Settimane, si spera, decisive per il comparto del bingo a proposito del pagamento dei canoni per la proroga onerosa delle concessioni. Ma sulle quali grava un po' l'ombra di Godot...
Dopo il Tar Lazio, che con diverse sentenze ha accolto i ricorsi dei concessionari del bingo contro le note dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli che ingiungevano i versamenti, con la sospensione fino al merito del 19 luglio, ora tocca al Consiglio di Stato, che con un'ordinanza sospende il giudizio sino alla pronuncia (o alle pronunce) della Corte di giustizia europea sui rinvii pregiudiziali relativi all'aumento dell'importo dei canoni mensili.
Una pronuncia molto attesa, ma del quale non è dato ipotizzare le tempistiche, nonostante gli avvocati coinvolti siano in costante contatto con la Corte di giustizia europea, ma finora senza aver avuto una data precisa.
Oggetto del contendere nello specifico è una sentenza del Tar Lazio che nel dicembre 2021 ha respinto il ricorso proposto da una società contro la circolare di Adm dell’8 gennaio 2018, “la quale, in attuazione dell’art. 1, comma 1047, della l. n. 205/2017 (Finanziaria 2018) ha comunicato ai concessionari del Bingo: a) l’aumento, dal 1° gennaio 2018, delle somme mensili dovute per proseguire in proroga la gestione delle concessioni da € 5.000,00 a € 7.500,00 per ogni mese o frazione superiore a quindici giorni e da € 2.500,00 a € 3.500,00 per ogni frazione inferiore a quindici giorni; b) il rinvio al 30 settembre 2018 del termine per l’indizione della gara per riassegnare le concessioni in scadenza negli anni 2013-2018”.
A tal proposito, l’appellante “reitera la richiesta di rimessione alla Corte di giustizia Ue della questione della compatibilità comunitaria del regime di proroga reiterata delle concessioni scadute, il quale non consentirebbe alle imprese di prevedere gli effetti da questa discendenti, né di individuare un termine ultimo certo di indizione delle procedure di gara”, lamentando “la sproporzione e l’illegittimità del regime a cui era sottoposta, tenuto conto del permanere del divieto, introdotto in precedenza, di partecipare alla gara per i titolari di concessione scaduta che non avessero accettato di accedere al regime di c.d. proroga tecnica e del divieto di trasferimento dei locali per tutto il periodo della proroga tecnica”.
Nel 2022 e nel 2023 il Consiglio di Stato aveva deciso il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue, rimettendo a tale organo le questioni della compatibilità con il diritto europeo della disciplina interna: “I) sulla necessaria accettazione del regime di proroga, quale condizione per poter partecipare alle successive gare per la riattribuzione delle concessioni; II) sull’aumento dei canoni, via via incrementati dal Legislatore senza tenere conto dell’andamento effettivo, nel corso degli anni, della raccolta di gioco; III) sulla posticipazione continua del termine per l’indizione delle gare, con conseguente lamentata lesione del principio di certezza del diritto, alla luce dello stravolgimento del calcolo di convenienza compiuto dalla Società al momento di aderire alla proroga (e ciò anche a causa dell’incremento dei canoni); IV) sul divieto di cessione dei locali (che, sebbene non introdotto dalla l. n. 205/2017, non è stato da detta legge rimosso e permane anche nel vigente quadro normativo pur a fronte dell’inoperatività dell’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata)”.
Il Collegio quindi rimarca che “la necessità di applicare il pertinente diritto unionale alla stregua dell’interpretazione fornita dal Giudice europeo in fattispecie analoghe a quella ora in esame, in cui si è in attesa di una pronuncia sovranazionale potenzialmente rilevante ai fini della soluzione della controversia interna, rende opportuno sospendere il giudizio, rinviandone la trattazione a data successiva alla decisione della causa pregiudiziale”.