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Casinò e giochi, tra entrate erariali e ricadute sociali

14 settembre 2024 - 09:31

Giochi 'pubblici' e casinò accomunati da un'immagine controversa, come pure dall'obbligo di versa l'Isi, le cui norme sono all'esame parlamentare.

Scritto da Mauro Natta

Foto di FRANCESCO TOMMASINI su Unsplash

Ho letto con interesse l’articolo nel quale Giuliano Frosini di Igt all'Easg Conference afferma: “il gioco pubblico legale ha un’immagine controversa in cui gli elementi positivi (il gioco come fonte di occupazione e di innovazione nonché di entrate erariali) sono contrapposti ad elementi giudicati socialmente negativi...”. 

Tra il gioco pubblico mi pare possibile inserire le case da gioco italiane autorizzate e ritengo che non mi si possa dare torto.
Ancora leggo: “Tra il 1990 e il 2003 la ricerca di entrate fiscali aggiuntive ha portato il gioco pubblico d’azzardo a diventare uno strumento primario di leva fiscale per soddisfare le crescenti esigenze di spesa pubblica”. Tra questa quelle degli Enti titolari di autorizzazioni ad avere un casinò sul proprio territorio.
“Dal 2003 si è assistito a un radicale cambiamento del modello istituzionale di regolamentazione e di governance. Si è passato da una politica fiscale, alla costruzione della economia dei giochi con una serie di benefici correlati, quali il miglioramento  nell’efficienza operativa alla tutela dei consumatori dei ricavi e dei profitti, nonché la creazione di posti di lavoro e l’attrazione di investimenti nel settore”.  
“Peraltro, un ulteriore vantaggio derivante dall’istituzione del monopolio nel settore del gioco d’azzardo si riconduce alla generazione di risorse aggiuntive per l’erario con cui finanziare programmi sociali, servizi pubblici, istruzione, sanità e altre iniziative (si veda nota precedente in grassetto, ndr)  a beneficio della collettività...”

Qui mi fermo perché ho letto che la Commissione bilancio della Camera ha dato parere favorevole allo schema di Dlgs sui tributi minori e che comprende anche l'imposta sugli intrattenimenti (Isi) e che prevede, all’allegato 2, il 10 percento sui proventi di gioco per i casinò a titolo di imposta. Credendo di non essere fuori tema, indico nuovamente i casinò appena precisati, ricompresi nel gioco pubblico.
Non mi pare, purtroppo, esagerato pensare di essere tornati al periodo tra il 1990 e il 2003 quando la ricerca di entrate fiscali aggiuntive ha portato il gioco pubblico d’azzardo a diventare uno strumento primario di leva fiscale per soddisfare le crescenti esigenze di spesa pubblica. 

Ho qualche difficoltà a comprendere che dal 2003 si è assistito a un radicale cambiamento del modello istituzionale di regolamentazione e di governance. Si è passato da una politica fiscale, alla costruzione della economia dei giochi con una serie di benefici correlati, quali il miglioramento  nell’efficienza operativa alla tutela dei consumatori dei ricavi e dei profitti, nonché la creazione di posti di lavoro e l’attrazione di investimenti nel settore. 

E ancora meno che un ulteriore vantaggio derivante dall’istituzione del monopolio nel settore del gioco d’azzardo si riconduce alla generazione di risorse aggiuntive per l’erario con cui finanziare programmi sociali, servizi pubblici, istruzione, sanità e altre iniziative a beneficio della collettività …
Mentre, invece, si opera per diminuire le entrate tributarie degli enti pubblici periferici che vengono, come venivano, impegnati per finanziare programmi sociali, servizi pubblici, istruzione, sanità e altre iniziative a beneficio della collettività.
Sicuramente non conosco il numero delle Commissioni che dovrebbero dare parere favorevole al decreto previgente le imposte minori e la scadenza è, mi pare, il 31 dicembre del 2025.

Chiaramente non riesco ad immaginare né i tempi né le modalità. Trovo strano che alcune osservazioni, oggetto di commento  da parte mia in un recentissimo articolo, non abbiano prodotto discussioni. Non tanto da parte dei parlamentari componenti la commissione quanto dei parlamentari eletti nei collegi corrispondenti alle Regioni ove si trovano le case da gioco italiane,   e neppure degli attuali gestori pubblici per quanto a mia conoscenza.
Ma quello che temo di trovare, forse non subito e spero vivamente nemmeno a breve, che la materia del decreto in parola sia accantonata o, peggio, ignorata dalla politica locale stante gli argomenti che, senza dubbio, dovrebbero formare, prossimamente, oggetto di sicuro interesse.

In conclusione ho cercato di esprimere, spero in modo abbastanza leggibile, la preoccupazione di chi conoscendo il mondo delle case da gioco italiane, da moltissimo tempo segue il trend del mercato dell’azzardo, ha visto col mutare delle condizioni economiche il continuo calo dei ricavi e delle entrate tributarie a favore degli enti pubblici periferici e non può sottacere la rilevanza della concorrenza interna il gioco online e di Paesi oltre confine.

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