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Canoni proroga bingo, Cgue: 'Regime italiano incompatibile con norme Ue'

20 marzo 2025 - 09:52

Ecco la storica sentenza della Corte di giustizia europea sul canone di proroga tecnica delle concessioni del bingo. I commenti dei legali Alessandro Dagnino, Luca Giacobbe, Luca Porfiri e Alvise Vergerio di Cesana.

Scritto da Fm
© Corte di giustizia europea - Pagina Linkedin

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Il regime di proroga tecnica italiano connesso alle concessioni per il bingo è incompatibile con la normativa europea su tutta la linea. Sia per quanto riguarda il canone, il trasferimento delle licenze e il divieto di partecipare alla gara in caso di mancata adesione alla proroga tecnica.

Questo si legge nel dispositivo della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea sul canone di proroga tecnica delle concessioni per il bingo pronunciata oggi, 20 marzo, secondo quanto anticipato a GiocoNews.it dall’avvocato tributarista Alessandro Dagnino, managing partner dello studio legale Lexia e difensore della Coral srl (operatore che ha ottenuto dal Consiglio di Stato ben due rinvii pregiudiziali alla Cgue).

Secondo quanto affermato dai giudici, in particolare, la direttiva europea sulla concessione dei servizi osta con la normativa nazionale nella misura in cui prevede l’obbligo di pagare un canone mensile non contemplato nell’aggiudicazione iniziale, nei limiti in cui essa modifica i parametri economici di base delle concessioni di cui trattasi, ad esempio fissando una misura identica di tale canone per tutti gli operatori del settore, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria, e aumentando sensibilmente la misura di detto canone a partire dalla sua prima imposizione. Già l’Avvocato generale Cgue Leila Medina si era espressa per una non conformità al diritto unionale e, nelle proprie conclusioni, aveva offerto uno spettro di soluzioni su diverse basi normative tutte in contrasto con l’applicazione delle norme nazionali. Adesso, subito dopo la decisione, gli atti torneranno nelle mani del Consiglio di Stato che è chiamato a pronunciarsi sulla vicenda uniformandosi alla decisione europea e disapplicando il diritto nazionale nella misura in cui non è compatibile con il diritto Ue.

La sentenza di oggi si pone nel solco delle conclusioni enunciate nel luglio del 2024 alla Cgue dall’avvocato generale Leila Medina, nelle quali veniva riconosciuto che la normativa europea osta all’applicazione di un canone mensile non contemplato dall’aggiudicazione iniziale, accogliendo sostanzialmente le posizioni espresse dai legali degli operatori del bingo italiani.

LA SENTENZA La Corte di Giustizia, con la sentenza in commento ha stabilito quanto segue:

1) La direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, deve essere interpretata nel senso che

essa è applicabile ratione temporis a dei contratti di concessione, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, i quali siano stati attribuiti prima dell’entrata in vigore della direttiva 2014/23, ma siano stati prorogati da disposizioni legislative che hanno posto a carico dei concessionari interessati, quale contropartita, in primo luogo, un obbligo di pagare un canone mensile, il cui importo è stato successivamente aumentato, in secondo luogo, un divieto di trasferimento dei loro locali e, in terzo luogo, un obbligo di accettare tali proroghe per essere autorizzati a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di dette concessioni, laddove dette disposizioni legislative siano esse stesse entrate in vigore dopo la data limite di trasposizione della direttiva 2014/23. In tale situazione, gli articoli 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non sono applicabili.

2) L’articolo 43 della direttiva 2014/23, deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a che il legislatore nazionale possa prorogare unilateralmente, mediante disposizioni legislative entrate in vigore dopo la data limite per la trasposizione della direttiva 2014/23, la durata di concessioni di servizi e, in tale occasione, quale contropartita, in primo luogo, aumentare l’importo di un canone fissato forfettariamente e dovuto da tutti i concessionari interessati, indipendentemente dal loro fatturato, in secondo luogo, mantenere un divieto di trasferimento dei loro locali e, in terzo luogo, mantenere un obbligo di accettare tali proroghe al fine, per i concessionari suddetti, di essere autorizzati a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di tali concessioni, laddove tali modifiche, considerate congiuntamente, non soddisfino i presupposti per l’applicazione dell’articolo 43, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/23.

