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Dissesto Comune Campione, CdC condanna ex sindaca Piccaluga a pagare 117mila euro

30 giugno 2023 - 18:29

La Corte dei Conti condanna diversi ex amministratori del Comune di Campione d'Italia, nessun addebito per Salmoiraghi e Balsamo.

Scritto da Anna Maria Rengo
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Con un decreto, che fa seguito all'udienza di giugno che aveva coinvolto diversi ex amministratori e revisori dei conti del Comune di Campione d'Italia accusati dalla Procura di Como di avere provocato, attraverso varie delibere e a vario titolo, il dissesto dell'ente, dichiarato nel 2018, la Corte dei Conti ha accertato la responsabilità dell'ex sindaca Maria Paola Mangili Piccaluga, dell'ex vicesindaco Florio Bernasconi e di  Armando Bresciani, Mariano Zanotta, Diego Gozzi e Pierantonio Montagnini, respingendo invece la domanda che la Procura aveva formulato nei confronti dell'ex sindaco Roberto Salmoiraghi, dell'ex vicesindaco Alfio Balsamo e di Antonella D'Aniello, Salvatore Palmi e Giovanni Toninelli, per i quali si è anche disposto che sarà il Comune di Campione a pagare le loro spese legali.

Invece Piccaluga è stata condannata a pagare 117.132 euro a favore del Comune, Armando Bresciani 1.057 euro, Mariano Zanotta 18.871 euro, Diego Gozzi 1.030, Florio Bernasconi 18.220 euro e Pierantonio Montagnini 16.952 euro.  
Nei confronti di Piccaluga, Bresciani, Zanotta, Gozzi e Bernasconi vengono inoltre applicate per 10 anni le misure interdittive previste previste dall’art. 248, comma 5, del d.lgs. 267/2000 (dunque non possono ricoprire incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti  responsabili  ai  sensi del periodo precedente, inoltre, non sono candidabili), mentre nei confronti di Montagnini si applicano per 5 anni le misure previste dallo stesso articolo, ma al comma 5 bis (dunque non può essere nominato nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili).

LA SODDISFAZIONE DI BALSAMO - Anche se rammaricato delle numerose condanne, esprime soddisfazione per il suo caso personale l'ex vicesindaco sotto l'amministrazione Salmoiraghi, Alfio Balsamo: "Dopo cinquant'anni di politica e trenta di amministrazione pubblica sono finalmente fuori da ogni possibile coinvolgimento nei disastri di Campione e ringrazio il mio avvocato Eugenia Rallo per la professionalità con cui mi ha assistito".

LE MOTIVAZIONI DEI GIUDICI - Per quanto riguarda le delibere di riduzione dei contributo e modifica della convenzione con il Casinò, la Corte dei Conti sottolinea che con esse gli amministratori "hanno violato le finalità per le quali il Rdl 2.3.1933 n. 201 aveva autorizzato l’esercizio del gioco d’azzardo" e "hanno ridotto ogni garanzia sul pagamento del contributo demandando di fatto alla società, quantificazione e modalità di pagamento del contributo" ed è vero che "dall’esame delle delibere, si evince che gli amministratori, anziché salvaguardare l’equilibrio di bilancio dell’ente, hanno agito al fine di sostenere finanziariamente il Casinò. Tuttavia, diversamente da quanto sostenuto dai resistenti, l’uso a vantaggio di un terzo, anziché dell’ente amministrato, delle funzioni pubbliche loro attribuite con relativo nocumento alle finanze dell’ente, costituisce condotta illecita fonte di responsabilità".
Inoltre, "la casa da gioco è, comunque, fallita trascinando anche il comune nel default, per cui le illegittimità commesse si sono rivelate del tutto inidonee anche al perseguimento del fine dichiarato".

LE ANTICIPAZIONI DI TESORERIA - Quanto al ricorso alle anticipazioni di tesoreria, "secondo i conteggi eseguiti dalla Guardia di Finanza gli importi relativi all’anticipazione di tesoreria e all’utilizzo della cassa dell’Ente (Chf. 49.043.773,34) risultano all’incirca pari all’importo del contributo non trasferito dalla casa da gioco, negli anni 2013-2016, pari a complessivi CHF. 47.217.318,65. In tal modo, quindi, gli amministratori del Comune hanno indirettamente finanziato la casa da gioco, ai danni dell’ente".

LE VIOLAZIONI NELLA GESTIONE DEL COMUNE - La magistratura contabile ricorda che "I resistenti hanno sostenuto, per legittimare la propria condotta ed andare esenti da responsabilità, che la Sezione di controllo ha approvato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-bis Tuel e che la Sezione stessa ha, successivamente, accertato il raggiungimento del riequilibrio finanziario (deliberazione n. 194/2016/Prsp)", ma "tale argomento non può essere condiviso", innanzitutto perché "la Sezione controllo aveva rilevato una serie di criticità alla base dello stato di disequilibrio finanziario del Comune nel corso dell’istruttoria avviata in seguito al ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale approvata dal Comune di Campione d’Italia con delibera C.C. nr. 28 del 30/11/2012". Inoltre, "anche i successivi controlli della Sezione e lo stesso accertamento del raggiungimento del riequilibrio finanziario sono stati ottenuti, secondo la Guardia di Finanza, la Ct del dott. Cervellini e la documentazione versata in atti, tramite artifici contabili che hanno determinato l’alterazione del risultato di amministrazione, con occultamento dell’effettivo disavanzo da ripianare, mantenendo fittiziamente gli equilibri di bilancio e scongiurando un disavanzo di esercizio che avrebbe messo in discussione il piano di riequilibrio adottato per il periodo 2013/2015".

