“La norma che prevede che la raccolta del gioco possa avvenire solo mediante il canale autorizzato, ovvero, con riferimento al gioco a distanza, inerente la fattispecie in esame, unicamente online - 'con esclusione di qualsiasi altra sede, modalità o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica', trova puntuale corrispondenza nella convenzione accessoria alla concessione – c.d. atto integrativo della concessione – la quale, all’art. 5, comma 2, impone espressamente al concessionario di 'svolgere l’attività di commercializzazione esclusivamente mediante il canale prescelto' (art. 5, comma 2 lett. f) e, inoltre, di 'osservare e/o far rispettare, nell’eventuale attività di promozione e diffusione dei giochi oggetto di convenzione, dei relativi contratti di conto di gioco e di rivendita della carta di ricarica, il divieto di intermediazione per la raccolta del gioco a distanza nonché il divieto di raccolta presso luoghi fisici, anche per il tramite di soggetti terzi incaricati, anche con apparecchiature che ne permettano la partecipazione telematic'”, secondo quanto previsto dalla lett. g) della norma in esame. Proprio la violazione dell’art. 10, comma 2 lettere c, d, ed h, del disciplinare costituisce, nel gravato provvedimento, il fondamento per l’applicazione della sanzione della revoca irrogata”.
Lo mette nero su bianco il Tar Lazio nella sentenza con cui respinge il ricorso presemtato dal titolare di un Ctd che aveva aderito alla procedura di regolarizzazione fiscale per emersione prevista dalla legge di Stabilità del 2015 colpito dal decreto dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (denominata ancora Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato all'epoca dei fatti, Ndr) che ha sancito la decadenza del punto di raccolta nel quale era stata accertata la presenza di videoterminali che permettevano la raccolta del gioco online collegandosi a un sito facente capo a un soggetto privo di qualsiasi titolo, fatto del quale “il ricorrente, nella qualità di soggetto autorizzato alla raccolta delle scommesse, non poteva ritenersi estraneo”.
Il Collegio ricorda a supporto del proprio orientamento l’articolo 9 della convenzione, in base a cui “il concessionario è responsabile degli obblighi posti a suo carico. Il concessionario assume in proprio ogni responsabilità organizzativa, tecnica ed economica e di ogni altra natura, inerente l’esecuzione e la gestione delle attività e delle funzioni oggetto della concessione”.
Il ricorrente ha assunto, “in primo luogo, l’obbligo – invero non contestato nella sua portata - di non svolgere alcuna attività di intermediazione per la raccolta del gioco, limitando l’attività di commercializzazione esclusivamente al canale prescelto, ossia di raccolta fisica del gioco presso luoghi fisici, neanche avvalendosi di apparecchiature che permettano la partecipazione telematica dei giocatori, e, inoltre, di non svolgere tali attività neppure per il tramite di operatori facenti parte della propria filiera di gioco”, si legge ancora nella sentenza del Tar Lazio.
Al riguardo, “non ritiene il Collegio di poter condividere quanto affermato da parte ricorrente in ordine alla propria estraneità rispetto all’esercizio commerciale oggetto dell’accertamento. Gli elementi accertati hanno quindi fatto emergere lo svolgimento della raccolta del gioco semplicemente online, come non previsto dalla concessione, quindi con canali e modalità diverse e non consentite. Né è possibile sostenere che la ricorrente non fosse in condizione di vigilare sull’attività dei clienti cui sono state contestate le predette condotte, atteso che la convenzione accessoria alla concessione pone a carico della concessionaria – come detto – un preciso obbligo di assicurare l’osservanza dei divieti anche da parte di tutti gli operatori della propria filiera”.