Casinò, gioco 'diversamente pubblico' in cerca di riordino
Come il restante settore del gioco, anche i casinò italiani attendono da decenni un riordino della loro normativa.
Nell’articolo “Una riforma completa e di qualità per un futuro sostenibile” ho letto con parziale soddisfazione che il riordino del gioco pubblico è urgente e necessario, e dovrà essere soprattutto globale. Andando cioè a riformare e riorganizzare l’intero comparto sia fisico che online, e non solo una parte di esso.
Ed ancora: “Quello che è certo, tuttavia è il punto di arrivo al quale si deve arrivare. In una sola parola la sostenibilità (…) Ma deve garantire agli investitori un adeguato ritorno economico. (….) La riforma del comparto dovrà essere orientata prima di tutto alla qualità”.
Ebbene, anche se non è la prima volta che ne scrivo, ritengo ammissibile nel gioco pubblico e fisico comprendere i casinò che da molto tempo attendono una legislazione organica raccomandata dalla Corte costituzionale al legislatore invitandolo a provvedere.
Le osservazioni che mi permetto riguardano, in primis, il ritorno economico che mi pare possa desumersi dai decreti istitutivi, il primo, nel 1927, riguardava Sanremo.
Ma il ritorno economico di cui trattasi deve tener conto del mercato, dei ricavi e dei costi di produzione che direttamente o indirettamente incidono sul volume delle entrate tributarie degli enti pubblici periferici, Comuni e Regione.
Ora la gestione per tutte le case da gioco, che in passato era stata anche diretta, se non ricordo male a Sanremo e a Venezia e affidata al privato sino al giugno 1994 a Saint Vincent, è dell’ente proprietario tramite una società per azioni a capitale pubblico. L’utile di bilancio o la perdita, come è già avvenuto, sono a beneficio o a carico dello stesso concedente.
Sicuramente ne discende che in ogni tipologia di gestione ciò che rileva maggiormente è la quantità delle entrate tributarie che dalla casa da gioco derivano al concedente.
È fuori di ogni dubbio che qualunque imposizione può concorrere al decremento dell’utile e, conseguentemente, delle entrate di cui trattasi.
Le mie nozioni sulle case da gioco in relazione agli obblighi fiscali del gestore, del concedente e del personale risalgono a molti anni or sono. Ho tanto scritto di questo argomento e dei pareri di esperti chiamati ad esaminare le vicende che si sono susseguite sino al 1997 con il decreto n. 314.
Non mi pare il caso di ripetermi ma, come ho suggerito un esempio relativo alla tassazione delle vincite al gioco, così penso che il legislatore potrebbe intervenire a rendere più possibili i benefici per il concedente.
Il tutto si potrebbe definire una partita di giro tra la fiscalità generale con un minor esborso in tema di pensioni compensato da minore imposta personale sul reddito delle persone fisiche e la fiscalità del concedente che ne ottiene una maggiore in entrate tributarie.
Ma la domanda delle domande, cioè come incrementare i ricavi delle case da gioco non è molto dissimile da quella dell’online: come fare per garantire una vera ed efficace qualificazione dell’offerta?
A questo punto arriva l'impellente necessità che tutte le parti in causa, responsabilizzate e consapevoli del loro ruolo, mettano in cantiere ciò che è utile o lo potrebbe essere.