situazione in cui gli americani dominano il 50 percento dell'industria primaria di Macao è probabilmente un rischio inaccettabile per la sicurezza nazionale agli occhi della Cina". Secondo Lee, infatti, la Cina non gradisce che le società statunitensi abbiano in mano tante informazioni sulle abitudini dei giocatori d'azzardo cinesi, dato che Pechino le considera "politicamente sensibili".

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