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Gioco online: mancanza di visione o la visione di una mancanza?

02 gennaio 2024 - 12:30

C'è chi parla di una grande opportunità e chi, al contrario, di un rischio enorme: sono le due facce della stessa medaglia - quella del gioco pubblico - che guarda al futuro bando online in maniera sempre più divisiva.

Foto di Mohamed Hassan form PxHere

Il nuovo anno riparte con una serie di lavori in corso sui banchi parlamentari, alcuni dei quali riguardano da vicino anche il comparto del gioco pubblico. Oltre ai vari dossier apertira dal governo su tematiche generali e decisamente importanti - dall’autonomia differenziata all’energia, passando per la guerra di Ucraina o per il Superbonus – da definire ci sono infatti diverse questioni che interessano direttamente il comparto giochi. Prima su tutte, come noto, l'approvazione del decreto legislativo che introduce “disposizioni in materia di riordino del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza” (ai sensi dell’articolo 15 della legge 9 agosto 2023, n. 111". Ovvero, un “pezzo” di quella famigerata riforma generale dell'industria, promessa da più governi e avviata in concreto da quello attuale, attraverso il percorso della legge di delega fiscale, della quale si vede ora anticipare una piccola, grande parte, invece di attendere la trattazione completa della materia nei mesi successivi. La scelta dell'esecutivo, come abbiamo ampiamente riportato su queste pagine, è stata quella di “attuare l'attuabile” in via immediata: con la sola e unica (nonché solita) logica di fare cassa, in un momento in cui l'esigenza di denari si fa sentire più che mai. Da qui l'idea di estrapolare da quel processo di riforma l'unico semento del gaming italiano le cui logiche operative e regolamentari fossero slegate dalla gestione locale. Ovvero, poiché la riforma generale del comparto deve inevitabilmente passare per una trattazione collegiale che tenga conto anche delle sensibilità locali, coinvolgendo e attivando anche la Conferenza Stato-Regioni, meglio tirar fuori da questo complesso e delicato calderone generale le concessioni dei gioco online, dove le stesse Regioni hanno ben poco da dire o da recriminare. E fin qui, tutto sembra filare. Anche se, da una lettura più estesa e specifica della materia, diventa subito chiaro che anche il gioco online non risulta poi così slegato dalle dinamiche relative al terrestre, se non altro in termini di mercato e operatività, al di là delle questioni legislative e regolamentari. Tanto più se si nota come lo stesso provvedimento di “riordino” dei giochi online, intervenga proprio su questioni “fisiche” come quella dei cosiddetti Pvr (Punti vendita ricariche) che riguardano quindi le attività a terra. Oltre al fatto che, come fanno notare alcune organizzazioni di categoria, la trattazione separata di più segmenti dello stesso comparto, oltre a tradire le stesse logiche che avevano portato alla stesura della riforma in legge delega, potrebbe creare alterazioni e squilibri sul mercato, impattando fortemente – e in negativo – proprio sulle attività di gioco fisico. E allora, tanto varrebbe aspettare una trattazione complessiva della materia. Come del resto si era detto a suo tempo. Invece Governo e Parlamento continuano ad affrontare in maniera frammentaria la materia giochi: da un lato continua ad esserci il lungo iter della delega fiscale, mentre su altri fronti partono gli altri dossier. Dal gioco online alle estrazioni speciali di Lotto e SuperEnalotto (attraverso il decreto Milleproroghe), fino alla riforma dell'ippica che interessa in parte anche il gioco e le scommesse. 
Ma allora perché non affrontare tutto e una volta per tutte, invece di continuare ad attuare interventi spot e spesso raffazzonati, che rischiano soltanto di aumentare la complessità della materia, già fin troppo difficile tra trattare, ci si chiede nel comparto. La risposta, forse, non arriverà mai in maniera esplicita da Palazzo Chigi, ma l'interpretazione più verosimile per provare a spiegare tale atteggiamento è al tempo stesso anche la più amara. Cioè quella di un eccesso di difficoltà nel trattare la tematica gioco all'interno della legislatura, almeno in tempi brevi e, forse (peggio ancora), all'interno dell'anno corrente. Oltre alle ormai imminenti elezioni europee che si svolgeranno a metà anno e che andranno a fornire – sia pure indirettamente - un indicatore del consenso raccolto dall'attuale esecutivo, in vista delle quali si potrebbe scegliere di non affrontare nessuno dei dossier potenzialmenete “scomodi”, ad aggiungere complessità nell'iter della delega c'è anche il disegno di legge Calderoli sul tema di autonomia differenziata, che impatta direttamente sui rapporti con le Regioni e sul tavolo della Conferenza Unificata, che rischia di inasprire ulteriormente gli animi e, di conseguenza, di rendere più difficile l'approvazione di qualunque accordo in quel consesso. Non a caso si attende proprio in queste ore anche la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare che punta alla modifica degli articoli 116 e 117 della Titolo V della Costituzione. 
Per tutte queste ragioni, probabilmente, il governo ha deciso di attuare subito tutto ciò che riteneva attuabile, relativamente ai giochi: per evitare di tenere tutto fermo fino a data da destinarsi. Per una mera presa d'atto delle difficoltà operative e delle necessità gestionali. A partire da quelle di cassa. Con la presunta mancanza di visione lamentata da molti rispetto alla gara dell'online che potrebbe quindi essere letta, al contrario, come la visione di una mancanza. In effetti, analizzando il teso di riforma dell'online, tra i tanti punti critici e decisamente discussi, ci sono anche alcuni spunti di riflessione che sembrano mirare proprio alla soluzione di alcuni problemi. Come la voce che stabilisce che il concessionario debba “investire una somma pari allo 0,2 percento dei suoi ricavi netti, comunque non superiore a 1 milione di euro per anno, in campagne informative o iniziative di comunicazione responsabile, secondo temi stabiliti da una apposita Commissione operante presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria". Una previsione, questa, che sembra andare nella direzione di voler risolvere uno dei maggiori punti critici dell'attuale impianto normativo vigente, rappresentato dall'assurdo divieto (totale) di pubblicità dei giochi imposto dal famigerato decreto Dignità. A proposito di interventi maldestri e leggi raffazzonate. Ma tant'è. E sarà il caso, anche qui, di intervenire. Ma se qualcuno dice che sul tema si può intervenire anche subito e senza bisogno di passare per un riordino generale, come è stato più volte auspicato, dentro e fuori all'industria, non si fa altro che tornare sullo stesso tema e sullo stesso iter previsto dall'esecutivo. Pur rimanendo all'interno dello stesso e infinito cul-de-sac, dal quale non si riesce a uscire.

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