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Se il governo gioca d'azzardo a Bruxelles

10 aprile 2017 - 08:38

L'Esecutivo è deciso a proporre un nuovo incremento della tassazione sui giochi nella manovra-bis: ma stavolta a rischio sostenibilità (e in barba alla coerenza).

Scritto da Alessio Crisantemi

Ci risiamo. Come accade ormai sempre, quando il governo è a caccia di nuove risorse, uno dei primi settori a finire nel mirino è quello del gioco. Con nuovi aumenti dell'imposizione fiscale per i giochi tradizionali, quando non si punta addirittura all'istituzione di nuovi prodotti. Uno scenario che si ripete oggi, puntualmente, con l'Esecutivo che nella stesura ormai definitiva della manovra-bis chiesta (e imposta) dalla Commissione Europea, prevede nuove tasse sui giochi. Nonostante l'introduzione di altre tasse "insolite" per il nostro paese (come quella sulle bevande gassate) e il rincaro delle sigarette di fascia, per scongiurare l'aumento di benzina e Iva, sembra inevitabile ricorrere ancora una volta al gioco pubblico. Al quale viene chiesto un contributo di 500 milioni, e in vari modi: dall'aumento della cosiddetta “tassa sulla fortuna” (il prelievo sulle vincite superiori ai 500 euro, che passerebbe dal 6 al 10 percento) fino ad arrivare anche all'ulteriore aumento del prelievo sulle slot machine (che salirebbe di un punto, arrivando all'incredibile cifra del 18,5 percento).

Senza contare che verrebbero anche anticipate una serie di gare: come quella sul Gratta e Vinci e quella sul SuperEnalotto. Con l'ulteriore ipotesi di introdurre anche un nuovo gioco del Lotto basato su 50 numeri invece che sui tradizionali 90. Incredibile a dirsi, tenendo conto dei tanti proclami dell'Esecutivo (come pure di quello precedente) sulla necessità di ridurre la diffusione del gioco, ma tant'è.
L'aspetto ancora più incredibile, tuttavia, è da individuare proprio nell'aumento del prelievo erariale sugli apparecchi. Un vero e proprio azzardo, è il caso di dire, quello del governo: non solo per l'ipotesi di pensare a nuovi giochi proprio mentre continua a millantare la volontà di ridurne la diffusione sul territorio (con tanto di promessa, rilanciata dal ministro Enrico Costa, di voler "disintossicare" le entrate erariali dai proventi dei giochi), quanto, peggio ancora, per la decisione di mettere a bilancio anche per il futuro nuove entrate da questo settore. Ciò significa, per essere più espliciti, che il nostro paese si impegna, di fronte all'Europa, di far quadrare i conti facendo affidamento (anche) sui giochi, mettendone a bilancio gli utili stimabili oggi per i prossimi anni. Pertanto il governo non potrà assolutamente permettersi di perdere nei prossimi anni tali entrate, né tanto meno di vederle diminuire. Allora ci chiediamo: come potrebbe essere credibile ogni ulteriore promessa di ridurre la diffusione del gioco attraverso il presunto riordino del comparto? Proprio adesso che dovrà tornare in Conferenza unificata per completare, teoricamente, i lavori sul riordino del settore proponendo, appunto, la riduzione delle slot sul territorio.
Ma c'è di peggio. Sì, perché a rendere ancora più rischiosa l'iniziativa legislativa del governo, qualora dovesse essere confermato l'aumento del prelievo, è il fatto che l'Agenzia delle dogane e dei Monopoli aveva già avvertito più volte il Ministero dell'Economia che tale rincaro sarebbe del tutto deleterio per il settore rischiando addirittura di far saltare l'intero sistema. Mettendolo anche nero su bianco. Come riportato in una nota specifica firmata dal vice direttore dell'Agenzia, Alessandro Aronica (o, meglio, due note: una dello scorso febbraio e una successiva di inizio marzo), viene specificato come "ogni iniziativa volta ad aumentare il Preu, qualunque sia la misura, se adottata al di fuori di  un quadro di riordino della materia, non può tener conto delle peculiarità del settore e delle relative dinamiche impositive e rischiano, ove accolta, di compromettere l'esistenza stessa del comparto industriale dei giochi, con rischi per la tenuta del gettito complessivo". Sottolineando come "il livello di imposizione vada concretamente riportato alla grandezza del margine, anche quando la base imponibile di riferimento è la raccolta". Spiegando quindi che le varie proposte di aumento dell'aliquota sulle slot proposte in ambito parlamentare, derivavano da una lettura errata dei dati fiscali, dove veniva probabilmente confusa la tassazione sulla raccolta come se l'aliquota fosse riferita al margine. Per questo, l'Agenzia ha anche specificato come un'aliquota del 20 percento sulle Awp equivarrebbe a un'aliquota del 66 percento sul margine, chiaramente insostenibile per qualunque impresa, in qualunque economia di scala. E lo stesso per le Vlt, dove una tassazione all'8 percento, come veniva proposto in Parlamento, in vari emendamenti, equivarrebbe al 66 percento del margine. Secondo i Monopoli, quindi, non ci sarebbero i presupposti per alcun tipo di ritocco fiscale sugli apparecchi, a meno che non venga inserito in un contesto più ampio di riforma del gioco. Magari introducendo quel passaggio della tassazione dalla raccolta al margine, che renderebbe non solo più chiara la situazione agli occhi della politica, ma anche più sostenibile il sistema, di fronte alle ripetute richieste economiche avanzate dal governo alla filiera. Che già oggi è al limite della sopravvivenza, nonostante di continui a immaginare un settore molto ricco e profittevole da parte dell'opinione pubblico. Come scritto dall'Agenzia dei Monopoli, in effetti, si devono considerare gli eventuali effetti di un incremento della tassazione sugli apparecchi che, “se assorbito dalla filiera, potrebbe rivelarsi non sostenibile” e “se scaricato sui giocatori potrebbe rilevarsi impraticabile e, comunque, capace di determinare effetti depressivi sulla domanda”. Non portando quindi alcuna entrata in più, come invece desiderato dall'esecutivo. Come se non bastasse, poi, sul punto dell'imposizione fiscale applicata ai giochi ed sui rischi in termini di sofferenza dello Stato, si era anche espressa, nei giorni scorsi, la Corte dei Conti, evidenziando tutte le criticità del caso. Ma a quanto pare invano.
E' quindi evidente che una “soluzione” di questo tipo nella manovra-bis è da ritenere oggettivamente sbagliata, sotto tutti i punti di vista: politico, economico e fiscale. E più che un azzardo, per il nostro paese, potrebbe rivelarsi un autentico suicidio.

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