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La nuova era del gaming è già iniziata

12 settembre 2022 - 10:51

Dall'European Conference on Gambling Studies and Policy Issues di Oslo si delinea un nuovo futuro per il gioco, di maggiore responsabilità: ma la politica deve fare la sua parte.

Scritto da Alessio Crisantemi

Per raggiungere un futuro pienamente (e veramente) sostenibile per il mercato del gaming, ognuno deve fare la sua parte. A partire dall'industria, naturalmente, che deve assumersi le proprie responsabilità (tutte), non solo adottando atteggiamente responsabili ed evitando quindi i vari eccessi che hanno caratterizzato gli anni precedenti, ma promuovendo l'evoluzione dell'intero sistema anche in termini di comunicazione e confronto. Ma lo stesso vale anche per tutte le altre parti in causa coinvolte nel processo legislativo e regolamentare. Con i regolatori dei rispettivi paesi che giocano chiaramente un ruodlo fondamentale, sia pure limitato, in genere, alla “mera” attuazione dei dettami provenienti dalla politica: ragion per cui, a dover cambiare, sono anche e soprattutto i governi e più in generale i legisaltori di ogni giurisdizione. Quindi, governo e/o parlarmento, in base ai singoli ordinamenti nazionali.

A ciascuno il suo compito, dunque. Nessuno può più sottrarsi o tirarsi indietro. E' finita l'epoca del lassismo (per la politica) o del pressapochismo (per alcuni operatori): e si spera possa concludersi a breve anche quella del populismo, sempre pensando alle classi dirigenti di ogni realtà.
Se c'è una cosa che è emersa, forte e chiara, dall'ultima edizione dell'Easg, l'European Conference on Gambling Studies and Policy Issues, appena andata in archivio a Oslo, è la nuova fase che sta accompagnando l'evoluzione del gioco d'azzardo, sotto ogni profilo, che è sempre più orientata alla sostenibilità. Imponendo un nuovo e diverso atteggiamento non solo alla scienza, ma anche all'industria. Con la responsabilità che diventa oggi un valore globale e condiviso. Dove l'operatore non può più permettersi soltanto di parlare di responsabilità, e neppure di declinarla alla mera definizione di gioco responsabile: accompagnando, al contrario, il giocatore verso un comportamento sano, attraverso l'informazione e l'eduzione al consumo, ma anche attraverso un'offerta sempre più completa e qualificata, sia dal punto di vista degli ambienti di gioco che della tecnologia. Utilizzando tutti gli (infiniti) strumenti tecnologici che permettono oggi di preventire, anche in tempo reale, ogni comportamento potenzialmente anomalo e di studiarlo, analizzarlo, approfondirlo, e quindi contrastarlo. E' questo dunque il nuovo ruolo delle imprese (e non solo) nel prossimo futuro del gaming e la nuova sfida, per l'intera filiera. Con il punto centrale che resta la responsabilità, ma vista sotto una nuova veste, molto più ampia rispetto a ciò che avveniva fino a qualche anno fa.
Sempre più giurisdizioni stanno rendendo gli operatori responsabili del comportamento e dei problemi dei clienti. Spostando l'asticella della sostenibilità molto più in altro rispetto a prima: quando, fino a qualche anno fa, si era soliti ripetere che alla fine di tutto, è sempre e soltanto il giocatore, a livello individuale, a dover essere consapevole delle proprie azioni e quindi artefice del proprio destino. Oggi invece non è più così, e l'operatore è almeno corresponsabile in questo processo, e talvolta anche di più. Con la responsabilità condivisa che diventa lo standard minimo da perseguire all'interno di un mercato regolamentato, con l'operatore che deve intervenire se un giocatore non fa abbastanza per proteggersi da sé. Ora che la tecnologia lo consente, mettendo a disposizione strumenti sofistificati e sempre più all'avanguardia, anche dal punto di vista predittivo.
Ma accanto a tutto questo, dicevamo, ad evolvere è anche l'intero paradigma e lo scenario esterno che circonda il gioco e il giocatore. Insieme alla tecnologia e, quindi, agli strumenti di analisi, sono stati compiuti passi in avanti anche dal punto di vista medico e scientifico, relativamente al trattamento dei giocatori ma anche nelle valutazioni dei rischi e nel conteggio dei soggetti a rischio. Per questo, al giorno d'oggi, diventa impensabile anche soltanto proporre il divieto di un'offerta di gioco di Stato, quando si finalmente capito, dimostrandolo, che l'unico modo per tutelare davvero i consumatori è far emergere l'offerta di gioco che comunque esiste, anche se illegale, ed è ancora più pericolosa. Smarcati queste distorzioni ideologiche, dunque, l'unico obiettivo rimane quello della sostenibilità, anche se continuerà ad essere visto in modo diverso dai vari stackeholder del settore: ma rimane comunque una condivisione di obiettivi. Anche se la nota stonata continua a suonare dalla politica, come è evidente dai divieti di pubblicità che continuano a diffondersi nei vari mercati europei e globali, nonostante i rischi, le evidenze e le raccomandazioni rispetto alle ricadute in termini di illegalità. Segno evidente che l'anello debole della catena del gioco, adesso, è rappresentato proprio dalla politica e dai governi, che continuano ad affrontare la materia solo in termini di propaganda e senza mai andare a fondo, provando a capirne qualcosa in più.
Ma se l'industria, la scienza e l'accademia continueranno a dialogare, dimostrando la possibilità di arrivare a un modello sostenibile e – sopratuttto – superando le (di)visioni ideologiche di un tempo, allora forse anche l'approccio della politica nei confronti del gioco potrà migliorare, se non altro vedendolo sparire dall'agenda dei legislatori. Il che sarebbe già un risultato, per evitare se non altro di ritrovarsi con danni peggiori (e ulteriori). Per l'industria e, di conseguenza, per i consumatori. Del resto, bisogna accontentarsi di poco, in questi tempi. Anche se la scienza e la tecnica progrediscono, la politica non sembra fare lo stesso. Anzi. E l'Italia, su questo, è diventata davvero un pessimo esempio, per tutti. Sia dal punto di vista della regolamentazione del gioco che del virtuosismo politico, ma anche (e soprattutto) nella combinazione di entrambi,

 

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