Su ogni questione è giusto e sacrosanto cercare di ascoltare ed esaminare tutti i punti di vista possibili. Vale anche per il gioco pubblico e per la legge regionale del Piemonte promossa dall'attuale Esecutivo di centrodestra - la n. 19/21, che ha sostituito la n. 9/2016 varata dal centrosinistra , probabilmente una delle più dibattute d'Italia e anche seguite passo passo nel suo iter sulle pagine di questa testata.
Così nel numero della rivista Gioco News di marzo (consultabile integralmente online a questo link) abbiamo deciso di tornare sulla sua attuazione, con uno speciale in parte politico e in parte giurisprudenziale.
Per il primo lato, dopo aver ospitato la voce dell'assessore alla Sanità, Federico Riboldi, ora ecco quella di Domenico Rossi, consigliere regionale del Partito democratico.
Ci sono dati sull'attuazione della legge regionale sul gioco del Piemonte?
"La Regione non ha effettuato nessuna valutazione sugli esiti della nuova legge. Così come sono mancate molte delle azioni previste dalla norma. L’obiettivo era solo quello di smontare il meccanismo della legge precedente.
Gli ultimi dati riportati ufficialmente da Regione Piemonte sono quelli del rilevamento di Astra Ricerche nel contesto del progetto 'Non è un bel gioco'. Più di 7 piemontesi su 10 hanno amici giocatori, mentre 5 piemontesi su 10 hanno familiari che giocano d’azzardo.
La stessa ricerca rivela che il rischio di patologia è particolarmente alto per il 10,8 percento dei piemontesi, purtroppo in crescita. Gli uomini spiccano con il 14 percento, i 18-24enni con il 19 percento, i giocatori ‘digitali’ con circa il 25 percento. Soprattutto chi vive in famiglie in cui il gioco è abitudine diffusa arriverebbe al 26 percento di rischio.
Se vogLiamo parlare di denaro investito basta una veloce ricerca sul sito della Regione per leggere che 'In media 3 cittadini piemontesi su 10, circa 1,3 milioni di persone, hanno giocato almeno una volta in denaro negli ultimi anni, spendendo un ammontare complessivo annuo di più di 6 miliardi di euro. Questa quota corrisponde, a livello individuale, all’equivalente ogni 12 mesi di circa 4.500 € per ogni giocatore e di quasi 1.500 euro pro capite. Nello stesso periodo l’importo complessivo delle perdite è stato di oltre 1 miliardo di euro annuo, più di 750 euro per ogni giocatore e poco meno di 250 euro per ogni abitante'.
Insomma, se con la legge regionale n. 9/2016 che cercava di limitare l’eccesso di offerta, i volumi risultavano in costante diminuzione, anche in rapporto all’andamento nazionale, e le perdite erano in contrazione, con l’adozione, nel 2021, di una normativa meno stringente l’emergenza azzardo patologico sembra aver trovato nuova spinta."
Recentemente, l'assessore alla Sanità, Federico Riboldi, su stimolo dell'opposizione, ha assicurato che non ci sono stati tagli ai fondi per il contrasto al gioco patologico nel bilancio della sanità. Qual è il suo punto di vista su questa questione?
"Le tabelle presentate in commissione riportavano somma zero per il 2025 per quanto riguarda le risorse regionali. I fondi in capo alle Asl sono nazionali, ma la legge regionale prevede lo stazionamento di risorse specifiche per la realizzazione del piano di prevenzione e contrasto, per attività di formazione e informazione e per specifiche campagne regionali. Non a caso abbiamo predisposto degli emendamenti con l’obiettivo di inserire finanziamenti regionali per la prevenzione e il contrasto senza limitarsi ai trasferimenti dello Stato."
Agli inizi di febbraio il Tar Piemonte ha confermato il no alla reinstallazione delle slot nei bar, bocciando il ricorso di un operatore di gioco in merito all'interpretazione della legge regionale vigente. Lei è soddisfatto di questa sentenza?
"Siamo di fronte ad una patologia 'creata' socialmente da un eccesso di offerta e dalle scelte dello stesso Stato. Per questo motivo la legge regionale n. 9/2016 si basava sul principio della limitazione dell’offerta di gioco.
Sia chiaro, non si proibiva il gioco, ma si fissavano dei paletti più stringenti per arginare un fenomeno che non ha solo risvolti sanitari seri, ma anche sociali, perché a pagare il prezzo più alto di questa pandemia dell’azzardo patologico sono state le fasce più deboli in termini di sovraindebitamento, multi-dipendenze, rottura dei legami familiari per non parlare anche dell’aumento di possibilità per le mafie di riciclare denaro. Non entro nel merito della sentenza ma rilevo che limitando il numero degli apparecchi, magari concentrandoli in luoghi dedicati, si possono arginare le derive più deleterie del fenomeno."