Scommesse e Ctd: Cassazione conferma dissequestro 56 milioni Stanleybet
Roma - L’attività di Stanleybet sul territorio italiano esercitata attraverso i propri Centri trasmissione dati (Ctd) si basa principalmente sulla gestione della piattaforma informatica che il gruppo deve necessariamente svolgere oper l’esercizio dei giochi online e che svolge interamente all’estero. Per questa ragione il ricorso della Procura di Roma che chiedeva di annullare il dissequestro dei beni per 56 milioni a danno di un dirigente di Stanleybet è stato respinto dalla Terza Sezione Penale della Cassazione.
Per la Cassazione - secondo quanto riporta l'agenzia Agipronews - i giudici del riesame hanno "affermato con congrua motivazione" le ragioni del dissequestro, dato che a Stanleybet "sul piano oggettivo, non possono ravvisarsi, ai fini dell’imposizione fiscale, i tratti distintivi di una stabile organizzazione, mancando una sede fissa di affari".
La presenza dei Ctd non quindi è sufficiente a ribaltare il giudizio, dato che i centri svolgono "un’attività meramente ausiliaria e preparatoria", ma senza avere "alcun margine di autonomia organizzativa e decisionale", mentre è "pacifico che l’attività di gestione della piattaforma di gioco non è alcun modo svolta in Italia".
NESSUN OBBLIGO DI DICHIARAZIONE REDDITI - La Cassazione sostiene inoltre che i principi comunitari prevedono la libertà di stabilimento, dunque è legittimo operare anche avendo sede in un diverso Paese Ue, un principio che "si spiega evidentemente in ragione della peculiarità del gioco a distanza, che è fornito mediante piattaforme online", dunque è possibile gestire l’attività fuori dal territorio dello Stato italiano, anche se serve il "rilascio della concessione che il gruppo Stanley non possiede e per la qual cosa è stato introdotto presso la Corte di Giustizia un contenzioso, tuttora in corso". Non susstite quindi alcun obbligo di presentare la dichiarazione annuale dei redditi da parte di una società che ha sede all’estero, poiché la direzione effettiva non si svolge nel nostro Paese, secondo quanto previsto anche dalle "norme internazionali contro le doppie imposizioni fiscali".