Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa torna a confermare i provvedimenti di rimozione degli apparecchi da gioco dagli esercizi di Trento emessi dalle amministrazioni locali in applicazione della legge provinciale in materia.
Con una nuova sentenza ha bocciato il ricorso del titolare di una sala giochi, vicina a due istituti superiori, contro Comune e Provincia, sancendo ancora la legittimità della legge provinciale di Trento 22 luglio 2015, n. 13, recante “Interventi per la prevenzione e la cura della dipendenza da gioco”.
Anche in questo caso, i giudici amministrativi hanno rispedito al mittente tutte le censure sollevate dal ricorrente: dal criterio di calcolo usato per la misurazione della distanza dell'attività dai “luoghi sensibili”, rimarcando che “è rimesso alla discrezionalità tecnica del Comune, che lo ha individuato come il raggio in linea d’aria sulla scorta della circolare provinciale che lo suggerisce quale criterio uniforme di applicazione per il territorio trentino”, alla validità della deliberazione impugnata di individuazione dei luoghi sensibili, con cui, secondo il Trga, il Comune “ha dato puntuale applicazione alla disciplina di fonte provinciale che non riserva, sul punto, alcun margine di apprezzamento discrezionale in capo all’ente locale”.
A tale proposito, si legge nella sentenza, “deve condividersi, perché dirimente, l’argomento versato sul punto dal Comune resistente, che rileva come gli Istituti scolastici e formativi, che nel caso di specie determinano l’obbligo di rimozione, sono notoriamente frequentati dalle categorie di soggetti che la disposizione si prefigge di tutelare”.
Anche in questo caso, inoltre, viene negata dal Trga “la sussistenza di un effetto espulsivo della disciplina provinciale delle attività economiche dal territorio”, così come la presunta incostituzionalità delle norme attuate, o la loro con il diritto europeo.
Infine, puntualizza il Collegio, non si può parlare di regole tecniche, per cui quindi sussisterebbe l’obbligo di preventiva comunicazione alla Commissione europea, come postulato dal ricorrente: “La legge provinciale trentina, e le conseguenti deliberazioni comunali, non disciplinano le caratteristiche ovvero la fabbricazione, l’utilizzo, l’uso o la commercializzazione degli apparecchi da gioco, ma si limitano nel loro assieme a fissare limiti parziali, in particolare le aree (i cosiddetti 'luoghi sensibili') ove è vietata l’utilizzazione di nuovi macchinari ai soli fini della tutela della salute di cittadini vulnerabili: il tutto senza alcun intento di alterare il libero assetto del mercato dei video giochi, il quale subisce effetti solamente indiretti, riflessi mediati e comunque geograficamente limitati. In tal senso, è condivisibile l’assunto della resistente Provincia, che annota come 'l’introduzione di una distanza minima legale dai luoghi sensibili non ha comportato l’introduzione di un numero massimo di esercizi pubblici nei quali gli apparecchi possono essere installati, né l’introduzione di un numero massimo di apparecchi autorizzabili all’interno degli esercizi stessi'”.