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La calda estate del gioco e la ricerca della normalità

07 agosto 2023 - 16:04

Dopo il via libera delle Camere alla legge Delega è il momento di attuare la riforma del gioco che deve però scontrarsi con le altre priorità.

Foto di Luke Dean-Weymark su Unsplash

Foto di Luke Dean-Weymark su Unsplash

Diventare un settore normale. È questo il piccolo, grande obiettivo a cui punta l’industria del gioco pubblico, da ormai troppo tempo. un’autentica sfida, tutt’altro che banale. Lo scriviamo da anni ormai, su queste pagine, evidenziando di volta in volta le varie disparità di trattamento di cui continua ad essere vittima, più i o meno sistematicamente, il comparto. Come accade ancora oggi e come continuerà ad accadere, probabilmente, finché non si metterà mano seriamente al settore, attraverso delle vere riforme, degne di tale nome, che siano in grado non solo di mettere in sicurezza il sistema, garantendo le opportune certezze sia allo Stato che ai cittadini e pure all’industria, ma anche di cambiarne la percezione nell’opinione pubblica. Facendolo apparire, appunto, come un settore normale. Nulla di più. Questo significherebbe raggiungere una vera (piena) sostenibilità: obiettivo non facile, certo, ma comunque raggiungibile. Ed è quindi dovere dello Stato - quindi del Governo e del Parlamento - cercare di raggiungerlo, in modo concreto.

Che cosa accadrebbe se un giorno, un sindaco o un presidente di regione decidesse di far chiudere tutte le pasticcerie del territorio dicendosi preoccupato del dilagare del diabete tra i cittadini? È la domanda, provocatoria ma assai concreta, che ha posto più di qualcuno, dall’interno dell’industria, proprio per far riflettere sulla disparità di trattamento riservata al mondo del gioco, oltre alla noncuranza e - diciamolo pure - alla superficialità con cui la politica si è lasciata sempre cadere il problema alle spalle. 

Ecco quindi che la situazione che sta vivendo l’industria del gioco da tanti anni, con l’esplosione della Questione Territoriale, sommata ai tanti altri problemi divenuti strutturali (dal rapporto con le banche al peso eccessivo della leva fiscale) merita soluzioni. E la buona notizia, va detto anche questo, è che la maggioranza di turno sembra davvero intenzionata a intervenire avviando un percorso insieme al Parlamento attraverso la ben nota legge di Delega fiscale appena approvata dalle Camere, dopo un percorso tortuoso ma tutto sommato lineare, almeno a descriverlo col senno di poi.

Ma adesso viene la parte più difficile. Quella dell’attuazione delle linee guida impostate dalla Delega, che oltre alle complicazioni tecniche prevede anche delle questioni politiche, nell’individuazione dei giusti tempi e degli spazi in cui affrontare i vari temi. Quello che ha di fronte il Governo nei prossimi mesi è un vero e proprio puzzle che diventa ogni giorno sempre più difficile da comporre, tenendo anche conto delle varie emergenze che si aggiungono strada facendo. Come per esempio quella della catastrofe che ha interessato l’Emilia Romagna (ancora da risolvere) o quella dei rincari dei voli o della scarsità di taxi che diventano attualità in un Paese legato a doppio filo all’indotto del turismo. Non solo: l’incrocio fra i problemi strutturali del bilancio italiano, i colpi congiunturali prodotti da guerra, tassi e inflazione e le agende di Unione europea e partiti italiani trasforma la Nota di aggiornamento al Def di settembre, e di conseguenza la legge di bilancio di ottobre, in un altro rebus per risolutori esperti.

Come sanno bene al ministero dell’Economia, con il titolare Giancarlo Giorgetti, che ha incontrato gli altri ministri nelle scorse settimane, chiedendo di selezionare al massimo (ovvero, al minimo) le richieste di spesa perché le esigenze sono tante e varie, mentre e i soldi sono decisamente pochi per tutti. E in un quadro del genere non si può sbagliare l'impiego dei margini che si riuscirà a ricavare. Il programma di finanza pubblica per l’anno prossimo prevede una riduzione del debito in formato mini, sette decimali di Pil, nell’ipotesi di una crescita del prodotto interno lordo a +1,5 percento che supera tutte le previsioni più recenti. Un complesso di scelte obbligate o quasi che dal cuneo fiscale alla sanità, dal pubblico impiego alle missioni internazionali fino al sogno mai realizzato del Ponte sullo Stretto richiederanno almeno 30 miliardi prima ancora di pensare a nuove misure per rilanciare un’economia che rallenta e per sostenere famiglie e imprese colpite dall’inflazione vieppiu galoppante. È ancora: il ritorno delle regole fiscali Ue dopo quattro anni di sospensione dovute prima alla pandemia e poi alla guerra in Ucraina, rappresenta un altro fronte di delicatezza, senza contare poi che a giugno ci saranno le elezioni europee, considerate da tutti decisive per consolidare gli assetti politici di Roma e modificare quelli di Bruxelles.

Anche per questo Giorgetti nei giorni scorsi ha rimarcato che “continueremo sulla strada di prudenza, responsabilità e realismo perseguendo l’obiettivo di riduzione del debito pubblico”. “Continueremo con le politiche economiche di responsabilità prudente”, ha poi ribadito lunedì scorso dopo i dati Istat sulla frenata del Pil di primavera. Ma non sarà semplice.

Per tutte queste ragioni, appare difficile pensare che l’Esecutivo potrà trovare spazio da dedicare al comparto del gioco pubblico, almeno nel breve termine. Facendo già presagire il ricordo ulteriore allo strumento della proroga (onerosa) delle concessioni vigenti. A dirla tutta, di fronte a uno scenario del genere rischia di cadere dal treno della manovra l’intera riforma fiscale annunciata dalla delega, o quasi. E tanto basta per capire che il gioco non potrà certo essere una priorità, neanche questa volta. Nonostante le esigenze sempre più forti e stringenti, da parte di tutti. Molto più facile e sicuro optare per l’invarianza di gettito garantita dallo status quo, piuttosto che mettere le mani alla totale riscrittura delle regole e alle nuove gare: molto più facile rimandare, come de resto d’abitudine. Ma c’è ancora tempo per capire la vera strategia del governo di Giorgia Meloni: la verità la consoceremo soltanto in autunno, o comunque non prima di tirar la testa fuori dagli ombrelloni.

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