Quando la toppa è peggiore del buco (smettiamola di rammendare)
Il puro intrattenimento stretto all’interno di un corto circuito normativo dal quale sembrano uscire soltanto complicazioni. Ma lo stesso accade ormai per tutto il gioco pubblico, senza una riforma.
Una revisione della norma che andava a revisionare la precedente norma di revisione delle norme vigenti in materia di apparecchi da intrattenimento. Sembra assurdo, ma tant’è, ciò che accade (e pure da tempo, peraltro) nel settore dell’intrattenimento italiano. Ma succede anche, in modo del tutto simile e più generale, nell’intero comparto del gioco pubblico, dove il Legislatore continua a intervenire in maniera scomposta, frammentata, talvolta pure decisamente discutibile, con interventi tampone, spesso anche dettati da vere o presunte emergenze, invece di attuare una vera e propria riforma generale che possa essere in grado di mettere ordine al settore. In tutte le sue declinazioni, senza eccezioni.
Magari passando anche per un Testo unico interamente dedicato alla materia del gioco, come meriterebbe, all’interno del quale racchiudere l’intero impianto normativo, passando però per una razionalizzazione e snellimento, in logica di semplificazione. Ovvero, qualcosa di diametralmente opposto rispetto a ciò che stiamo vedendo oggi e a cui continuiamo ad assistere ogni giorno, ripetutamente, ormai da troppo tempo. In un settore dove si invocava, anche dal fronte politico e istituzionale, la creazione di un Testo Unico e l’azione di riordino, già più di dieci anni fa, e in maniera ancora più forte in quelli successivi, dopo l’esplosione della Questione territoriale che ha ingarbugliato ulteriormente (e neppure banalmente) la matassa, andando ad alimentare ancor più quella stratificazione normativa che era già causa di svariati problemi, introducendo anche ulteriori livelli (e, purtroppo, anche modelli) di “regolamentazione” del gioco. Aumentando la complessità, peggiorando la sostenibilità e alimentando la fallibilità dell’azione regolatoria. Fino al “capolavoro” compiuto dal governo Conte 1, con l’introduzione di varie norme punitive, come il celebre decreto Dignità, che sono finite addirittura col compromettere i principi fondanti della Riserva di legge sul gioco, oltre ad abdicarne alcuni poteri. Si pensi per esempio all’inspiegabile divieto totale di pubblicità (in barba alla Raccomandazione della Commissione Ue sul tema), ma anche all’incredibile adozione (per fortuna, rimasta pressoché solo su carta) del marchio “no slot”, introdotta proprio da chi offre in concessione l’esercizio delle slot. Anche se, va detto, le distorsioni e i paradossi esistevano già prima di quell’esecutivo, anche se in maniera forse meno eccessiva e scomposta: basti pensare alle disposizioni inserite dal decreto Balduzzi del 2012, che pur introducendo sacrosanti principi che hanno provato a mettere ordine nel settore (dalle limitazioni – non divieti – sulle comunicazioni pubblicitarie all’avvio di una concertazione con gli enti locali mirata proprio a un riordino), hanno comunque introdotto dei principi la cui attuazione rischia di diventare a dir poco devastante per le attività economiche e industriali del settore. E in effetti, alcune di queste distorsioni, le vediamo proprio oggi venire al pettine nel settore del cosiddetto “Amusement”, o puro intrattenimento, portate all’attenzione generale dall’esplosione del famigerato “Lan gate”: dopo che le forze dell’ordine hanno ispezionato alcuni locali pubblici dove si praticavano forme di gioco non previste dalle norme vigenti, mettendo in imbarazzo, forse, anche lo stesso regolatore. Proprio per via dell’inapplicabilità degli attuali strumenti normativi, ad eccezione di quelli repressivi previsti dal Testo unico di pubblica sicurezza e dallo stesso Balduzzi. Se poi si guarda a ciò che ne sta scaturendo oggi, leggendo le varie dichiarazioni che si rincorrono sul tema delle sale Lan e i successivi provvedimenti in materia (come il protocollo siglato da Adm e Coni, che rischia di creare ulteriori distorsioni se non gestito in maniera efficacie), che non fanno altro che alimentare confusione e, soprattutto, il livello di burocrazia. In un settore già agonizzante e che ha bisogno, al contrario, di snellire le pratiche per favorirne una ripartenza, onde evitare di sparire. Tenendo anche conto che qui non si sta parlando di azzardo, bensì – al contrario – di puro intrattenimento: ovvero proprio quello che lo Stato dovrebbe promuovere e incentivare proponendo un’alternativa al gioco con vincita in denaro. Mentre invece, con le attuali disposizioni, si rischia di far sparire anche quei giochi che difficilmente possono prestarsi a taroccamenti o artifici legati alla promozione di gioco illecito (che continua ad essere la ragione che guida il legislatore a introdurre discipline rigide sul settore, ricordiamolo), rendendoli insostenibili. Non è un caso, infatti, se lo stesso regolatore ha suggerito un intervento legislativo in grado di rivedere le attuali norme sulle omologazioni dei giochi, proprio per escludere una parte di giochi non a rischio: ma si tratta, come dicevamo in apertura, di una revisione, della revisione della revisione di una norma già troppe volte rivisita, ma mai resa oggetto di una vera riforma.
E allora, non sarà forse giunto veramente il momento di intervenire con un riordino e/o con la creazione di un testo unico dedicato al settore, dove provare a risolvere definitivamente (e seriamente) tutti i problemi che affliggono questo complesso e delicato settore? Anche se lo Stato non intende prendere in considerazione l’invito proveniente ormai da troppo tempo da una parte dell’industria, cioè proprio quella dell’Amusement, di separare tra due diversi ministeri ciò che rappresenta un’offerta di gioco d’azzardo da quella senza vincite, sempre in virtù di quell’esigenza di voler presidiare il territorio ed evitare il rischio di alterazione delle macchine attraverso l’esperienza e i poteri dell’Agenzia delle Dogane, che si trovi pure un’altra soluzione. L’importante però è agire, adesso più che mai, evitando di continuare a rammendare una coperta fin troppo logora, con le ultime toppe stanno continuando a rovinare.