Agenzia Entrate, ecco come funzionano Iva e imposte su Betacoin e eSports
Il parere dell'Agenzia delle Entrate su richiesta di Alfa, società che organizza giochi eSports su una app e tramite una moneta Betacoin.
Il Betacoin non può essere considerato un voucher ai fini dei regolamenti che disciplinano questo strumento. E inoltre “la mera detenzione dei betacoin nel wallet personale non conferisce all’utente il diritto di partecipare a una determinata manifestazione sportiva e/o a ricevere certe prestazioni di servizio da parte della Società: non conferisce al possessore alcun diritto se non quello di poterli utilizzare come mezzo di pagamento nell’ambito della piattaforma”. Lo ha chiaro l’Agenzia delle Entrate rispondendo ad un interpello della società Alfa che gestisce giochi online e voleva chiarimenti ai fini dell’Iva e delle imposte dirette.
Ed ecco il fulcro centrale del parere: “(…) gli Utenti non possono concedere in sublicenza, scambiare, vendere o tentare di vendere betacoin in cambio di denaro o scambiare betacoin. Qualsiasi attività o transazione vietata sarà considerata nulla ed inefficace e potrebbe comportare azioni legali nei confronti dell’Utente”.
E ancora: “Quanto a dire dunque che i betacoin fungono da mezzi di pagamento, al pari di una valuta, anche se il loro utilizzo è circoscritto alla piattaforma BETA. In tale contesto, tuttavia, il servizio di conversione degli euro in betacoin non assume rilevanza ai fini IVA poiché effettuato dalla Società a titolo gratuito: dalle informazioni rese e dal Contratto non è desumibile alcuna commissione dalla stessa percepita per questo servizio di cambio valute, peraltro materialmente gestito da un intermediario terzo (i.e. X)”.
L’Istante, attualmente inattivo nelle more dell’inizio attività, chiede quale sia la qualificazione contabile e fiscale dei proventi derivanti dallo svolgimento della suddetta attività e gli adempimenti connessi. Chiede, in particolare, di conoscere il relativo regime IVA, nell’ambito delle prestazioni di servizi rese a committenti privati nazionali, UE, e EXTRAUE, nonché il trattamento fiscale applicabile ai fini delle imposte dirette (IRES e IRAP) dell’attività delineata. Ai fini delle imposte dirette (IRES e IRAP), la Società chiede inoltre di conoscere il trattamento fiscale applicabile alla raccolta dei fondi da convertire in betacoin, e quello inerente alle ”provvigioni” dalla stessa trattenute, nonché la corretta individuazione del momento impositivo.
Ecco il parere dell’Agenzia delle Entrate:
“Il presente parere è reso nel presupposto che la Società sia in possesso degli eventuali requisiti e/o titoli amministrativi, previsti dalla normativa di settore per l’espletamento della prospettata attività, la valutazione dei quali esula dalle competenze di questa Agenzia.
Resta parimenti esclusa dalla trattazione che segue ogni valutazione circa: l’integrazione dei presupposti per l’assoggettamento dell’attività esercitata dall’Istante all’imposta sui servizi digitali, introdotta dall’articolo 1, commi da 35 a 50, della legge di bilancio 2019, e successive modificazioni, non costituendo oggetto dei quesiti formulati; la riconducibilità o meno della medesima ad un’attività di gestione di giochi on line, soggetta a disciplina di specifica competenza dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Rimane, dunque, integro il potere di controllo nel merito da parte degli organi competenti. Per quanto attiene i profili IVA, non si condivide la tesi della Società di considerare la cessione di betacoin agli utenti come cessione di un voucher (buono corrispettivo) di cui alla Direttiva UE 2016/1065 del Consiglio del 27 giugno 2016 (”Direttiva voucher”), trasfusa negli articoli da 6bis a 6quater, e nel comma 5bis dell’articolo 13 del Decreto IVA.
Per l’articolo 1 della Direttiva voucher «(…), si intende per: 1) «buono», uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi e nel quale i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori sono indicati sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative; (…)».
I betacoin non riportano «…i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori…» e dunque non incorporano l’obbligo di essere accettati come corrispettivo di quella particolare cessione di beni o prestazione di servizi, nel senso chiarito dalle numerose risposte a interpello e alle quali si invita la Società a fare riferimento.
