King's Resort vs. Facebook, il gioco pubblico è calpestato giornalmente dall'illegalità, si faccia chiarezza
Il caso del King's Resort e la maxi causa legale a Facebook è il bubbone scoppiato di anni di disparità e ingiustizie sul gioco legale.
Ci voleva Leon Tsoukernik per sperare di fare giustizia tra le tante incongruenze che ha la gestione dei social network da parte di sua Maestà Mark Zuckerberg. La combo regolamento Facebook+Decreto Dignità ha consacrato la totale ingiustizia nella gestione delle pagine che trattano il gioco d’azzardo.
Quello che è successo al King’s Resort di Rozvadov, qui trovate la storia che abbiamo raccontato venerdì scorso, è il paradigma perfetto di quello che abbiamo vissuto negli ultimi due anni e mezzo nel poker e nel gioco legale sui social network. In maniera specifica proprio su Facebook.
Entrato in vigore il decreto Dignità che ha vietato qualsiasi forma di pubblicità di gioco legale (ricordiamolo sempre, si vieta la pubblicità ad un’attività considerata legale) tutte le principali società di gioco hanno dovuto chiudere le loro pagine ufficiali che avevano fatto crescere a suon di sponsorizzate e campagne promo pagando fior di quattrini. Così, da un giorno all’altro, al signor Zuckerberg non è importato nulla.
Detto questo alcune pagine di poker player (vedi quella dell’amico Gabriele Lepore) venne inspiegabilmente chiusa e altre vennero tenute aperte altrettanto senza motivo.
Poi, passati i primi mesi di paura e di incertezza, un po’ tutti i circoli di poker, i bookmakers illegali e anche quelli legali, hanno iniziato a sfruttare altri canali e a fare un po’ di gioco sporco. Di annunci come quelli che ha ricevuto il King’s Resort ne abbiamo visti a bizzeffe. Ora su Instagram, sempre della famiglia di Zuckerberg, girano numerose stories da Swipe up in cui dei tipster burini e sgraziati lanciano soldi e fanno vedere guadagni pazzeschi con le scommesse sportive. Ovviamente un metodo per vincere non esiste e possiamo già dire senza timore di essere smentiti che trattasi di truffe e di annunci assolutamente da denunciare e condannare.
Ma mai nessuno si è alzato per cercare di difendere gli interessi di chi rispetta le regole, la legge e il decreto Dignità. La dignità la perde chi confeziona questi annunci ma alla fine dei conti i soldi entrano e se la morale di questi soggetti è sotto le scarpe allora quali problemi potrebbero mai avere? Nessuno.
Come al solito qualcuno doveva pestare i piedi alla persona sbagliata, Leon Tsoukernik, che ha ragione da vendere. E tifiamo per lui, perché, al di là dei 20 milioni di euro di causa intentata contro Facebook, speriamo che in tribunale vengano messi a punto alcuni principi di base e siano chiariti alcuni concetti. Le regole devono essere valide per tutti e non si possono applicare a sorteggio altrimenti si generano ingiustizie e disparità gravissime di trattamento. Ma soprattutto ci interessa capire come si applicano i controlli se a società perfettamente legali si vietano le sponsorizzazioni sui social e poi nascono questi casi gravissimi.
Intanto i Governi parlano, alcuni politici inveiscono contro i colossi del web ma le leggi continuano a penalizzare sempre e solo le attività legali che pagano le tasse nello Stato di riferimento. A sua volta il gioco pubblico prende bastonate da Facebook e altri colossi senza che nessuno alzi un dito. Magari sarebbe il caso di iniziare a fare qualcosa?