In questi ultimi scampoli di agosto, anche se tutto sembra sostanzialmente fermo, o quantomeno in sospensione, in attesa che riprenda il solito tran tran, qualcosa si muove per il mondo del gioco pubblico.
Nei piani del Governo, infatti, stando alle ultime notizie, ci sarebbe l'idea di lanciare un bando per il gioco online diverso da quanto previsto originariamente: mettendo sul piatto ben più di 40 concessioni e con una base d'asta decisamente superiore rispetto ai 200mila euro che finora bastavano per aggiudicarsene una.
Qualcuno ha ipotizzato addirittura la messa a bando di 100 concessioni, per il costo di 8-10 milioni di euro a licenza, con l'obiettivo di raccogliere un miliardo per garantire le coperture per la prossima legge di Bilancio.
Uno scenario a cui fa da sfondo l'iter del riordino del gioco pubblico promosso dalla legge delega per la riforma fiscale approvata ai primi di agosto, e di cui si attende il decreto attuativo, forse in arrivo prima del previsto, nella cornice dei due anni di tempo disponibili per vararlo. A dimostrare l'intenzione dell'Esecutivo di "fare presto" c'è l'istituzione del Comitato tecnico per l’attuazione della riforma tributaria, organismo che avrà il compito di predisporre i decreti legislativi di attuazione della legge delega, e di una commissione di esperti specifica per la parte sul gioco guidata da Mario Lollobrigida (direzione generale Giochi Adm) con funzioni altresì di presidente, che vedrà fra i suoi componenti Pietro Boria, Gianluca Esposito e Alberto Petrucci.
Ma come si intrecciano queste due questioni?
E cosa pensano gli operatori del gioco online di questo modello di bando?
Le ipotesi di un bando da un miliardo sono assolutamente "senza senso" per Maurizio Ughi, storico operatore del comparto, intervistato da GiocoNews.it.
"Secondo me, sono senza senso per due motivi: non si può scollegare l'online dal fisico perché in questo momento, o almeno fino a quando sussisterà il divieto di pubblicità al gioco, l'online ha 'bisogno' del retail, del rapporto con il territorio, per farsi conoscere dai giocatori, tanto che nel 2022 è stata in parte regolamentata l'attività dei Pvr, attraverso l'accordo integrativo siglato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli e alcuni concessionari.
Quindi, è ovvio che non si possono fare due gare diverse per il gioco online e il gioco fisico. Non si tratta di due realtà staccate, ma già integrate, perciò servirebbe una gara unica.
Il Parlamento, poi, approvando la legge per la delega al Governo per la riforma fiscale, ha dato l'ok anche al riordino del gioco pubblico,in cui si parla di tutti, di fisico e di online, riconoscendo che c'è la necessità di mettere ordine, di risolvere dei problemi, per i quali non bastano delle toppe.
E, a dire il vero, non so se prevedere un bando solo per il gioco online sia contro il dettato della legge approvata ai primi di agosto.
Ritengo che un bando solo per l'online sia fuori dalla logica del contesto del riordino. Se il riordino passa anche dall'accordo con gli Enti locali per risolvere l'ormai annosa 'questione territoriale', il nodo delle distanze dai luoghi sensibili e dei limiti orari al funzionamento degli apparecchi, ci vuole una visione globale, che comprenda il fisico e l'online, capendo quale funzione potrà avere".
Ughi quindi concentra l'attenzione sui rumours circolanti in merito al costo delle licenze per il gioco online che dovrebbero essere messe a bando. "Un concessionario che può contare su un grande fatturato magari può anche spendere certe cifre, ma i più piccoli dovrebbero necessariamente consorziarsi, comprare una quota della concessione, una skin con il proprio nominativo. Così facendo, se 30 o 40 concessionari si mettono insieme per comprare una licenza, non verrà mai raggiunto l'obiettivo di vendere 100 concessioni.
Quindi, con una gara solo per l'online, e a quelle cifre, non verrebbe centrato l'obiettivo di 'fare cassa' per sostenere la Manovra di bilancio e neppure quello di fare davvero il riordino del gioco pubblico".
Carmelo Mazza, Ceo di Oia Services, società che detiene i brand Betaland e Enjoybet, rileva: “Mi sembra evidente come davanti alle due strade divergenti, ossia quella della concorrenza a tutela degli interessi del consumatore e quella dell'oligopolio a tutela (nel breve periodo) degli interessi pubblici, il regolatore del settore industriale dei giochi abbia scelto di privilegiare il modello oligopolistico. Questo porterà danari nelle casse dello Stato da parte di un numero ristretto di operatori (per 10 milioni di euro di costo bastano due decine di concessioni, non certo 100) molti dei quali legati a gruppi multiprodotto e/o multimercato”, esordisce Mazza.
“Cinicamente si può ritenere che questa fosse una deriva ineluttabile, con buona pace di chi parlava qualche tempo fa di riconversione. Credo infine che possa definitivamente dirsi conclusa una fase del settore dei giochi italiano, quella dei piccoli imprenditori commerciali di taglio amatoriale. Entriamo in un regime di mercato oligopolistico, con tutto quello che questo comporta per chi regola, per chi opera e per chi gioca”.
Un po' di tempo per riflettere sul da farsi, e magari confrontarsi sulle esigenze del settore, in realtà ancora c'è, visto che nella scorsa legge di Bilancio il Governo ha prorogato tutte le concessioni del gioco, dalle slot all'online, al 31 dicembre 2024. Ma meglio fare presto, e bene, per dare al comparto la stabilità che cerca ormai da troppi anni.