Una soluzione possibile, allorché si decide di unificare un contratto di lavoro per impiegati di gioco (croupier di cui al decreto 314/97) in un casinò dove sono in esercizio giochi francesi ed americani, dovrebbe tener conto di due fattori della massima rilevanza: la professionalità degli addetti intesa come la possibilità di gestire adeguatamente più giochi e, contemporaneamente, le mance che non corrono, nel confronto con i proventi, allo stesso modo.
Il primo inciampo è costituito dalla necessità che impone l’adeguamento dell’offerta alla domanda, quindi, un adeguato numero di impiegati per far fronte al doveroso ed indispensabile impegno di politica produttiva.
Il secondo consiste nel creare una scuola di aggiornamento continuo e un incentivo economico che riesca alla realizzazione di squadre dall’alta professionalità ad ogni livello. È il giocatore il primo che apprezza il miglioramento professionale dell’impiegato e vi trova una motivazione valida a giustificare la propria frequentazione.
Sicuramente il lavoro più impegnativo consiste nell’abbinamento di giochi tale da poter rappresentare il corso di formazione come il più adeguato e produttivo possibile e questo è un compito da affidare alla direzione giochi che ha a disposizione le professionalità e le notizie relative al trend della domanda e delle presenze.
Continuo con le supposizioni in attesa di saperne di più sulla causa intentata da alcuni croupier al Casinò di Saint Vincent e che è stata persa. Immagino una motivazione economica a monte della possibile o probabile situazione venutasi a creare. A pagina 47 del bilancio al 31 dicembre 2023 della Casino de la Vallèe Spa, nota integrativa al conto economico, ho potuto verificare la differente, ben maggiore per il giochi francesi, consistenza delle mance.
Dalla mia esperienza lavorativa trascorsa in continuità col contratto dei giochi francesi, quando esistevano solo questi e dopo con due gestori, non posso ricavare nulla di utile, quindi mi concedo ad ipotesi possibili.
Non mi pare possa esistere una sola strada risolutiva della questione ma intendo indicare quella che mi pare possibile: ammettere la partecipazione al punto mancia gli impiegati sulla scorta dei giochi che possono professionalmente praticare partendo da un monte unico formato dalla somma di tutti i proventi aleatori del periodo, ai miei tempi si chiamava decade, con regolamento logicamente approvato dagli stessi beneficiari.
Certamente non mi soffermo a descrivere altre modalità che dovranno trovare la sintesi tra i beneficiari del punto, tento di affrontare, invece, la problematica puramente economica che ne potrebbe derivare.
Desidero premettere e precisare allo stesso tempo che l’arricchimento patrimoniale derivante dalle mance non è reddito di lavoro dipendente sia per la norma istitutiva della imposta sul reddito delle persone fisiche sia per la lett. i) dell’art.3 del Decreto n.314/97. Se il contratto di lavoro si dovesse allargare a comprendere altro, potrebbe crearsi una successiva discussione differente dalla motivazione a monte, cioè che il datore di lavoro consente l’arricchimento di cui trattasi.
Se l’applicazione del nuovo contratto “unico” dovesse penalizzare il reddito globale del dipendente rispetto a quello goduto con il precedente, forse la situazione potrebbe subire un qualche cambiamento anche di prospettiva.
Da Cassazione, sezione Lavoro, 18 maggio 1976, n. 1776: Si legge anche: “Il sistema mancia è retto da un uso normativo – si ricava dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti ed il gestore”.
Da Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672: “Il primo beneficiario della mancia è indiscutibilmente il croupier, il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia), d’altro canto sarebbe paradossale che partecipi alla vincita chi, perdendo, la deve finanziare, il gestore. Il fatto che quest’ultimo soggetto partecipi ad una parte delle mance fondato su un patto o di un accordo di devoluzione con il quale i lavoratori consentono al datore di lavoro di sottrarre parte di quanto elargito da terzi”.
Mi scuso per aver dovuto ripetere una parte del mio precedente, mi pareva particolarmente rilevante, ne accenno, da non esperto in materia giuridica specifica ma sulla scorta di precedenti avvenuti in una casa da gioco italiana, ecco le ragioni di quanto di seguito.
L’applicazione del nuovo contratto potrebbe penalizzare il reddito globale del dipendente rispetto a quello goduto col precedente esclusivo per i giochi francesi e ipotizzare una richiesta di miglioramento salariale da parte del personale penalizzato non mi pare un evento eccezionale.
Non intendo andare oltre e in attesa di conoscere le motivazioni giuridiche addotte nella causa promossa da una parte dei dipendenti quindi mi fermo all'ipotesi descritta.
Se la problematica si risolvesse con un incremento dei costi il risultato non potrebbe che risolversi in un decremento delle entrate tributarie a beneficio dell’ente pubblico concedente la gestione della casa da gioco.
Ed ecco che ritorno alla sentenza della Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672 ove si legge: “Il primo beneficiario della mancia è indiscutibilmente il croupier, il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia), quindi la certificazione della mancia tassata ai fini Irpef mentre la vincita non lo è a norma delle disposizioni vigenti.
Potrebbe anche succedere, e possiamo solo augurarcelo, che un ripensamento al riguardo della parte più piccola della vincita la porti ad essere diversamente considerata dalle norme di cui al decreto n. 314/97 in tema di contributi pensionistici e imposta sul reddito delle persone fisiche.
Questo da un lato e, dall’altro, una pensione integrativa a carico dei dipendenti a fronte di un risparmio impositivo e una non penalizzazione delle citate entrate dell’ente pubblico.