Tar Emilia: 'Delocalizzazione sala gioco, no ad altre proroghe'
Il Tar Emilia Romagna boccia il ricorso di un concessionario contro il no della Questura di Rimini all'ulteriore proroga per la delocalizzazione di una sala giochi.
Nessuna ulteriore proroga del termine previsto per la chiusura o la delocalizzazione: lo sancisce il Tar Emilia Romagna a proposito di una sala giochi di Rimini al centro di un ricorso proposto da un concessionario di Stato contro il provvedimento con cui il locale questore ha chiesto la restituzione della licenza di Pubblica sicurezza per l'esercizio dell'attività di raccolta delle scommesse per la violazione della normativa regionale, secondo la mappatura del territorio comunale effettuata con la deliberazione di Giunta n° 388/2019.
Con una serie di atti il Comune di Rimini fra il 2021 e il 2022 ha disposto più volte la proroga di sei mesi del termine di chiusura per consentire la delocalizzazione richiesta dal ricorrente presso area del Comune di Forlì., in mancanza della quale alla fine dello scorso anno ha chiesto indietro la licenza.
Per i giudici amministrativi, che hanno ritenuto il ricorso infondato e lo hanno respinto, “con il provvedimento impugnato il questore ha correttamente preso atto della definitività dei provvedimenti comunali con cui è stata disposta la chiusura dell’attività della ricorrente, non potendo svolgere l’attività di raccolta del gioco lecito. Come noto l'esercizio di sale scommesse e di altri giochi leciti è soggetto alla licenza del questore di cui all’art. 88 Tulps, tenuto a verificare sia i requisiti richiesti dalla legislazione di pubblica sicurezza, che il rispetto delle normative in materia di distanze minime di tali attività commerciali da luoghi considerati sensibili, ovvero da tutti quei luoghi, in primis gli istituti scolastici, nei quali si presume la presenza di soggetti di giovani e minori (Consiglio di Stato sez. III 27 luglio 2018, n. 4604).
Ne consegue il carattere del tutto vincolato del provvedimento impugnato, alla stregua di una decadenza, non potendo il questore mantenere una licenza relativa ad attività non più consentita per effetto della normativa in tema di c.d. distanziometro, ritenuta conforme a Costituzione con particolare riferimento all’art. 41 c. 2 Cost. (Consiglio di Stato, sez. V, 4 dicembre 2019, n. 8298) compatibile con la normativa euro unitaria (ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 11 marzo 2019, n. 1618 e id., 19 marzo 2019, n. 1806) e mezzo idoneo al perseguimento degli obiettivi prefissati di contrasto al fenomeno c.d. della ludopatia (così, con specifico riferimento alla normativa della Regione Emilia Romagna, sia pure in riferimento al Comune di Bologna, Consiglio di Stato, pareri n. 686/21, n. 1840/21 e 550/22; ma, più in generale, cfr. tra le altre anche Consiglio di Stato, sez. V, 6 luglio 2018, n. 4147)”.
Per il Tar Emilia Romagna la sala giochi al centro del ricorso non rientra negli ambiti di applicazione della successiva delibera di giunta regionale n° 68 del 2019, nella quale tra l’altro si stabilisce “che 'al fine di salvaguardare gli investimenti effettuati e tutelare il legittimo affidamento degli operatori economici, l’aggiornamento della mappatura non ha effetto nei confronti di chi, nel rispetto della mappatura vigente, esercita l’attività o l’ha delocalizzata, per un periodo congruo a consentire l’ammortamento degli investimenti effettuati, comunque non eccedente la durata massima di dieci anni dalla notifica dell’approvazione dell’aggiornamento della mappatura'.
La ratio della deroga è quella esplicitata nella previsione stessa, cioè di tutelare il legittimo affidamento da parte di coloro che 'regolari ab origine' o 'regolarizzati mediante successiva delocalizzazione', potrebbero aver fatto degli investimenti. A questi soggetti, e solo a questi, la delibera riconosce, in ragione del legittimo affidamento e in relazione all’entità dell’eventuale investimento effettuato, la possibilità di non dover chiudere entro i termini ordinari previsti nella delibera n. 831, cioè sei mesi dalla comunicazione dell’avvenuta mappatura. Per questi, e solo per questi casi, la delibera consente, in presenza di nuova mappatura, di fare istanza di delocalizzazione, anche se i termini iniziali per la delocalizzazione fossero già scaduti (proprio perché il titolare, essendo in regola e non avendo – o non sapendo ancora di avere - luoghi sensibili nelle vicinanze non aveva chiesto di delocalizzare). La possibilità di chiedere la delocalizzazione (con riapertura dei termini) è legata alla nuova mappatura ed è riservata a chi prima non lo ha fatto perché in regola e che ora può invece ritenere di farlo perché si ritrova ad una distanza inferiore a 500 mt da un luogo sensibile, come 'certificato' dalla nuova mappatura'”.
Nel caso di specie, conclude la sentenza, “è vero che il Comune soltanto con la seconda mappatura disposta con la delibera di giunta comunale n° 388/2019 ha effettivamente individuato luoghi sensibili posti nel raggio di 500 mt. dalla sala giochi della ricorrente, nulla invece rilevandosi nella prima mappatura disposta con delibera di giunta comunale n° 340/2017.
Non di meno preme però rilevare come tale prima ricognizione effettuata dall’Amministrazione comunale sia stata dichiaratamente provvisoria attesa la necessità di ottenere la mappatura da parte dei comuni contermini, secondo le stesse previsioni della Dgr n° 831/2017, elemento decisivo per negare l’esistenza di un legittimo affidamento in capo alla ricorrente, quale operatore economico operante da anni nel settore della raccolta del gioco lecito a conoscenza, secondo l’ordinaria diligenza esigibile 'eiusdem professionis et condicionis' delle disposizioni normative ed amministrative vigenti.
L'ordinamento, infatti, tutela come noto l'affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole (ex multis Tar Campania Napoli sez. IV, 5 gennaio 2022, n. 93; Consiglio di Stato, sez. IV, 28 febbraio 2017, n° 908)”.
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