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Proventi Lotto, Cassazione: 'Versamento tardivo non equivale al peculato'

13 ottobre 2022 - 16:33

La Cassazione annulla la condanna per peculato inflitta alla titolare di una ricevitoria Lotto che aveva ritardato il versamento delle somme dovute in quanto assente dal lavoro per ragioni di salute.

Scritto da Fm

Nelle ipotesi di ritardo nel versamento delle somme di denaro originariamente spettanti allo Stato, non necessariamente sussiste - per ciò solo - il delitto di peculato, quando il denaro sia comunque versato, sebbene oltre il termine previsto nella diffida”.

 

È quanto si legge nella sentenza con cui la Corte di cassazione annulla senza rinvio - perché il fatto non sussiste – la sentenza con cui la Corte d'Appello di Salerno ha confermato la condanna pronunciata dal Tribunale di Vallo della Lucania nei confronti della titolare di una ricevitoria Lotto per peculato (art. 314 cod. pen.), “essendosi la stessa appropriata della somma di quasi 50mila euro complessivamente riscossa mediante le giocate e di cui aveva il possesso per ragione del servizio svolto in regime di concessione amministrativa rilasciatale dall'Agenzia delle dogane e di monopoli per il servizio di raccolta del gioco del lotto, omettendone il versamento”.

 

I giudici della Cassazione ricordano che “perché sussista il delitto di cui all'art. 314 cod. pen., occorre, infatti, che la sottrazione della 'res' alla disponibilità dell'ente pubblico si sia pur sempre protratta per un lasso di tempo ragionevolmente apprezzabile e comunque tale da denotare inequivocabilmente l'atteggiamento 'appropriativo' dell'agente, il cui disvalore soltanto - lo si ripete - giustifica l'entità dell'editto sanzionatorio previsto nella fattispecie. D'altronde, nel senso che il mero ritardo nel versamento non integri, di per sé, l'appropriazione del peculato si è espressa la stessa giurisprudenza di legittimità, come nella già citata Sez. 6, n. 5233 del 19/11/2019 (dove - lo si è precedentemente ricordato - il peculato è stato però ritenuto in quanto l'agente faceva confluire il denaro su un conto corrente a lui intestato, piuttosto che su quello dedicato) oppure in Sez. 6, n. 16786 del 02/02/2021, Conte, Rv. 281335, nella cui motivazione, proprio sulla scorta del precedente appena citato, si trova affermato che, sempre 'in tema di peculato, l'appropriazione del denaro, riscosso dal notaio a titolo di imposte e non riversato all'erario, si realizza non già per effetto del mero ritardo nell'adempimento, bensì allorquando si determina la certa interversione del titolo del possesso, che si realizza allorquando il pubblico agente compia un atto di dominio sulla cosa, con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria, condotta che non necessariamente può essere ritenuta insita nella mancata osservanza del termine di adempimento'”.

 

Secondo la Cassazione, “le sentenze di merito non riportano l'evidenza dell'avvenuta appropriazione da parte della titolare della ricevitoria e, dunque, della realizzazione di un peculato. Al contrario, dalla loro lettura risulta che dalle risultanze probatorie era emerso come si fosse assentata per un periodo di tempo dal lavoro, per ragioni di salute e che abbia, dunque soltanto ritardato, sebbene oltre il termine dell'intimazione, il versamento delle somme dovute. Né può condividersi l'affermazione del giudice di secondo grado, per cui tale deduzione fosse logicamente insostenibile, posto che, in ragione dello strettissimo rapporto tra i due, la titolare della ricevitoria avrebbe potuto/dovuto impartire direttive al marito affinché provvedesse immediatamente al versamento. Così argomentando, si finirebbe infatti, con il far trascendere, in modo tanto surrettizio quanto inaccettabile, il peculato in delitto colposo”.

 

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