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As.tro a Bertolaso (Regione Lombardia): 'Gioco, non confondere raccolta e spesa'

15 ottobre 2024 - 15:40

L'associazione As.tro commenta le dichiarazioni dell'assessore lombardo Guido Bertolaso sulla spesa dei giocatori e chiede esattezza nei dati.

Scritto da Redazione
© Scott Graham / Unsplash

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“Connotare di venature ideologiche la ricerca di soluzioni per risolvere, o quanto meno attenuare, i fenomeni degenerativi correlati al gioco, può essere utile soltanto a fornire argomenti alla propaganda politica, a totale pregiudizio dell’analisi e dell’elaborazione di strategie utili ad affrontare efficacemente tali fenomeni.”Questo si legge nella lettera scritta da Massimiliano Pucci, presidente dell'associazione As.tro indirizzata all’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Guido Bertolaso, in riferimento alle dichiarazioni rilasciate a margine del seminario, organizzato dall'ente dedicato sul tema “Gioco d’azzardo e dipendenze comportamentali – una sfida per un nuovo approccio ai problemi della salute mentale” e che contengono delle inesattezze sui dati di spesa sul gioco.

Nella sua disamina sul settore l'assessore Bertolaso ha infatti confuso il dato della 'raccolta' (ossia le somme complessivamente puntate dai giocatori) con quello della 'spesa' sostenuta dai giocatori.

Ed ecco quindi l'intervento di As.tro.

Di seguito, riportiamo il testo integrale della lettera.

“In veste di associazione di rappresentanza delle imprese del gioco lecito (aderente a Confindustria Sit) abbiamo ascoltato con attenzione le sue dichiarazioni rilasciate a margine del seminario, organizzato dalla Regione Lombardia, dedicato al tema 'Gioco d’azzardo e dipendenze comportamentali – una sfida per un nuovo approccio ai problemi della salute mentale'.

Si tratta di dichiarazioni che ci inducono ad alcune considerazioni, in buona parte in linea con quanto da lei espresso, ma ci impongono anche di segnalare un’importante inesattezza tra le stesse contenuta.

Condividiamo, innanzitutto l’attenzione dedicata alla necessità di una migliore organizzazione dei servizi dedicati alla prevenzione e alla cura della dipendenza da gioco nonché all’esigenza di fornire alla cittadinanza una migliore informazione sui percorsi da intraprendere quando si è affetti da questa patologia o quando si è in presenza di un familiare che vive questa grave problematica

La carenza di organizzazione dei servizi sanitari preposti alla cura delle dipendenze e delle campagne di informazione per facilitarne l’accesso – a cui, a nostro avviso, si aggiunge l’assenza di adeguate campagne educative per prevenire il fenomeno – rappresentano problemi che, non riguardando la sola Regione Lombardia, meriterebbero un’attenzione generale.

A tutto questo si somma la totale assenza, a livello nazionale, di una banca dati, aggiornata annualmente, in grado di fornire il numero complessivo delle persone affette da dipendenza da gioco, in cura presso i servizi sanitari dedicati.

Tale circostanza impedisce di avere un’esatta fotografia della dimensione fenomeno e delle sue tendenze evolutive, a cui si tende a sopperire attingendo ai dati di spesa (annualmente forniti dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli), confidando, in modo improprio, nella loro capacità di fornire una corretta conoscenza dell’estensione, a livello nazionale e locale, della dipendenza da gioco. Il dato sulla spesa sconta, infatti, il limite di non tener conto che la stragrande maggioranza delle persone che attinge all’offerta di gioco lecito lo fa con intenti meramente ludici.

Ma a frustrare ulteriormente l’esigenza di fondare su basi oggettive ogni analisi sul fenomeno del gioco e delle sue degenerazioni, concorre il modo distorto con cui viene spesso diffuso lo stesso dato riguardante la spesa sostenuta dai giocatori.

Infatti, il termine 'spesa', nella sua riconosciuta accezione, indica un esborso da cui consegue una corrispondente diminuzione delle somme di denaro inizialmente a disposizione del soggetto che lo effettua.

