Ho letto dell’esito della causa intentata da 70 dipendenti del Casinò di Saint Vincent per una questione riguardante la mancata applicazione del vecchio contratto come sostenevano o, almeno, così mi pare di aver compreso.
Un contratto di lavoro riporta: “La Società riconosce che, sulla base di una lunga consuetudine (...) il relativo monte mance è ripartito sin dall’origine per il 50 percento fra il personale tecnico di gioco e per il 50 percento è di competenza dell’azienda”.
Occorre controllare, in primis il valore eventuale della lunga consuetudine che, nel caso di specie, correva da quando la casa da gioco aveva due gestori Sitav e Siser, sino al 31 dicembre 2023 e la consuetudine vigeva per due contratti differenti ma, non dovrebbe assumere, eccessiva rilevanza.
Ma ancor più considerare che la consuetudine in parola non mi pare sia richiamata da alcuna disposizione di legge; a parer mio, invece, rileva. Le consuetudini accettate dovrebbero consistere in quanto richiamate da leggi (secundum legem) per quanto poco posso rammentare da quando andavo alle superiori.
Da Cassazione, sezione Lavoro, 18 maggio 1976, n. 1776: “L’uso normativo in forza del quale il giocatore è tenuto ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti al gioco ed il gestore secondo percentuali predeterminate opera l’attribuzione immediata e diretta a ciascuno dei beneficiari.”
Si legge anche: “Il sistema mancia è retto da un uso normativo – si ricava dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti ed il gestore”.
Da Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672: “il primo beneficiario della mancia è indiscutibilmente il croupier, il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia), d’altro canto sarebbe paradossale che partecipi alla vincita chi, perdendo, la deve finanziare, il gestore. Il fatto che quest’ultimo soggetto partecipi ad una parte delle mance fondato su un patto o di un accordo di devoluzione con il quale i lavoratori consentono al datore di lavoro di sottrarre parte di quanto elargito da terzi”.
Questi due brevi accenni a sentenze, che mi rammentano la questione fiscale dei dipendenti tecnici delle case da gioco italiane, mi sembra evidenzino che il gestore partecipi a una parte delle mance in quanto fondato su un patto o di un accordo di devoluzione con il quale i lavoratori consentono al datore di lavoro (...) piuttosto che per lunga consuetudine assolutamente ben distante dal confortare il 50 percento.
Non pare che la percentuale del 50 percento sia stabilita se non da un accordo anche perché : “Il sistema mancia è retto da un uso normativo – si ricava dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti ed il gestore”. E non ho trovato alcunché in conflitto.
Quindi trattabile come nei casi accaduti, esistenti e facilmente controllabili, nei quali la percentuale da 50 è passata a 40 percento o dal 50 al 54 percento; entrambi si riferiscono alla quota del gestore; il primo riguarda la roulette, il secondo lo chemin de fer.
Resto in attesa di conoscerne di più perché sono curioso e poi, anche se dal 2001 sono in pensione, credo che alcuni avranno notato che, scrivendone, mi interesso ancora delle case da gioco e del loro trend produttivo. Qui la curiosità si coniuga con i ricordi di un tempo abbastanza lontano che, però, aiuta a tenermi mentalmente impegnato.
Sicuramente la problematica che nasce dall’esito in primo grado della sentenza di cui trattasi è interessante non solo dal punto di vista giuridico ma dai possibili risvolti per quanto inerisce ai costi di gestione e, conseguentemente, alle entrate tributarie a beneficio dell’ente pubblico titolare della autorizzazione alla casa da gioco.
Non rimane che attendere per conoscere meglio la vicenda sia come e perché è nata sia come si concluderà. Portiamo pazienza, si potrebbe fare altro?