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Tar: 'Ctd, normativa italiana su concessione per bookmaker va disapplicata'

08 agosto 2024 - 17:54

Con una sentenza, il Tar Catania ritiene di dover disapplicare la normativa italiana sulla necessità di una concessione per esercitare l'attività di racconta di scommesse.

Scritto da Amr

Foto di Luke Michael su Unsplash

Alla luce della prassi giurisprudenziale ma anche dai principi affermati dal Consiglio di Stato, secondo i quali  i quali il giudice deve interpretare una “norma di diritto interno in termini non contrastanti con il diritto dell’Unione Europea, secondo quanto risultante da una pronunzia della Corte di Giustizia”, il Collegio ritiene di !dover disapplicare la normativa italiana che prevede la necessità della concessione in capo al bookmaker, ai fini del legittimo esercizio dell’attività di raccolta di scommesse”.

Con questa motivazione il Tar Sicilia, sezione staccata di Catania, ha accolto il ricorso che era stato presentato da un esercizio commerciale cui la Questura di Enna aveva vietato di svolgere la propria attività di trasmissione dati relativa a scommesse in un locale di Troina.
La Questura aveva motivato il provvedimento di “immediata cessazione dell'attività” sull'unico presupposto che  “la società Stanleybet Malta Ltd. sia priva di titolo autorizzatorio rilasciato dal ministero dell’Economia e delle Finanze - Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (sic), ritenuto indispensabile ed essenziale per il rilascio del prescritto titolo di Polizia”.

Tuttavia, i giudici ricordano, con particolare riguardo alla questione Stanleybet, che “è intervenuta in diverse occasioni la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha dichiarato l’incompatibilità tra il diritto europeo e, nello specifico, le libertà di stabilimento e di prestazione di servizi riconosciuti dai Trattati, e la vigente disciplina italiana in materia di scommesse”.
Ossia, “in altri termini, la Corte ha censurato la normativa italiana in materia di raccolta di scommesse, nella misura in cui comporta l'esclusione dalle procedure concessorie di talune società di capitali, aventi sede in Stati europei, come la Stanleybet, e, al contempo, prevede sanzioni penali nei confronti degli esercenti dei Centri di trasmissione dei dati che, non avendo potuto ottenere l’autorizzazione di polizia per il suddetto illegittimo motivo, esercitino l'attività di raccolta di scommesse in via telematica con tali società”.

A seguito di tali pronunce, la giurisprudenza nazionale risulta conforme nel ritenere che la Corte di Giustizia abbia “quindi creato in via giurisprudenziale una sorta di sanatoria”, per cui la posizione di Stanleybet si pone quale “eccezione alla regola” e di conseguenza, sempre come si legge nella sentenza, si è venuta a creare in Italia una sorta di “prassi” giurisprudenziale, per cui «accanto agli operatori nazionali dotati di concessione e di autorizzazione (…) opererebbero, in base alla libertà di stabilimento garantita dall’art. 49 Trattato sul funzionamento dell’Unione – Tfue anche soggetti i quali, autorizzati alla raccolta delle scommesse in base alle norme di altro Stato dell’Unione, eserciterebbero tale attività in Italia senza concessione od autorizzazione alcuna”.

Dunque, “non possono venire applicate restrizioni quali quelle oggetto del presente procedimento ai titolari di centri di trasmissione dati contrattualmente legati all’operatore Stanleybet, di per sé illegittimamente ostacolato nell’accesso al sistema concessorio italiano”.

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