In altri termini, la mera detenzione dei betacoin nel wallet personale non conferisce all’utente il diritto di partecipare a una determinata manifestazione sportiva e/o a ricevere certe prestazioni di servizio da parte della Società: non conferisce al possessore alcun diritto se non quello di poterli utilizzare come mezzo di pagamento nell’ambito della piattaforma.
Si ritiene pertanto che questi betacoin rappresentino un mezzo di pagamento poiché il committente può partecipare al gioco solo se, anziché in euro, versa in betacoin la relativa quota di iscrizione, fermo restando che il diritto a partecipare all’egame è conferito con l’iscrizione.
L’accesso alla piattaforma è a titolo gratuito e al riguardo l’articolo 4 del Contratto, rubricato ”Gestione del profilo utente”, precisa tra l’altro che ”L’attivazione del ProfiloUtente abilita i seguenti servizi:
Prenotazione ad evento predefinito sullo specifico videogioco scelto dal Cliente;
Caricamento di denaro al fine di ottenere i betacoin necessari alla partecipazione al singolo torneo;
Restituzione di betacoin e relativo diritto di credito nei confronti della società del denaro corrispondente al numero di betacoin reso: l’utente inoltra una richiesta di conversione e l’operatore provvede tramite il servizio X; (….)”.
A ciò si aggiungono le disposizioni dell’articolo 15 del suddetto Contratto in base alle quali i betacoin possono ”essere utilizzati solo nel contesto della piattaforma e per gli scopi previsti espressamente autorizzati dal Titolare (n.d.r. l’Istante) nel presente contratto….
Di conseguenza, gli Utenti non possono concedere in sublicenza, scambiare, vendere o tentare di vendere betacoin in cambio di denaro o scambiare betacoin. Qualsiasi attività o transazione vietata sarà considerata nulla ed inefficace e potrebbe comportare azioni legali nei confronti dell’Utente”.
Quanto a dire dunque che i betacoin fungono da mezzi di pagamento, al pari di una valuta, anche se il loro utilizzo è circoscritto alla piattaforma BETA. In tale contesto, tuttavia, il servizio di conversione degli euro in betacoin non assume rilevanza ai fini IVA poiché effettuato dalla Società a titolo gratuito: dalle informazioni rese e dal Contratto non è desumibile alcuna commissione dalla stessa percepita per questo servizio di cambio valute, peraltro materialmente gestito da un intermediario terzo (i.e. X).
Nell’istanza, infatti, la Società afferma che ”b) Una volta scaricata l’applicazione, il committente acquisterà betacoin (…), al netto delle commissioni eventualmente applicate dall’intermediario di pagamento (…). Questa fase, tuttavia, non determinerà nessun corrispettivo per la società istante per le considerazioni infra indicate”. Quanto a dire che le eventuali commissioni applicate in questa fase non sono dell’Istante ma dell’intermediario.
Ciò che assume rilevanza ai fini IVA è invece la fee che spetta alla Società ”all’atto dell’iscrizione al torneo” da parte del singolo player, a titolo di remunerazione per il servizio di matchmaking dalla stessa svolta (cfr. articolo 6 del Contratto).
Al riguardo, non sono del tutto chiare le modalità di svolgimento di questa attività. In particolare, la documentazione e le informazioni fornite dall’Istante non consentono di stabilire se la dichiarata attività di matchmaking:
1.sia svolta con le modalità di cui articolo 7 del Regolamento UE n. 282 del 2011, cioè «… attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione (….)»; oppure
pur essendo svolta mediante mezzi elettronici, richieda un intervento umano più che minimo.