3) Gli articoli 5 e 43 della direttiva 2014/23, devono essere interpretati nel senso che:

essi non ostano ad un’interpretazione o ad un’applicazione di norme legislative interne, o a prassi applicative fondate su tali norme, tali da privare l’autorità aggiudicatrice del potere di avviare, su domanda di un concessionario, un procedimento amministrativo inteso a modificare le condizioni di esercizio della concessione in parola, qualora eventi imprevedibili e indipendenti dalla volontà delle parti incidano in modo significativo sul rischio operativo di tale concessione, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio della concessione stessa.

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 marzo 2025.

Il cancelliere Il presidente

A. Calot Escobar K. Lenaerts

 

IL COMMENTO DEGLI AVVOCATI VERGERIO E PORFIRI – Questo il commento alla sentenza degli avvocati Alvise Vergerio di Cesana e Luca Porfiri: “Si tratta di una pronuncia perseguita con tenacia dai ricorrenti e ottenuta dagli scriventi avvocati, che rende finalmente giustizia di una normativa interna a dir poco irrispettosa dei canoni unionali che la Corte ha ritenuto gravemente violati. Si aprono adesso scenari restitutori per gli operatori del settore delle somme indebitamente percette da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli in relazione al lunghissimo periodo di 'proroga tecnica' illegittimamente gravato da oneri non dovuti, oltre ad ipotesi risarcitorie a ciò correlate”.

 

IL COMMENTO DELL'AVVOCATO GIACOBBE - Ad esprimersi sulla sentenza è anche l'avvocato Luca Giacobbe, titolare dello studio Giacobbe e associati: "Sono state pienamente accolte tutte le nostre richieste. La Corte ha da un lato ritenuto applicabile la direttiva del 2014/23 sui contratti di concessione (nonostante il rapporto concessorio fosse sorto antecedentemente) e quindi ha ritenuto illegittime le proroghe unilaterali non previste originariamente dalla concessione e l'onerosità delle stesse in quanto non compatibili con i principi della direttiva. Un risultato storico per i concessionari del bingo ma che vale anche per l'intero settore del gioco: la proroghe onerose non sono legittime è ora che il Governo e il legislatore diano certezza e stabilità al settore definendo nel più breve tempo possibile il riordino dell'offerta con gli enti locali pubblicando i bandi per l'aggiudicazione delle nuove concessioni. Questo risultato va condiviso con la collega Matilde Tariciotti e dedicato ai concessionari Ascob ed al suo presidente che ha sempre sostenuto queste cause”.


IL COMMENTO DELL'AVVOCATO DAGNINO Ed ecco le parole dell’avvocato tributarista Alessandro Dagnino, che, in qualità di difensore di alcuni operatori del settore, coadiuvato dal partner Ambrogio Panzarella e dall’associate Martina Abate, ha ideato la strategia difensiva e promosso il giudizio che ha portato prima a un rinvio alla Corte costituzionale e poi a ben due rinvii pregiudiziali da parte del Consiglio di Stato alla Corte di Lussemburgo: “Si tratta di una decisione storica per il settore, che rivoluziona la legislazione nazionale che da dieci anni consente all’Agenzia delle dogane e dei monopoli di imporre agli operatori delle condizioni di proroga delle concessioni del bingo inique, che oggi sono state dichiarate incompatibili con il diritto Ue. Il canone, oltre a costituire una condizione onerosa non prevista dall’atto concessorio originario ha alterato per anni la concorrenza nel settore, producendo l’effetto di un improprio tributo capitario (c.d. lump sum tax) gravante in misura fissa sugli operatori a prescindere dalla loro capacità economica. L’intero meccanismo applicativo è stato censurato, ivi incluse le previsioni sul divieto di trasferimento delle sale nelle more della proroga e del divieto di partecipazione alla futura gara alle imprese non aderenti alla proroga. Adesso si apre la strada alle domande di restituzione di quanto indebitamente versato e a eventuali azioni risarcitorie”.

Il testo integrale della sentenza è disponibile in allegato.

 

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