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Ripartizione mance e multifunzionalità, i due nodi del rilancio del casinò

13 febbraio 2024 - 10:21

Al momento di riflettere sul possibile rilancio di un casinò, ci sono da prendere in considerazione anche i temi della ripartizione delle mance e della multifunzionalità.

Scritto da Mauro Natta
@ Stephen kleckner su Commons Wikimedia

@ Stephen kleckner su Commons Wikimedia

Allorché si ragiona sul rilancio della casa da gioco di Saint Vincent mi pare che un argomento debba essere sempre tenuto ben presente e nella dovuta considerazione stanti gli interessi delle parti in causa. È per questo motivo, della cui validità sono convinto, che mi permetto una premessa doverosa. Il contratto di lavoro relativo ai tecnici delle case da gioco certamente deve tener conto, in tema di politica produttiva, della esigenza di uniformare l’offerta alla domanda ma, al tempo stesso, non si può dimenticare e/o sottacere la rilevanza di quanto, in tema di mance, a datare dal 1954, è  avvenuto al riguardo della ripartizione tra gestore e tecnici, ovvero gli aventi causa.

La sentenza n. 1776 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, recita: “ Il sistema mancia è retto da un uso normativo - si ricava dall’indirizzo  consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti ed il gestore...”. Il primo beneficiario della mancia è, indiscutibilmente, il croupier. Il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia); d’altro canto sarebbe paradossale che partecipi alla vincita chi, perdendo, la deve finanziare: il gestore. Il fatto che quest’ultimo soggetto partecipi ad una parte delle mance, fondato su un patto o un accordo di devoluzione... (Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672).  

Mi pare ragionevole citare quanto precede e, a mio parere, affermare che la parte delle mance devoluta alla gestione precedentemente descritte sono un mezzo per implementare le entrate tributarie dell’ente pubblico titolare della autorizzazione alla casa da gioco. Il concorso delle mance non può non tener conto dei fatti accaduti a Sanremo e a Venezia in tempi diversi ma tutti fondati sulla dimostrazione pratica della rilevanza delle mance, per i dipendenti tecnici. 

La multifunzionalità, non tanto per il beneficio di potere adeguare la produzione in tempo utile, se va ad intaccare il principio della ripartizione tra i dipendenti cambiandolo o per accostamenti di giochi o di reparti potrebbe ingenerare incomprensioni in sede contrattuale.
Ecco i fatti: a Sanremo, dopo l’introduzione della roulette americana affidandola al reparto roulette francese in quanto fonte di minori proventi aleatori; a Venezia per l’incarico alla roulette di svolgere giochi americani poco producenti. D’altra parte, a Venezia abbiamo il caso contrario con lo chemin de fer. In poche parole le mance non sono più divise tra dipendenti e gestione al 50 percento. 

Il quantum, come descritto dalla Cassazione il 9 marzo del 1954, di cui l’ente pubblico beneficia non discende da una norma di legge ma da un indirizzo della giurisprudenza tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto. Quindi modificabile, mi pare, come una condizione contrattuale.
L’evoluzione dell’offerta che vede ultimamente prevalere la presenza dei cosiddetti giochi americani, probabilmente a fronte di un minor costo complessivo del lavoro e, per contro, una migliore immagine in merito al raggiungimento dell’obiettivo di una sorta di autofinanziamento dell’ente pubblico periferico, dovrebbe tener in debita considerazione l’entità dei proventi aleatori proprio in funzione della successiva ripartizione.
Ecco che si presenta una occasione per rammentare quanto l’occupazione diretta e dell’indotto rappresentano, in una località particolarmente nota in campo turistico. un beneficio per lo stesso ente pubblico titolare dell’autorizzazione alla casa da gioco sul proprio territorio.

Forse, almeno in parte, comprendiamo un certo risveglio di interesse per la casa da gioco quale tramite per “addivenire ad un miglioramento dei propri bilanci”. Probabilmente trattasi della motivazione a monte dei decreti dal 1927 in poi e, forse, di quanto ultimamente dichiarato dal relatore della commissione Finanze del Senato. Il mio personale convincimento tende ad evidenziare che le entrate tributare dipendono da due fattori: entrate nette e quota mance per il gestore. Ritengo sia accettabile ragionare nel senso che se la quota mance devoluta al gestore è più alta, maggiore sarà la differenza tra costi e ricavi a favore dei bilanci interessati: concedente e concessionario.
Sono convinto, e penso che quanto citato lo dimostri, che la percentuale sulle mance a favore della gestione può essere conclusa al di fuori del contratto di lavoro e che abbia rilevanza nello stabilire la tassa di concessione, solitamente una percentuale dei proventi netti a favore dell’ente pubblico concedente.

Allorché si legge che “prima dell’incontro con l’azienda (che gestisce il casinò di Saint Vincent, Ndr) ci sono state due assemblee durante le quali la bozza di accordo proposta è stata criticata e vista come al ribasso. Si ritiene che l’azienda non stia venendo incontro e riportando alcuni elementi a come erano nella situazione ante concordato e questo viene visto ecc. ecc.” Ed ancor prima: Se nell’ultima riunione lo Snalc ha lasciato il tavolo della trattativa, evidentemente in dissenso con i punti che si stavano trattando, anche chi è rimasto sottolinea alcune difficoltà. I lavoratori hanno paura che pure la trattativa  sul contratto unico per l’unità produttiva gioco parta al ribasso e c’è dunque sfiducia...”. 

Non conosco altro se non quello che leggo ma, l’esperienza passata insegna che il clima è difficile e poco calzante.  Il seguito potrà, spero, chiarire tutto per il bene di tutti gli aventi causa, ad iniziare dall’ente pubblico concedente.
L’esperienza, anche se è passata molto acqua sotto i ponti da allora e potrebbe darsi che l’atmosfera non sia più la stessa, era appunto quella che chiamavo pax sindacale e non sempre la si trovava. 
Ora non mi pare che esista e non sono a conoscenza delle cause che, anche se narrate, certamente si dovrebbero conoscere ampiamente e, senza dubbio, in una forma ben più completa di quanto è dato leggere.
Chiaramente il presente non vuole assolutamente significare null’altro che il mio interessamento per una situazione che come residente più che ex dipendente mi permette, in ogni caso, di ripensare a problematiche non nuove anche se in tempi differenti, probabilmente più difficili.  
Desidero esprimere, con una espressione che ai miei tempi andava alla grande, il come si presenta la situazione descritta e dare il suggerimento da seguire come allora: decidere sempre e comunque a bocce ferme!

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