Nel primo caso, sarebbe un servizio elettronico la cui territorialità IVA è regolata dall’articolo 7octies del Decreto IVA, con possibilità per la Società di assolvere l’imposta applicando il regime OSS di cui al successivo articolo 74sexies, al ricorrere dei presupposti ivi previsti. Il citato articolo dispone che «1. I soggetti passivi domiciliati nel territorio dello Stato, o ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all’estero, identificati in Italia, possono, ai fini dell’assolvimento degli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per tutti i servizi resi negli altri Stati membri dell’Unione europea nei confronti di committenti non soggetti passivi d’imposta, […] optare per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 74quinquies e dal presente articolo». Da un punto di vista procedurale torna, dunque, applicabile quanto disposto dal comma 2 dell’articolo 74quinquies, secondo cui «I soggetti che si avvalgono del regime previsto dal presente articolo sono dispensati dagli obblighi di cui al titolo II; qualora sia emessa fattura si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti». Pertanto, per quel che qui rileva: a) i corrispettivi percepiti dai consumatori finali nazionali andranno assoggettati a IVA nazionale con aliquota del 22 per cento e documentati con fattura ex articoli 21 e 21bis del Decreto IVA. In tale ipotesi, in sede di registrazione alla piattaforma e attivazione del profilo utente, dovrà essere acquisito anche il codice fiscale del committente, trattandosi di un dato obbligatorio da indicare in fattura; b) i corrispettivi percepiti dai consumatori finali comunitari andranno assoggettati ad IVA secondo le regole disposte dal paese del committente, mediante il sistema OSS, ove opzionato, e non saranno soggette all’obbligo di certificazione, salvo scelta del prestatore e comunque previa autorizzazione del committente stesso; c) i corrispettivi percepiti dai consumatori finali extraUE saranno, infine, fuori campo di applicazione dell’imposta, senza dunque obbligo di certificazione.
Nel secondo caso invece (i.e. pur essendo svolta mediante mezzi elettronici, richiede un intervento umano più che minimo), l’attività di matchmaking sarebbe una prestazione di servizio generica, territorialmente rilevante in Italia ai sensi dall’articolo 7ter del Decreto IVA qualunque sia la residenza (nazionale, comunitaria o extra Ue) degli utenti/soggetti privati.
In quest’ultima ipotesi, il regime OSS non è applicabile e la Società dovrà assoggettare i corrispettivi ad aliquota IVA ordinaria del 22 per cento oltre a assolvere all’obbligo di emettere fattura ex articoli 21 e 21bis del Decreto IVA per certificare il corrispettivo incassato. A tal fine, in sede di registrazione alla piattaforma e attivazione del profilo utente, andrà acquisito anche il codice fiscale del committente, trattandosi di un dato obbligatorio da indicare in fattura. Quanto alle modalità di fatturazione, si ricorda che l’articolo 1, comma 3 del d.lgs. 5 agosto 2015, n. 127 dispone che «Al fine di razionalizzare il procedimento di fatturazione e registrazione, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, sono emesse esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio e secondo il formato di cui al comma 2. […] Le fatture elettroniche emesse nei confronti dei consumatori finali sono rese disponibili, su richiesta, a questi ultimi dai servizi telematici dell’Agenzia delle entrate; una copia della fattura elettronica ovvero in formato analogico sarà messa a disposizione direttamente da chi emette la fattura. È comunque facoltà dei consumatori rinunciare alla copia elettronica o in formato analogico della fattura.».
Il medesimo obbligo di fatturazione elettronica tramite il Sistema Di Interscambio (SdI) non ricorre quando la fattura è destinata a soggetti non residenti (siano essi comunitari o extra Ue): tuttavia, ai sensi del comma 3bis del medesimo articolo 1, «I soggetti passivi di cui al comma 3 trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali é stata emessa una bolletta doganale, quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le modalità indicate nel comma 3 […]».
Pertanto, l’Istante, nei confronti dei committenti non residenti, può scegliere di emettere fattura cartacea/elettronica ordinaria o fattura elettronica tramite SdI: ovviamente, solo l’emissione della fattura elettronica tramite SdI consente di evitare l’invio dell”’esterometro”. Resta comunque fermo, come disposto dal citato comma 3, l’obbligo di mettere a disposizione del committente privato una copia di cortesia della fattura, salvo che il medesimo non decida spontaneamente di rinunciarvi.
Trattandosi di una verifica di fatto, spetta ovviamente all’Istante valutare se la sua attività rientra nell’ipotesi sub 1 oppure sub2.
Con riguardo ai profili relativi alle imposte dirette (IRES e IRAP), si osserva quanto segue.
In merito alla conversione dei depositi dei clienti in betacoin, si condivide la soluzione prospettata dalla Società poiché, ferma restando l’assenza di margini relativi al cambio euro/ betacoin, le somme incassate rappresentano una mera manifestazione finanziaria.