Seguendo questo concetto, nella sua dimensione logica e semantica, in tema di gioco con vincita in denaro, la 'spesa' non può che essere rappresentata dalla differenza tra le somme puntate dai giocatori e quelle che tornano nella loro disponibilità a titolo di vincite; in altri termini, la 'spesa' indica le somme 'perse' dai giocatori. Questo, infatti, è - e non potrebbe essere altrimenti - il criterio utilizzato dalla Agenzia delle dogane e dei monopoli – unica fonte ufficiale in materia – nell’elaborazione e diffusione dei dati economici riguardanti il gioco legale.

L’inesattezza in cui è anche lei incorso sta proprio nell’aver confuso il dato della 'raccolta' (ossia le somme complessivamente puntate dai giocatori) con quello della 'spesa' sostenuta dagli stessi giocatori.

Quando, infatti, lei parla di una spesa di 150 miliardi di euro sostenuta dagli italiani nel 2023 si sta, in realtà, riferendo all’insieme delle somme puntate dai giocatori (pari a 147 miliardi di euro), non tenendo conto dell’ammontare delle somme restituite agli stessi giocatori a titolo di vincite, pari, nel 2023, a 127 miliardi di euro. La spesa sostenuta dagli italiani per il gioco lecito con vincita in denaro ammontava, quindi, nel 2023, a circa 20 miliardi di euro e non, come da lei erroneamente dichiarato, a 150 miliardi di euro.

Non si tratta di 'questioni di lana caprina' proprio perché simili inesattezze non giovano ad offrire l’esatta dimensione del fenomeno oggetto di analisi, oltre a prestare il fianco ad improprie comparazioni, come quella da lei utilizzata, seppur in totale buona fede, quando ha affermato che la spesa per il gioco supera quella che lo Stato sostiene per il Servizio sanitario nazionale.

Il problema è che il sistema del gioco pubblico legale, oltre che essere (come è giusto che sia) oggetto di particolare attenzione per le implicazioni socio-sanitarie che porta con sé, rappresenta anche un settore soggetto ad attacchi indiscriminati da parte di alcune fazioni (presenti sia nella politica che nella società civile) ispirate da mere pulsioni etico-ideologiche, le quali, dell’utilizzo dei dati rappresentati in maniera distorta fanno la loro principale arma di propaganda, finalizzata a smantellare il sistema del gioco pubblico legale che, per quanto perfettibile, ha fin qui dirottato verso le casse dello Stato delle ingenti somme di denaro che, prima della legalizzazione, affluivano nelle casse delle organizzazioni criminali, oltre ad aver consentito ai giocatori mossi da intenti ludici di attingere ad un’offerta di gioco garantita e controllata dallo Stato.

Non annoveriamo certamente lei tra coloro che, mossi da pulsioni ideologiche, preferiscono mettere la polvere sotto il tappeto, al costo di restituire alla criminalità l’intero mercato del gioco, facendo credere all’opinione pubblica che in questo modo possano essere debellati i fenomeni di dipendenza.

Conoscendo, infatti, l’autorevolezza e il pragmatismo con cui ha sempre interpretato i diversi ruoli che ha ricoperto nella sua importante carriera, siamo portati ad escludere che le sue intenzioni possano essere inquinate da simili influenze.

Abbiamo reputato comunque utile segnalare la suddetta inesattezza proprio per scongiurare le prevedibili strumentalizzazioni a cui potrebbe dar luogo.

Riteniamo, infatti, che connotare di venature ideologiche la ricerca di soluzioni per risolvere, o quanto meno attenuare, i fenomeni degenerativi correlati al gioco, possa essere utile soltanto a fornire argomenti alla propaganda politica, a totale pregiudizio dell’analisi e dell’elaborazione di strategie utili ad affrontare efficacemente tali fenomeni.

Proprio per questo ci rendiamo fin d’ora disponibili a mettere a disposizione (sua e dell’intera amministrazione regionale lombarda), la nostra esperienza, maturata 'sul campo', per un confronto costruttivo, finalizzato alla ricerca delle soluzioni più efficaci per prevenire il diffondersi della dipendenza da gioco.”

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