L'istante, “per i mesi in relazione ai quali sia oramai trascorso il termine per effettuare la variazione in diminuzione ai sensi dell'articolo 26, terzo comma, del Dpr n° 633 del 1972, [...] intende presentare apposite istanze di rimborso nel termine di due anni dai pagamenti indebitamente effettuati relativamente all'imposta concernente i servizi esenti in questione”.
È la soluzione proposta da un operatore a livello nazionale nel settore dei giochi e delle scommesse – e condivisa dall'Agenzia delle entrate – in merito all'errata applicazione dell’inversione contabile e recupero dell’Iva non detratta.
L'operatore nel suo interpello ha tratto “spunto” da alcune risposte ad altre istanze presentate all'Agenzia delle entrate nel 2020 e nel 2021 dalle quali è emerso che i servizi, che rivestono i caratteri di necessarietà e di indispensabilità per effettuare la raccolta delle giocate online, sono esenti da Iva ai sensi dell'articolo 10 del Dpr n° 633 del 1972.
Nel parere si legge che “il cessionario/committente debitore dell'imposta può, dunque, correggere l'errore commesso (applicazione dell'Iva ad operazioni esenti, non imponibili o non soggette) tramite delle mere annotazioni contabili di senso contrario a quelle erroneamente eseguite e che intende neutralizzare, salva l'ipotesi in cui non abbia potuto esercitare il diritto alla detrazione dell'Iva. In tale evenienza la norma prevede espressamente la possibilità di recuperare l'Iva non detratta tramite il ricorso alla nota di variazione, ove sussistano ancora i tempi di cui al comma 3 dell'articolo 26 del decreto Iva, ovvero, in alternativa, mediante la richiesta di rimborso ex articolo 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992. Nonostante ad oggi, ai fini Iva, occorra fare riferimento all'articolo 30ter del decreto Iva, che replica le disposizioni del rimborso anomalo contenute nel citato articolo 21, resta confermata la possibilità di ricorrere, nel caso di specie, in alternativa alla nota di variazione, all'istituto del rimborso anomalo”.
Inoltre si evidenzia: “la coincidenza tra il soggetto debitore e creditore dell'imposta, che si verifica quando si applica l'inversione contabile, consente di evitare il rischio che, ricorrendo al rimborso anomalo in luogo della nota di variazione, l'Iva rimborsata al cedente/prestatore non sia, invece, restituita dal cessionario/committente che l'ha originariamente detratta. Resta inteso che, affinché sia rispettata la neutralità dell'Iva ed il rimborso non integri la fattispecie di arricchimento senza causa, durante la fase istruttoria che segue la richiesta di rimborso, l'istante dovrà fornire prova all'Ufficio competente di non aver detratto l'Iva relativa alle prestazioni ricevute e che la medesima, se imputata a costo, sia recuperata a tassazione”.