A conclusioni diverse deve pervenirsi in relazione alla commissione applicata dall’Istante in un momento, temporalmente successivo, in cui i giocatori si iscrivono per la partecipazione ad un torneo. Tali componenti di reddito, infatti, costituiscono ricavi ai sensi dell’articolo 85 del TUIR e concorrono alla determinazione della base imponibile della Società ai fini IRES.
Con riguardo all’individuazione del periodo d’imposta in cui tali commissioni concorrono alla formazione dell’IRES stante la qualificazione dell’Istante tra le microimprese di cui all’art. 2435ter del codice civile si applicano i criteri indicati nell’articolo 109, comma 2 che identificano il momento in cui la prestazione di servizi è considerata effettuata (i.e. ultimazione).
Si ricorda che il principio generale che sorregge il vigente sistema impositivo dell’IRAP, così come ridisegnato dalla legge finanziaria 2008 (riforma IRAP), è quello della «presa diretta da bilancio» delle voci espressamente individuate e considerate rilevanti ai fini impositivi. In particolare, l’abrogazione dell’articolo 11bis del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 che riconosceva la rilevanza nell’IRAP delle variazioni fiscali effettuate ai fini delle imposte sul reddito ha determinato lo «sganciamento» del tributo regionale dall’imposta sul reddito stesso rendendo, in tal modo, le modalità di calcolo del tributo più aderenti ai criteri adottati in sede di redazione del bilancio di esercizio (cfr. circolari n. 26/E del 20 giugno 2012, n. 27/E del 26 maggio 2009, n. 36/E del 16 luglio 2009 e n. 39/E del 22 luglio 2009).
Le commissioni percepite dalla Società per i servizi forniti ai propri clienti, dunque, concorrono alla formazione del valore della produzione netta, rappresentando di per sé ricavi per prestazioni di servizi ascrivibili all’attività caratteristica dell’Istante, con il conseguente transito in voci rilevanti ai fini IRAP.
Per quanto riguarda gli obblighi di sostituzione relativi ai premi e alle vincite, in relazione ai quali la Società sostiene che sia «irrilevante la tassazione in capo alle persone fisiche beneficiarie dei premi, con conseguente assenza di ogni adempimento come sostituto d’imposta», si fa presente che, in linea generale, i premi e le vincite sono soggetti all’applicazione delle ritenute fiscali al ricorrere delle condizioni previste dall’articolo 30 del d.P.R. n. 600 del 1973, sempreché gli stessi vengano erogati nell’ambito di uno degli eventi espressamente previsti da tale disposizione e risultino imponibili ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 67, comma 1, lettera d), e 69 del TUIR.
Tuttavia, poiché l’applicazione delle richiamate disposizioni presuppone la necessità di qualificare l’evento nell’ambito del quale i predetti premi sono corrisposti, così come la natura soggettiva del soggetto organizzatore, si fa presente che entrambe tali qualificazioni esulano dalla competenza dell’Agenzia delle entrate in quanto richiedono accertamenti di natura tecnica demandate alla competenza di altre pubbliche amministrazioni (nel caso di specie, Ministero delle Imprese e del Made in Italy e Agenzia delle dogane e dei monopoli).
Per tale motivo, conformemente con quanto da ultimo sostenuto nella Circolare n. 31/E del 2020 (che, sul punto, ribadisce quanto chiarito con la Circolare n. 9/E del 2016), in mancanza di un parere tecnico dell’Amministrazione competente, che il contribuente ha l’onere di acquisire, non è possibile, al momento, fornire alcun chiarimento sul corretto trattamento fiscale dei premi ai fini degli obblighi di sostituzione. Conseguentemente, sotto tale aspetto, l’istanza deve considerarsi inammissibile e, quindi, improduttiva degli effetti previsti dal comma 3 dell’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente.
Resta impregiudicato per la Società, una volta acquisito il parere dell’Amministrazione competente, di presentare interpello ove vi fossero dei dubbi sulla corretta applicazione degli obblighi di sostituzione d’imposta.
Infine, non possono essere oggetto di interpello gli obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione nonché di segnalazione di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 in quanto le disposizioni in materia di antiriciclaggio non sono di competenza dell’Agenzia.
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