Gioco e territorio: la quadratura del cerchio è possibile (e vicina)
Dopo un conflitto che dura ormai da circa 15 anni, il governo Meloni decide di aprire alle richieste delle Regioni in materia di gioco: e la questione territoriale diventa questione economica.
Il riordino del gioco pubblico sul territorio si può fare. Lo diciamo da sempre e, in particolare, abbiamo iniziato a parlarne come un obiettivo da ritenersi praticamente a portata di mano già da qualche mese: da quando il governo di turno aveva iniziato a delineare la strada per l'attuazione delle legge delega, definendo sostanzialmente ideali le condizioni attuali per poter (ri)portare sul tavolo della Conferenza unificata la materia giochi. E così è stato. Con l'obiettivo che adesso si mostra ancora più raggiungibile, e in concreto. Stavolta a dirlo sono i fatti, come emerge dall'apertura mostrata dall'esecutivo di Giorgia Meloni che – come riportato nei giorni scorsi - sembra intenzionato ad accogliere la proposta avanzata in tal senso dalla Conferenza unificata Stato-Regioni nell'ambito del parere presentato sul decreto legislativo per il riordino del gioco online alla fine di gennaio e reiterata dalla Conferenza delle Regioni in audizione al Senato. Ma non si tratta soltanto di un'ipotesi o di una vaga idea, visto che il ministero dell'Economia e delle finanze, attraverso il vice-capo di Gabinetto Italo Volpe – che ben conosce la materia – ha inviato una lettera al presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, per ufficializzare la disponibilità al confronto con i governatori. Mettendo sul piatto, a quanto pare, una parte dei proventi provenienti dal comparto, da destinare proprio agli Enti locali. Una possibile soluzione che, del resto, non rappresenta una novità almeno a livello teorico, visto che se ne parla già dal lontano 2008, quando era addirittura l'industria ad auspicare l'introduzione di una tassa di scopo da destinare ai territori, invitandoli a un coinvolgimento attivo nelle attività di controllo e di contrasto all'illegalità, invece di invocare strategie proibizioniste che, al contrario, finirebbero soltanto per alimentare il mercato illecito, andando quindi in direzione del tutto opposta rispetto alla tutela dei consumatori. A perseguire (prima) e rilanciare (oggi) tale ipotesi era stato anche l'ex sottosegretario all'Economia e oggi assessore al Comune di Napoli, Pier Paolo Baretta, ritenendo la compartecipazione degli enti territoriali agli utili derivanti dal gioco sarebbe un buon modo di affrontare il tema in modo responsabile. Eppure, nonostante la ragionevolezza di un tale approccio, nessun governo aveva mai preso in considerazione tale opzione, per l'evidente volontà o necessità di tenersi stretto fino all'ultimo centesimo proveniente dal settore.
Ma adesso, a quanto pare, i tempi sembrano essere (finalmente) maturi per poter affrontare una discussione serie e concreta sulla materia, con il governo che, dopo aver saggiamente avviato il cantiere delle riforme inserendo io riordino del gioco pubblico all'interno del grande cantiere della delega fiscale, ha pensato bene anche di gettare il cuore oltre l'ostacolo prendendo il toro per le corna: decidendo cioè di affrontare direttamente le Regioni per trovare una via di uscita a quella situazione di impasse che si protrae dal lontano 2011, quando esplose la ormai celebre Questione territoriale. E ora che si torna a parlare di soldi, come per magia, la soluzione sembra essere molto più vicina: con la questione territoriale che si trasforma ben presto in una questione economica. Ma tant'è. Quello che conta, per l'industria del gioco pubblico ma anche (e soprattutto) per l'intero sistema-paese è che si possa davvero giungere a una soluzione che possa portare alla piena sostenibilità. Il che significa ricreare un'offerta di gioco pubblico sul territorio in grado di tutelare tutti: lo Stato e l'Erario, attraverso un presidio di legalità e una certezza di reddito, ma anche i consumatori, attraverso un'offerta sicura e controllata, e infine le imprese e l'intero tessuto industriale, capace di dare occupazione a oltre 120mila persone.
Una volta tanto, quindi, dalla politica arrivano anche notizie positive per gli addetti ai lavori del comparto: anche se il compito più difficile per il governo, a questo punto, è quello di centrare l'obiettivo della sostenibilità facendo coincidere il riordino sul territorio con quello del gioco online, avviato attraverso l'iter parlamentare, che porterà al rinnovo delle licenze. Nel delicato tentativo di elevare i livelli qualitativi dell'offerta e i criteri di sicurezza e protezione dei consumatori, ma senza pregiudicare una parte delle filiera, fatta di piccole e media imprese che hanno svolto fino ad oggi un ruolo di baluardo della legalità proprio su quei territori che ora si intende riordinare.
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