"Essendo stata la mancata partecipazione il frutto di una libera scelta dettata dalla volontà dell’operatore, non si può ravvisare una violazione del principio di non discriminazione."
Richiama un principio già espresso la sentenza con cui il Consiglio di Stato respinge l’appello presentato da un bookmaker online maltese operante in Italia, per la riforma della sentenza del Tar Lazio che ha confermato la validità dei provvedimenti attuativi dei commi 643 e 644 dell’articolo 1 della legge di Stabilità 2015 relativi all'introduzione della procedura per la regolarizzazione fiscale per i soggetti “che comunque offrono scommesse con vincite in denaro in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli”.
L'appellante, si legge nella sentenza, "nel sostenere che, siccome le concessioni ex bando Bersani ed ex bando Monti continuano ad essere esistenti, tutto il sistema concessorio sarebbe illegittimo, ha ripercorso la normativa e la giurisprudenza nel settore delle scommesse in Italia per evidenziare come oggi sarebbe stato risolutivo per il bookmaker maltese avere avuto la possibilità di partecipare alla regolarizzazione fiscale per emersione".
Per il Collegio di Palazzo Spada è "è infondata la prospettazione secondo cui la normativa in esame si sarebbe rivolta soltanto ai soggetti evasori dell’imposta unica di cui al Dlgs. 23.12.1998, n. 504, con ciò impedendo di partecipare alla sanatoria a coloro che, come i ricorrenti, dichiarano di avere sempre assolto il corrispondente obbligo fiscale".
La regolarizzazione della posizione per la società maltese e i suoi centri affiliati, rimarca il CdS, "sarebbe stata possibile e non è avvenuta per il fatto che gli stessi non hanno presentato la relativa domanda pur avendone titolo".
Rispediti al mittente i motivi di ricorsi con cui il bookmaker ha supposto l'illegittimità costituzionale delle norme - "nella parte in cui non ha previsto la possibilità di ottenere un titolo abilitativo in favore di coloro che hanno già regolarmente pagato l'imposta unica, mentre agli evasori è stata altresì concessa un'amnistia 'mascherata' per il reato ex art. 4 l. n. 401/1989, l'ottenimento di un titolo abilitativo per operare nel settore delle scommesse (la licenza ex art. 88 Tulps), oltre che un condono fiscale" – e chiesto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia onde verificare se siano in contrasto con gli articoli 49, 56, 107 e 109 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Rinvio bocciato in quanto, scrivono i giudici, "la corretta applicazione del diritto dell’Unione è chiara e non lascia adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione della questione sollevata. La questione pregiudiziale europea, una volta chiarito che l’opportunità di regolarizzazione è stata disciplinata anche in favore di coloro che, versando nella situazione prevista dalla norma, hanno adempiuto all’obbligazione tributaria e che, quindi, nessuna discriminazione può discendere dal testo di legge, si presenta irrilevante. Inoltre, la corretta applicazione del diritto dell’Unione è chiara e non lascia adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione della questione sollevata. Né alla Corte di giustizia dell’Unione europea può essere demandata la valutazione di profili di merito della causa (cfr., in punto di inammissibilità delle relative questioni, Cons. Stato, VI, 7 gennaio 2025, n. 80; Cons. Stato, VI, 13 novembre 2024, n. 9138, che richiamano giurisprudenza europea).
In linea generale, il Collegio rileva che la finalità dell’obbligo del rinvio pregiudiziale è quella di assicurare l’uniforme applicazione del diritto dell’Unione, la quale sarebbe pregiudicata laddove all’interno dei vari ordinamenti nazionali si consolidassero orientamenti ermeneutici difformi.
Di talché, il giudice nazionale di ultima istanza, ai sensi dell’art. 267, comma 3, Tfue, è obbligato a sollevare la questione di pregiudizialità comunitaria, con le sole eccezioni individuate dalla stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza c.d. Cilfit del 6 ottobre 1982, causa 283/81, e, più recentemente, nella sentenza c.d. Consorzio Italian Management/Catania Multiservizi 6 ottobre 2021, causa 561/19".