Mentre il governo è al lavoro (con fatica) per ricercare una difficile quadratura del cerchio nel far quadrare i conti della prossima Manovra di Bilancio, sono vari gli interventi che potrebbero riguardare il mercato del gioco pubblico italiano: non molti, in verità, ma senz'altro significativi, come abbiamo puntualmente documentato su queste pagine (e come continueremo a fare fino all'emanazione definitiva della Legge). A partire dalla proroga delle concessioni “terrestri”, che si porterebbe dietro anche il processo di riordino del gioco fisico e, quindi, dell'interno comparto. Nel frattempo, tuttavia, dietro alle quinte si lavora anche per cercare di sistemare tutti gli aspetti rimasti in sospeso nel settore, provando a sfruttare la più importante finestra legislativa a disposizione delle varie industrie. E nel caso del gioco pubblico le criticità da risolvere sono tutt'altro che banali e neppure in numero limitato. Al punto che nelle segrete stanze del Mef si è costretti a stilare delle liste di priorità, per individuare le misure ritenute urgenti, da adottare nell'immediatezza, e quelle da rimandare a data da destinarsi. Come troppo spesso accade, del resto, nel caso del settore. In questo clima di palese frenesia e all'interno di questa “selezione naturale” operata dai tecnici del Ministero dell'Economia, a farne le spese – ancora una volta – è il settore del cosiddetto Amusement. Ovvero, il mercato del puro intrattenimento. Quel segmento dell'industria del gioco che, da anni, invoca soluzioni, annunciando la crisi della filiera e dichiarando uno stato di emergenza, reso ancora più grave dalle ultime disposizioni del legislatore che avevano introdotto, ormai qualche anno fa, le nuove procedure di omologazione di qualunque prodotto presente sul mercato. Uno “sviluppo” normativo, questo, che aveva provocato non pochi problemi agli addetti ai lavori, nonché agli stessi laboratori di certificazione, al punto da costringere il regolatore ad adottare delle soluzioni tampone, disponendo delle proroghe (anche qui!) per scongiurare la definitiva morte del settore. Con tutte le conseguenze del caso. Ma da quel momento in poi si è proceduto di proroga in proroga – in perfetto stile italiano -, in attesa che la soluzione arrivasse dalla politica, attraverso un intervento sulla norma primaria che potesse risolvere le anomalie introdotte dalla precedente. E in questo senso, come detto, la Legge di Bilancio rappresenta senz'altro la più grande opportunità legislativa per l'aggiornamento delle norme che impattano direttamente sull'economia, come quelle relative al mercato del gioco. Per questa ragione – come apprende GiocoNews.it da fonti ministeriali – l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha segnalato, tra le varie proposte di modifiche che interessano il comparto del gioco pubblico (oltre quindici, in totale), ben tre interventi che riguardano il mercato dell'Amusement. Allo scopo di arginare e risolvere i principali problemi che tengono parzialmente bloccata la filiera: oltre al tema delle omologhe degli apparecchi di puro intrattenimento – risolvibile attraverso una sanatoria a titolo oneroso per gli apparecchi precedenti al 2021 – tra le proposte avanzate dal regolatore ci sarebbe anche la modifica al Testo unico di pubblica sicurezza (Tulps) per variare il costo delle giocate sugli apparecchi comma 7a (ovvero, le cosiddette “gru”) da 1 a 2 euro, in modo da consentire l'erogazione di un premio fino a 40 euro, rispetto agli attuali 20 euro, come da antica (e ormai vetusta) norma. Oltre alla soluzione definitiva per l'annosa questione delle Sale Lan (anche questa in regime di prorogatio), attraverso un inquadramento della fattispecie per risolvere il problema a monte e consentire l'inserimento di determinate apparecchiature nelle sale giochi. Eppure, nonostante l'importanza e la delicatezza dei punti in questione (in particolare, le due proroghe da superare), apprendiamo che il Mef avrebbe stralciato le proposte relative all'Amusement, ritenendole non prioritarie, almeno nella prima valutazione. Chiudendo così la porta ai tentativi non di riforma, perché non si possono certo definire tali i tentati provvedimenti del regolare, bensì di messa in sicurezza del comparto dell'intrattenimento. Certo, si dirà: con tutti i problemi di bilancio che abbiamo oggi (proprio mentre il governo è alla stretta finale sui numeri del programma di bilancio che andrà in Cdm in queste ore), come trovare risorse per gestire l'Amusement? Ma se fosse questo il caso, non staremmo nemmeno qui a scriverne. Invece, la cosa ancora più assurda, è che non solo questo tipo di intervento non richiede risorse aggiuntive: ma al contrario, andrebbe addirittura a portare nuove entrate nelle casse dello Stato, visto che si propone una mini-sanatoria. Che per quanto siano ridotti i numeri, rimane comunque un intervento in attivo e non in perdita. E tanto basta ad accrescere la frustrazione degli addetti ai lavori (e, forse, stavolta anche quella regolatore?).
