skin
Menu

Sostenibilità del gioco: obiettivo doveroso ma anche raggiungibile

21 marzo 2022 - 10:25

Il raggiungimento di un sistema pienamente sostenibile non sembra più apparire come una “mission impossible” per lo Stato e per le istituzioni: ma serve partire da un riforma, ora.

Scritto da Alessio Crisantemi

 

Da troppo tempo si parla dell'obiettivo di una piena sostenibilità del gioco pubblico, senza mai raggiungerlo. O, peggio ancora, senza mai perseguirlo davvero. Ciò, almeno, vale per la politica e per il Legislatore, che da diversi anni (tralasciando le derive populiste e proibizionisti che hanno segnato alcuni periodi storici e legislature) dichiarano, in atti e convegni, di voler raggiungere tale risultato, ma senza gettare davvero le basi per la costruzione di uno sviluppo sostenibile di questa attività, per il presente e per il futuro del comparto. Nonostante i buoni propositi (talvolta anche eccessivi) promossi a partire dal 2012, con l'introduzione del celebre decreto Balduzzi, che pur caratterizzandosi per l'impostazione dichiaratamente punitiva e forse anche troppo restrittiva, ha avuto senz'altro il merito di avviare una riflessione generale e condivisa dei problemi da affrontare e risolvere, per raggiungere un pieno equilibrio nella distribuzione del gioco, anche da un punto di vista normativo e regolamentare. Affrontando in maniera diretta il tema delle competenze, sollevando per la prima volta una forma di concertazione tra il governo centrale e gli enti locali, invitando alla scrittura di una regolamentazione chiara e definitiva, in grado di tenere conto di tutte le esigenze, oltre alla razionalizzazione della rete distributiva. Un processo, questo, che pur essendo stato tradito fin dalle origini nelle tempistiche di attuazione (la norma parlava di provvedimenti entro 120 giorni dall'entrata in vigore delle norma, datata novembre 2012), ha comunque stimolato governo e parlamento, spingendoli a predisporre una legge delega con un intero capitolo interamente dedicato al tema del gioco. All'interno del quale erano stati esplorati tutti i punti critici relativi al comparto e alla sua regolamentazione, promettendo una risoluzione che però tarda ancora ad oggi ad arrivare. Anche se, nel frattempo, si era giunti a quella potenziale soluzione sottoscritta in Conferenza unificata, nell'ormai lontano settembre 2017, dove l'allora sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta era riuscito a ottenere, con enorme fatica, una sintesi alle varie e repentine richieste degli enti locali, cercando di limare la contrapposizione con gli interessi delle filiera e, quindi, dello stesso Stato, tenendo conto che si parla di un'attività offerta in concessione. Un accordo però che si è di nuovo rivelato soltanto potenziale, visto che anche questo non ha mai conosciuto una formale attuazione, pur continuando ad aleggiare negli ambienti istituzionali, come una sorta di fantomatico parere di riordino, più volte citato e ripreso da vari soggetti istituzionali (dai Tribunali amministrativi al Ministero degli Interni, passando per la Guardia di finanza), ma senza mai approdare in un vero e proprio provvedimento di riforma, degno di tale nome. Al punto che ancora oggi si continua a parlare della necessità di un riordino generale del settore, con una continua promessa da parte del Mef, attraverso i vari sottosegretari che si sono susseguiti nell'esercizio della delega sui giochi, più volte ritenuto “imminente”, ma che continua ad apparire ancora oggi piuttosto lontano. Anche se, proprio in questi giorni, il governo è tornato a mettere nero su bianco, proprio come il 2014, le esigenze e gli obiettivi di una potenziale riforma del gioco attraverso la stesura di una legge delega da sottoporre all'attenzione del parlamento, che dovrebbe essere discussa proprio nei prossimi giorni. Un passaggio, questo, senz'altro importante – come abbiamo più volte sottolineato su queste pagine – per non dire fondamentale: anche se a preoccupare, di nuovo, sono i tempi di attuazione di un percorso di questo tipo, tenendo conto dell'ormai vicina scadenza della legislatura corrente e dei tempi di conversione del provvedimento alla camere, che richiederà inevitabilmente due passaggi tra Camera e Senato per poter trovare applicazione definitiva e permanente, anche attraverso le legislature successive.
Eppure, nonostante le criticità di questi ultimi anni, dentro e fuori al settore, ciò che dovrebbe risultate a tutti evidente è il fatto che, la sostenibilità del gioco pubblico, non sembra più apparire come una missione impossibile per il legislatore. Basta guardare al grande lavoro svolto in questo senso dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che pur operando in un contesto più ampio e generale (potendo vantare, oltre ai giochi, altree aree di competenza estremamente strategiche per lo Stato, come le accise e le stesse dogane) permette di rendersi conto di come il presidio di attività complesse e “a rischio” come il gioco o i tabacchi rappresentino delle attività fondamentali e di assoluta importanza per il mantenimento di un paradigma di sicurezza e legalità. Praticamente, di piena sostenibilità. Non stupisce più, oggi, vedere politici, rappresentanti di governo e massime cariche dello Stato intervenire su temi “delicati” come quelli del gioco, come abbiamo visto, anche nei giorni scorsi, in occasione dell'anniversario dell'Agenzia o già prima durante le presentazioni dei “libri blu” redatti da AdM a bilancio della propria attività. Avviando un percorso e un dialogo che prima poteva apparire quasi impensabile, per gli addetti ai lavori del gioco. Anche se tutto questo rappresenta soltanto un primo, piccolo passo nella direzione di un contesto davvero sostenibile, è comunque un progresso: che non può e non deve sfuggire a nessuno. Ma che deve, al contrario, servire come pretesto per sviluppare il tema e provare a portare a termine quella missione avviata tanto tempo fa, con la precedente Delega del 2014, quando la strada era molto più in salita. Anche se all'epoca non c'erano guerre alle parte dell'Europa né pandemie, il percorso da fare dentro al parlmamento e tra le istituzioni era davvero molto più difficile di ora. Oggi, invece, le stesse Regioni che prima rappresentavano i maggiori oppositori al mantenimento del gioco pubblico, sembrano ormai (anche se non tutte) aver compreso la necessità di un presidio statale sul comparto, come dimostrano i vari revirement o cambiamenti legislativi eseguiti in corsa. E anche i tanti detrattori del settore, dentro e fuori alla politica, sembrano essersi dissolti: probabilmente anche a causa di quegli stessi eventi esterni che hanno fatto capire un po' a tutti che tra gli interessi dello Stato ci sono delle priorità e delle esigenze molto più concrete e impellenti rispetto alle varie battaglie ideologiche (talvolta anche speculative) sostenute da alcuni, nelle varie crociate anti-gioco che si sono susseguite. Da ultimo, anche se non per importanza, c'è anche la maggiore conoscenza e consapevolezza del rischio di un ritorno dell'offerta di gioco illegale in sostituzione di quella legale che prima veniva praticamente ignorata e che la pandemia, attraverso il lockdown della rete di Stato, ha fatto chiaramente emergere e osservare. Facendo forse capire a tutti che il contrasto del gioco legale si tradure inevitabilmente in un favore a quello illegale, per un assit perfetto alla criminalità. Un concetto che era forse semplice da capire, già molto tempo prima, se solo ci fosse stata la volontà di capire e anche solo di ascoltare. Ma non è mai troppo tardi per imparare: né tanto meno per riordinare.

 

Articoli correlati