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Delocalizzazione sala scommesse, CdS: 'Errato imporla in pandemia'

02 marzo 2023 - 15:59

Il Consiglio di Stato accoglie motivo di ricorso di un concessionario su mancata sospensione della delocalizzazione di una sala scommesse durante la pandemia e dispone verificazione per accertare l'effetto espulsivo.

Scritto da Fm

© Tingey Injury Law Firm / Unsplash

“Verificare quali sono le parti del territorio verso cui sia possibile, in astratto, effettuare la delocalizzazione, per poi valutare la concreta possibilità (anche commerciale) di installarvi una sala giochi, tenendo conto anche delle limitazioni che dovessero derivare dallo strumento urbanistico”: è l'obiettivo delle consulenze tecniche d'ufficio chieste dal Consiglio di Stato per decidere in merito all'appello proposto da un concessionario di gioco per la riforma della sentenza del Tar Emilia Romagna che nel maggio 2022 aveva respinto il suo ricorso contro i provvedimenti assunti dall’Unione dei Comuni del Sorbara con i quali gli è stata imposta la chiusura della sua sala scommesse, sita nel Comune di Castelfranco Emilia, perché ubicata a una distanza inferiore a 500 metri da uno dei luoghi sensibili indicati dalla normativa per il contrasto alla ludopatia.

Il Collegio “ritiene che vi siano le condizioni per decidere parzialmente l’appello affrontando il primo motivo di ricorso, mentre rispetto alle restanti censure sia necessario procedere ad una consulenza tecnica d'ufficio per verificare quale sia la situazione nel comune di Castelfranco Emilia ai fini di una possibile delocalizzazione”, recita la sentenza del CdS.

Per i giudici infatti coglie nel senso la prima doglianza avanzata dal concessionario, secondo il quale il Tar Emilia Romagna ha sbagliato nel non applicare alla vicenda al centro del ricorso l'articolo 103 (Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza) del decreto Cura Italia, il Dl 18/2020. Una norma che secondo il concessionario “mirava ad accordare una più estesa validità a tutti i titoli abilitativi necessari all’espletamento di qualsivoglia attività, la cui efficacia sarebbe potuta venir meno nel corso dell’emergenza sanitaria” con lo scopo di “impedire che maturasse qualsiasi tipo di scadenza nel periodo in cui quasi tutte le attività economiche erano paralizzate per effetto delle norme sanitarie per contrastare gli effetti della pandemia. La mancata osservanza dell’art. 103 rendeva pertanto illegittimo il provvedimento del febbraio 2021 laddove stabiliva la decorrenza dei sei mesi per operare la delocalizzazione o per imporre la chiusura, nonostante lo stato di emergenza”.

A tal proposito il Consiglio di Stato rimarca: “Lo scopo dell’art. 103, comma 2, Dl 18/2020 – in linea, peraltro, anche con il suo tenore letterale e, comunque, non incompatibilmente rispetto a esso – è quello di congelare qualunque termine venisse a scadere in un periodo in cui per l’emergenza pandemica le attività economiche erano ferme o comunque soggette a provvedimenti che ne limitavano notevolmente la portata, cosicché non poteva venire meno nessun titolo autorizzatorio finché vigeva lo stato di emergenza e anche dopo la cessazione di tale stato si assegnava un ulteriore termine di novanta giorni per dare corso alle ordinarie procedure amministrative. Nel caso di specie, in applicazione dell’art 6 l.r.5/2013, si era assegnato un termine, scaduto il quale si sarebbe avuto un effetto equivalente a quello che si poteva verificare per il mancato rinnovo di un’autorizzazione, che era decorso durante lo stato di emergenza quando la sala giochi era chiusa. In sostanza non poteva intimarsi la delocalizzazione entro un termine a pena di chiusura alla sala giochi che si trovava a meno di 500 metri da una chiesa durante lo stato di pandemia con l’attività ferma e, quindi, nella momentanea impossibilità di correre il rischio di favorire la ludopatia. La riconducibilità anche della vicenda in esame nel campo di applicazione della norma evidenzia la sua ragionevolezza laddove si pensi all’estrema difficoltà di muoversi sul mercato alla ricerca di una nuova sede che rispetti le distanze, in un periodo in cui la maggior parte delle attività sono chiuse e la valutazione delle prospettive economiche era aleatoria, anche perché non si era in grado di stabilire quando lo stato di emergenza sarebbe cessato”.

Quanto agli altri motivi dell'appello, stando a quanto si legge nella sentenza del Consiglio di Stato, i quesiti a cui il consulente tecnico d'ufficio dovrà rispondere sono i seguenti:“Dica il Ctu quali siano le porzioni del territorio del comune di Castelfranco Emilia che si trovino a una distanza di oltre 500 metri, calcolati secondo il percorso pedonale più breve, dagli istituti scolastici di ogni ordine e grado, dai luoghi di culto, dagli impianti sportivi, dalle strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario, dalle strutture ricettive per categorie protette, dai luoghi di aggregazione giovanile e dagli oratori; dopo aver individuato le aree con tali caratteristiche, le descriva sul piano urbanistico per verificare se tra le destinazioni d’uso consentite via sia anche l’apertura di una sala giochi; esprima, infine, le proprie valutazioni, quanto alle aree che residuino dopo le verifiche di cui ai punti precedenti, sulla concreta possibilità di individuare degli immobili per potervi insediare l’attività, nonché sulla effettiva possibilità (anche in considerazione della potenziale redditività commerciale dell’ubicazione in tali aree) di svolgere l’attività di sala giochi conseguendo un ragionevole utile d’impresa".

Il deposito in segreteria della relazione finale è fissato entro il 10 ottobre 2023, l’udienza per l’ulteriore trattazione sarà fissata dal presidente della Sezione immediatamente dopo il deposito della relazione finale del consulente tecnico d'ufficio.

 

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