Ora, nonostante la partita non sia ancora definitivamente conclusa, visto che la finestra legislativa rimane ancora aperto e il grande cantiere della Manovra ancora in fase di movimentazione, con il Mef che potrebbe comunque rivalutare le stesse proposte del regolatore o addirittura delle ulteriori richieste, la situazione attuale suscita comunque delle riflessioni, che prima o poi dovranno essere contemplate anche dal Legislatore. Che il mercato del puro divertimento possa finire in secondo piano rispetto al resto del gioco con vincita in denaro, per via delle esigue proporzioni, anche in termine di entrate erariali, è comprensibile, e non solo evidente: ma non è comunque ragionevole. Non dovrebbe infatti sfuggire – soprattutto al Legislatore stesso – che l'offerta di puro intrattenimento continua a rappresentare la vera (e unica) alternativa al gioco a vincita. Quella che (a differenza dell'altra) non prevede controindicazioni e che (sempre a differenza dell'altra) non gode neppure di una cattiva immagine da parte dell'opinione pubblico, anzi. Per queste ragioni, dunque, il gioco di puro intrattenimento andrebbe tutelato, salvaguardato e pure rilanciato, da parte dello Stato, invece che ostacolato, come invece accade sistematicamente, e da troppo tempo. Prendendo dunque atto di questa reiterata manifestazione di disinteresse da parte del Ministero e, quindi, dei governi di turno, non avrebbe allora molto più senso accogliere quella che è la prima richiesta avanzata dai rappresentanti del comparto Amusement, cioè quella di separare la gestione del settore rispetto a quella dell'industria del gioco con vincita in denaro, affidandone le competenze a un altro ministero? Come potrebbe essere, ad esempio, quello dello Sviluppo economico, oggi peraltro rinominato in “Ministero delle Imprese e del Made in Italy”, in una nuova definizione che si accosta anche meglio al settore dell'intrattenimento. Oppure, seguendo ciò che accade già all'interno dello stesso settore o in quelli attigui, si potrebbe anche notare che il mondo dello Spettacolo Viaggiante, come quello dei Parchi da divertimento anche questi coinvolti nel processo normativo avviato dal regolatore sia per quanto riguarda le omologazioni dei giochi che nella gestione delle Sale Lan, sono da decenni sotto tutela del Ministero della Cultura, per via dell'importanza socio-culturale insite nelle attrazioni di intrattenimento. Oppure, ancora, se si guarda all'industria dei videogame, anche questa rientra tra le competenze del dicastero della Cultura, in qualità di Industria creativa. Insomma, delle due l'una: o il Mef inizia a (pre)occuparsi anche di Amusement, in modo serio, oppure tanto vale guardarsi attorno. Perché in ballo non c'è soltanto il futuro di quelle imprese (con un Made in Italy davvero da tutelare), ma anche dell'offerta di gioco legale sul territorio e di quei giochi adatti a bambini e a famiglie di cui nessuna società dovrebbe fare a meno.