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Dario Vargiu: 'Riforme e qualità per rilanciare l'ippica'

31 agosto 2024 - 09:38

Per Dario Vargiu, mostro sacro del galoppo italiano, il rilancio dell'ippica passa da un ente preposto alla sua gestione.

Scritto da Fm
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Da quanti anni si parla della necessità e dell'urgenza di una vera riforma e del rilancio dell'ippica? Tanti.
Come tante sono le componenti che fanno parte della sua filiera, nella quale si annoverano non solo gli ippodromi - che spesso finiscono, anche loro malgrado, per avere più voce in capitolo e più "peso" nelle decisioni della politica - ma anche gli allevatori, gli allenatori, i guidatori per il trotto e i fantini per il galoppo, solo per citarne alcuni.
Si parla poco di queste ultime figure, essenziali per portare lo spettacolo sulle piste e condurre alla vittoria i cavalli, ma loro che ne pensano delle ipotesi fin qui messe in campo per rifondare il settore? E cosa propongono in merito?

Lo abbiamo chiesto a Dario Vargiu, uno dei più grandi fantini viventi, che ha raggiunto e superato il traguardo delle 3700 vittorie in carriera, 
aggiudicandosi oltre 80 corse dal 1° gennaio ad oggi, con una media di successi del 16,5 percento.

Lei è nel mondo dell'ippica da oltre 30 anni, quindi può ben dire di avere contezza della sua "evoluzione", nel bene e nel male. Com'è cambiato il settore in questi decenni, cosa ha perso e cosa ha guadagnato?
"Posso dire di aver visto un'ippica che oggi non c'è più, ho visto morire quell'ippica bella, ora scomparsa, o quasi.
Purtroppo, ha perso tantissimo a livello di qualità, non solo delle strutture o delle corse, o dei cavalli. Per tanti anni siamo stati un modello da seguire per  per chiunque.
Prima che io iniziassi a gareggiare i nostri cavalli andavano a correre all'estero e facevano più che bene, vincevano ovunque, erano invidiati, e hanno scritto importanti pagine di storia.
Quella qualità oggi è stata persa, per lo più.
Secondo me tale situazione è causata dal fatto che in Italia non c'è più un jockey club, cioè un ente competente che gestisca l'indotto e il comparto, da cui passava anche il pagamento dei premi vinti.
Prima il montepremi veniva stanziato all'inizio dell'anno, andava nelle casse del Jockey club – poi diventato Unire - Unione nazionale per l'incremento delle razze equine  – e si poteva contare su pagamenti in tempi celeri. Pagamenti che nel corso del tempo hanno raggiunto la tempistica di sei mesi, ora scesi a quattro, giusto per consentire agli operatori di 'galleggiare'. 
Tutto questo crea un meccanismo perverso anche per la gestione delle scuderie. Una volta un piccolo proprietario poteva avere 5-10 cavalli, con un premio discreto vinto da uno di loro pagava anche le spese di tutti gli altri; ora con tali entrate e tali tempistiche bisogna comunque pagare il mantenimento degli animali, fatto che costringe a dar via i cavalli migliori quando si ricevono delle offerte d'acquisto.
Inoltre, si è abbassata anche la qualità media dei cavalli che corrono, molti proprietari esteri vengono da noi con delle 'mezze calzette' e vincono."

Lei corre moltissimo nei Paesi esteri. Da quale, secondo lei, potremmo prendere esempio e perché?
"Per 10 anni ho corso 3 mesi all'anno in Giappone, ed è stato come fare il giocatore di calcio in Serie A in Italia. Là negli ippodromi ci sono anche 100mila spettatori, persone che dormono fuori dagli impianti per prendere il posto per vedere le corse. Funziona tutto bene, a cominciare dalla parte finanziaria, che è il motore di tutto: si corre il sabato e la domenica e lunedì arrivano i soldi dei premi vinti sul conto. 
Giappone a parte, diciamo che dovremmo prendere esempio un po' da tutti gli altri Paesi, perché, ahimè, siamo messi malissimo. Altrove le cose funzionano diversamente, e soprattutto ci sono enti competenti che gestiscono realmente il settore.
Il sottosegretario Patrizio La Pietra sta facendo dei passi da gigante, ci sta ascoltando, sta cercando di cambiare le cose, speriamo che serva.
È necessario che ci sia un ente per gestire il settore, rimettere in moto la sua economia per farlo funzionare. 
Inoltre, negli anni c'è stato un abbassamento dei premi negli anni, abbiamo visto il declassamento delle corse pattern, perché questo tipo di gran premi in Italia viene vinto da cavalli di bassa qualita, facendo scendere il rating delle corse."

Secondo lei, quali sono le prime riforme che dovrebbero essere attuate per rilanciare l'ippica italiana in tempi brevi?
"Intanto si dovrebbe partire dalla riforma delle scommesse, che sono rimaste indietro rispetto ad altre tipologie di giochi più appetibili, dato che vengono sottoposte a un prelievo fiscale maggiore. La riforma del betting sull'ippica è una strada da percorrere visto che viviamo anche di questo."

In materia di ippodromi e di centri di allenamento, qual è il suo pensiero? Anche in questo caso, cosa sarebbe necessario fare per rilanciarli e per tutelare quelli che sono già un'eccellenza?
"Le sorti dei centri di allenamento sono basate sui pagamenti: se non poni le scuderie in condizione di poter mettere mano al portafogli per creare un centro di allenamento privato essi resteranno sempre negli ippodromi.
Il Governo attuale sta facendo molte più cose di quelli che lo hanno preceduto, ci sono maggiori controlli su come vengono spesi i soldi delle sovvenzioni agli ippodromi, stanno mettendo i puntini sulle i, stanno pretendendo che gli investimenti vengano fatti.
Ma ci sono ancora ritardi nel pagamento delle sovvenzioni agli ippodromi, cosa che ha portato i gestori a tirare un po' i remi in barca.
Morale della favola, il nodo di tutto è comunque economico."

Com'è la situazione dei fantini, a livello di pagamenti?
"Dipende. Dall'avere un contratto con una scuderia o dall'essere libero professionista.
Diciamo che si fa sentire la mancanza di un ente che gestisce tutto il comparto come una volta.
Adesso con i tagli ai pagamenti anche chi deve pagarti la monta ritarda.
Io da libero professionista pago l'Iva su un monte premi che prenderò fra sei mesi, ma per fortuna ho un contratto con una scuderia che mi paga, cosa su cui non possono contare il novanta percento dei miei colleghi."

L'ultima domanda è invece rivolta a celebrare i suoi successi. Qual è il traguardo che ancora manca nel suo palmares e che vorrebbe raggiungere?
"Ho iniziato la carriera in questo mondo dalla Sartiglia di Oristano (una delle più antiche e spettacolari corse equestri del Mediterraneo, che si svolge l'ultima domenica e il martedì di carnevale nella città sarda, Ndr), poi mi sono appassionato ai cavalli e ho chiesto al patron della scuderia Giara club di Oristano, Antonio Casu, se poteva aiutarmi e così a 16 anni sono partito per Roma.
Da allora non mi sono più fermato; ho corso il più possibile, qualsiasi corsa, anche la meno ricca, perché amo sentire quell'adrenalina che ti fa passare il traguardo per primo.
Quest'anno vorrei vincere il Premio Lydia Tesio, in programma a novembre all'ippodromo Capannelle di Roma, che non sono mai riuscito a conquistare finora."


 

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