“Quando si analizzano i dati relativi agli introiti e alla resa dei giochi e delle mance dei quattro casinò italiani si tace un dato oggettivo, che incide non poco sulle performance di ciascuno di loro, ovvero la diversità dei costi sostenuti da Venezia, San Remo e St. Vincent per i controlli e la sicurezza e che invece Campione d'Italia non ha più. Nella Casa da gioco campionese infatti non esistono più il Servizio ispettivo di controllo del Comune e quello interno della Casa da gioco, i cosiddetti ispettori amministrativi”.
Inizia così la disamina svolta dal segretario organizzativo comasco della Fiamma tricolore, Carlo Russo, tornando su un punto da lui evidenziato più volte.
“Oggi nelle sale da gioco dell'enclave, a differenza degli altri casinò italiani, non c'è più un organismo terzo che tutela gli interessi non solo del socio proprietario - il Comune di Campione - ma anche della clientela, sia che si tratti di azioni scorrette poste in essere da altri clienti, sia che si tratti di 'errori' commessi dagli operatori del gioco. Né si può opporre a questo stato di cose il fatto che all'interno del Casinò sia installato un sistema di videosorveglianza, perché per utilizzarlo correttamente e soprattutto efficacemente occorre che dietro ai monitor ci siano figure con competenze adeguate e e numericamente sufficienti a coprire il servizio sulle 24 ore”, rimarca Russo.
Inoltre, “e non è cosa trascurabile, è venuto meno anche l'organo pubblico che certificava ufficialmente gli introiti, sia i proventi del gioco sia le mance; somme, queste ultime, sulle quali i croupier sono tenuti al pagamento delle tasse.
Non di minor rilievo è poi l'assenza del nucleo degli ispettori amministrativi, personale che all'interno del Casinò garantiva, tra le altre cose, che le discussioni di gioco non trascendessero e che venisse interdetto l'ingresso a quei personaggi che all'interno dei Casinò vivono di piccoli espedienti (poussettisti, questuanti, etc.)”, prosegue Russo.
“Naturalmente questo personale aveva un costo, costo in linea con quello affrontato dalle altre Case da gioco italiane ma che ora Campione non ha più. Nessuno si è degnato, né si degnerà mai di analizzare i costi e i benefici di tale discutibile scelta che, è bene dirlo, vede nel ministero dell'Interno e nella Prefettura di Como i principali responsabili. Spiace però registrare il disinteresse ed il silenzio da parte degli altri Casinò italiani, che su questo delicato aspetto non hanno mai preso una posizione ufficiale - a loro tutela - nelle sedi competenti, come ad esempio Federgioco, la quale non sembra avere interesse.
La Fiamma tricolore vuole una Casa da gioco nel rispetto delle regole e delle tutele dovute a chi ne frequenta le sale, le stesse che un tempo hanno dato lustro a Campione rendendo il suo nome famoso nel mondo”.
Il segretario organizzativo comasco della Fiamma tricolore quindi conclude: “Va fatto poi un cenno poi sugli appalti della videosorveglianza e su chi come figura apicale ricopre quell'ufficio: ancora una volta siamo a chiedere se ne abbia i titoli! Diceva Andreotti 'a pensare male non si sbaglia mai' e infatti la videosorveglianza come appalto è andato a una società di Varese, coincidenza?? Come il fatto che la persona che gestisce quell'ufficio sia di Varese?”.