LE OMISSIONI DEGLI AMMINISTRATORI - La CdC elenca poi diversi comportamenti omissivi: "il Comune non risulta aver mai adottato efficaci misure di salvaguardia (artt. 193 Tuel), né avere assunto iniziative per tutelarsi: non ha adottato misure prudenziali, quali l’accantonamento a Fondo crediti di dubbia esigibilità, con la conseguenza che somme accertate e non riscosse sono state comunque destinate al finanziamento di spese esigibili; non ha attuato le tutele previste dalla convenzione per il caso di inadempienza del Casinò che all’art. 22, n. 2: 'Revoca e decadenza' prevedeva, tra i motivi che avrebbero comportato la decadenza dalla gestione della casa da gioco, il 'reiterato mancato versamento, non motivato, del contributo dovuto al Comune a norma dell'art. 9, decorso il termine per procedere al pagamento, non inferiore a trenta giorni, assegnato dal Comune con atto di diffida e messa in mora da inviare a mezzo Pec'; non si è attivato, pur essendone l’unico socio, perché il Casinò provvedesse a razionalizzare e contenere le spese che, a fronte delle ingenti perdite"; e ancora "non ha assunto a sua volta idonei provvedimenti per ridurre le proprie spese".
Quindi, "il dissesto è (...) causalmente ricollegabile, almeno in gran parte, all’attività degli amministratori, con i dovuti distinguo" e "vi è da sottolineare che gli amministratori hanno la doppia responsabilità sia della decozione dell’ente sia del mancato controllo e gestione del casinò del quale il Comune era unico socio e titolare della concessione sul gioco d’azzardo".
"La contrazione degli affari della casa da gioco e il rapporto sfavorevole euro/franco, invocati dai resistenti quale causa del dissesto, sono stati certamente altre concause del dissesto, ma non le uniche e non sono tali da esimere da responsabilità i convenuti", sottolinea la sentenza. Anzi, il difficile contesto nel quale si trovavano ad operare avrebbe dovuto indurre gli amministratori a porre la massima attenzione e diligenza nello svolgimento delle loro funzioni".
Non solo: "la condotta illecita degli amministratori, invece, è stata favorita e occultata dalle gravi negligenze e dall’ingiustificabile inerzia dei revisori contabili".

LE SINGOLE POSIZIONI - Secondo i giudici contabili "non è possibile differenziare le responsabilità tra i vari componenti di giunta e di consiglio in quanto tali organi rispondono collegialmente del loro operato per cui la responsabilità per la delibera 'dannosa' viene imputata a tutti i componenti che l’abbiano votata favorevolmente (art. 1 ter l. 1994/20). Tuttavia, occorre fare un doveroso distinguo tra le amministrazioni che si sono succedute nel tempo e ugualmente differenziare la posizione dei revisori".

L'AMMINISTRAZIONE PICCALUGA - Come si legge nella sentenza, "l’amministrazione del periodo 2012-2017 è la principale responsabile per le plurime e reiterate illegittimità commesse nel quinquennio in cui è stata in carica che hanno senza dubbio concausato il dissesto dell’ente".

L'AMMINISTRAZIONE SALMOIRAGHI - Tale amministrazione è stata in carica soltanto un anno "ed ha ereditato una situazione di dissesto se non irreversibile, almeno difficilmente sanabile in breve tempo. In data 9.1.2018, inoltre, la Procura della Repubblica aveva chiesto il fallimento della società che gestiva il Casinò".
E’ vero, secondo i giudici, che "le delibere assunte da questa amministrazione non si sono discostate di molto dalla gestione precedente. Rilevano in particolare la G.C. n. 35/2018 con la quale la Giunta nuovamente deliberava di concludere imprecisate intese con la casa da gioco che prevedessero la possibilità di ulteriormente dilazionare il pagamento dei contributi, ivi compresi gli arretrati; la G.C. 63/2017 e C.C. 16/2017 di approvazione del bilancio di previsione 2017-2019 mantenendo tra i residui attivi l’area T4, nonostante il parere negativo del revisore dei conti, ed il persistente ricorso alle anticipazioni di tesoreria per il finanziamento delle spese correnti.
Tuttavia, non vi è prova che tali illegittimità abbiano contribuito a causare o ad aggravare il dissesto, non essendo state prese altre decisioni foriere di danno nuove e ulteriori rispetto alla passata gestione e, anzi, in questo periodo la situazione debitoria era diminuita."

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