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La Cassazione ribadisce: 'Casinò, Corte costituzionale stigmatizza normativa disorganica'

05 febbraio 2024 - 11:10

La Cassazione torna a ricordare i rilievi critici della Corte costituzionale in materia di casinò ed evidenzia il ruolo di servizio pubblico che svolgono.

Scritto da Anna Maria Rengo

"Sin dal d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito nella legge 13 settembre 2012, n. 158 (la legge Balduzzi Ndr), si è andato profilando l'intervento del legislatore a tutela dei rischi correlati alla dipendenza da gioco", in relazione a tale disciplina la Corte costituzionale  "ha evidenziato come la potestà statuale nella materia del gioco d'azzardo venisse a giustificarsi non solo per ragioni di ordine e sicurezza pubblica ma, soprattutto, per la tutela del diritto alla salute, garantito ex art 32 Cost". Tuttavia, "la disciplina delle case da gioco o casinò tradizionali è invece, rimasta nella sostanza invariata, al punto che la stessa Consulta, già con sentenza n. 152 del 1985 e, ancora, con sentenza n. 291 del 2001, ha stigmatizzato, per la sua disorganicità, la situazione normativa, anche per le modalità di utilizzo dei proventi acquisiti nell'esercizio". Da ultimo, "la legge 9 agosto 2023, n. 111 ha delegato il governo alla revisione del sistema tributario, e al riordino - tra le altre - delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, che si svolgano in luoghi 'fisici', fermo restando il modello organizzativo fondato sul regime concessorio/ autorizzatorio".

Questo, quanto torna a ricordare la Corte di cassazione in una recentissima sentenza nella quale accoglie il ricorso (più precisamente "Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Genova competente ai sensi dell'art. 309, co. 7 cod. proc. pen.") presentato dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Imperia contro l'ordinanza con la quale il tribunale di Genova, in funzione di riesame, aveva in sostanza alleggerito le misure cautelari previste per un uomo gravemente gravemente "indiziato della partecipazione ad una associazione a delinquere finalizzata a commettere un numero indeterminato di truffe aggravate (...) ai danni del Casinò di Sanremo, perpetrate mediante la sistematica sottrazione da parte" di un cartaio/roulettier "di mazzi di carte da gioco, la alterazione di quelle aventi valore 6, 7, 8, 9, la falsa asseverazione della regolarità dei sixain modificati di modo che potessero essere utilizzati dai croupier per le partite del gioco Punto e Banco, partite cui partecipavano lo stesso .ricorrente ed altri sodali, conseguendo, in virtù di tale artificio, rilevanti vincite".

CASINO E SERVIZIO PUBBLICO - La sentenza della Cassazione esamina anche l'evoluzione giurisprudenziale del concetto di "servizio pubblico", per quanto attiene nello specifico i casinò, ritenendo in conclusione della disamina che "l'attività dei casinò concessionari, anche in relazione alle tipologie di gioco che si svolgono ai tavoli, sia riconducibile alla nozione di servizio pubblico". 
Secondo i giudici, infatti, "ciò che ha natura di pubblico servizio non è certo l'esercizio del gioco in sé, bensì: sotto un primo profilo, la gestione delle entrate rivenienti da un'attività di gioco che, per quanto esercitata dalle società concessionarie per un fine di lucro, vale ad assicurare al bilancio dei Comuni ingenti risorse finanziarie, le quali sono ad ogni effetto entrate tributarie (tali classificate sin dalla loro istituzione, come risulta dall'inequivoco tenore letterale dell'art. 19 d.l. n. 318 del 1986, cit., con riguardo ai Comuni di Sanremo e Venezia); da tale gestione conseguono obblighi di rendicontazione e riversamento e la relativa vigilanza è tanto più pregnante in mancanza di un meccanismo di controllo stringente quale quello reso possibile, per gli apparecchi automatici, dall'inserimento nel circuito telematico della rete Adm; sotto altro, e non meno rilevante, profilo, rileva l'attività di controllo che le società di gestione dei casinò svolgono sull'attività di gioco, a tutela dei medesimi beni-interessi enucleati dalla elaborazione giurisprudenziale e dalla Consulta ritenuti meritevoli, quali il contrasto alla ludopatia, ma anche il contrasto alle possibili e svariate attività criminali (riconducibili alle frodi, al riciclaggio, all'evasione fiscale) correlate al maneggio di ingenti flussi di danaro".

IL RUOLO DEL CARTAIO - I giudici si soffermano poi sulla qualifica del cartaio, "essendosi dedotto in ricorso che tale operatore svolgerebbe attività di natura meramente esecutiva e materiale".
Il cartaio, "come ricostruito dai Giudici di merito nella vicenda che occupa, era addetto a preparare i sixain di carte, che termosigillava con una fascetta di sicurezza su cui apponeva numero e data dell'operazione, unitamente alla propria sigla; a riporli negli armadi di interscambio da dove venivano prelevati dai croupier; a disporre la sostituzione delle carte. che riteneva usurate.
Si tratta di compiti esecutivi, ma contraddistinti da un coefficiente di autonomia e di discrezionalità tipiche delle mansioni di controllo, implicanti poteri di verifica e di natura certificativa - sia pure con valenza interna - con riguardo alla attestazione, dallo stesso dovuta, della integrità/conformità alle regole degli strumenti di gioco; compiti che implicano conoscenza e applicazione di normative tecniche, anche se a livello esecutivo, e che involgono profili, sia pure complementari e integrativi, di collaborazione nell'espletamento del pubblico servizio della gestione del gioco riservato al monopolio statuale, con le correlate responsabilità.
Il cartaio, dunque, intervenendo nella cruciale fase della preparazione del gioco e verificandone gli strumenti operativi, garantisce le condizioni per il suo corretto svolgersi; garantisce, dunque, il presupposto delle correlate attività di prelievo di danaro, costituenti ad ogni effetto entrate pubbliche e, in questo senso, può bene essere ritenuto incaricato di pubblico servizio".
Alla luce di ciò, "si impone l'annullamento con rinvio al Tribunale competente del provvedimento impugnato al fine di rivalutare la configurabilità, in termini di gravità indiziarla, di un rapporto sinallagmatico di tipo corruttivo, in forza del quale il cartaio avrebbe percepito dal ricorrente e dai sodali corrispettivi in danaro, per la violazione dei doveri inerenti al servizio espletato".

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