skin

Tutti i giochi della manovra: dove il fisico torna protagonista, suo malgrado

21 ottobre 2024 - 12:49

Dalla prima stesura della Legge di Bilancio emerge un ulteriore rincaro per l'industria del gioco pubblico, ancora una volta nei confronti del gioco terrestre, nonostante la parziale agonia.

stangata.jpg

Mentre a Palazzo Chigi sono in corso le ultime limature sulla prossima manovra (sotto la lente, ora, ci sarebbe il tetto agli stipendi dei vertici degli enti pubblici e privati), con il lavoro per chiudere il testo che è andato avanti per tutto lo scorso fine settimana, accompagnato da un clima blindato, con bocche cucite e l’insolita assenza di bozze, le prime indiscrezioni che sono trapelate dalla maggioranza, parlano di una nuova stangata in arrivo per il mercato del gioco pubblico, insieme a qualche altro piccolo ritocco. 
Anzi, a dire il vero, il primo punto è stato confermato direttamente dal vice ministro dell'Economia e delle finanze, Maurizio Leo, che nella conferenza stampa di presentazione della manovra ha spiegato che conterrà la proroga onerosa biennale delle concessioni dei giochi in scadenza il 31 dicembre 2024. Un passaggio, questo, che si dava già per scontato (come abbiamo del resto anticipato diversi mesi fa), tenendo conto della situazione di impasse in cui versano i lavori di riordino nel confronto tra governo ed enti locali, che rendono impossibile lo svolgimento della gare. Anche se non era affatto scontato gli altri due aspetti che si porta dietro tale intervento legislativo, rispetto all'entità della proroga. In primis, per via della durata temporale: il governo ha infatti optato per un prolungamento di due anni delle autorizzazioni vigenti e non di uno soltanto. Al punto da far stridere la decisione con i tempi di attuazione della legge delega, contenente il riordino del comparto del gioco, la cui durata temporale era stata fissata entro i successivi 24 mesi, che in questo modo verrebbero “superati” dalla durata delle concessioni (fermo restando, naturalmente, che si tratta di un limite massimo, entro il quale poter predisporre l'avvio delle gare). Ma l'aspetto forse più insolito (e critico) della proroga che si intende disporre è il costo per l'industria: perché se era già previsto, nonché inevitabile, il prolungamento a titolo oneroso delle licenze come negli anni precedenti, ciò che non era affatto scontato è il rincaro che è stato invece deciso dall'esecutivo. Con un focus specifico – ancora una volta – sul mercato degli apparecchi da intrattenimento, nonostante il loro declino e il conseguente impoverimento della filiera. Secondo le interlocuzioni in corso fra l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e il ministero dell'Economia e delle finanze, per gli apparecchi da gioco sarebbe previsto un onere 120 euro una tantum per ognuna delle circa 250mila slot autorizzate e 2000 euro all’anno per ognuna delle 61mila videolotterie in esercizio.

A poco è valso, dunque, il grido di dolore sollevato (sia pure sommessamente) dagli addetti ai lavori, attraverso il lavoro di analisi e approfondimento condotto dalla Cgia di Mestre, dal quale è emerso chiaramente che il segmento degli apparecchi con vincita in denaro (Awp/Vlt) è stato quello che ha subito la più rilevante contrazione negli ultimi anni: al punto che nel biennio 2020-2021 la raccolta si è contratta del 60 percento (- 28,3 miliardi), a causa della pandemia. Ma senza mai ripartire appieno: nel 2023 la raccolta complessiva delle Awp/Vlt è stata pari a 33,7 miliardi di euro, confermando il mancato recupero di 12,7 miliardi rispetto al 2019. Anzi, nel 2023 rispetto al 2022, si è avuto un leggerissimo ulteriore calo pari a 8 milioni di euro. Pertanto, rispetto al 2019, la raccolta è diminuita di oltre il 27 percento stabilizzandosi su livelli decisamente inferiori a quelli pre-pandemia. Con un conseguente e rilevante ridimensionamento della rete di vendita, con ben 7.300 locali in meno che ospitano le Awp che a loro volta sono calate di oltre 13.500 unità. Anche la rete delle Vlt – che negli ultimi mesi sembra subire meno la perdita di giocatori – ha comunque perso oltre 3.400 apparecchi. Nonostante questo declino, tuttavia, il comparto Awp/Vlt fornisce un contributo ancora importante per l’Erario pari a 5,5 miliardi di euro corrispondenti a oltre il 47 percento del gettito dell’intero settore del gioco lecito. Ed è proprio questo l'unico aspetto che sembra contare per il governo, che ha deciso bene di rincarare la dose al settore. 
Anche se, va detto, non è l'unico segmento del gioco a subire rincari, visto che un contributo importante – come abbiamo scritto - arriverà anche dal betting con il rinnovo delle concessioni che ammonterà a 5700 euro annui per i corner di betting presenti negli esercizi pubblici generalisti e a 9500 euro per le agenzie dedicate. Oltre a includere anche il settore del bingo, per il quale sala verserà 90mila euro annui. 
Insomma, quel che conta, è che ancora una volta i soldi arriveranno dal gioco pubblico e, in particolare, da quello terrestre. Per una duplice beffa nei confronti dei suoi addetti, i quali attendono già da tempo il completamento del processo di riordino allo scopo di poter salvare il salvabile all'interno della filiera, tenendo conto dell'inesorabile declino di cui sopra. La cui causa è da ricercare non tanto e non solo nell'effetto pandemia e nel progressivo spostamento dei giocatori verso l'online provocato dalla crescente digitalizzazione nel paese: bensì dalle varie disposizioni normative che, nel tempo, hanno portato alla scomparsa dell'offerta di gioco legale o alla sua perdita di appeal. Con il protrarsi dell'annosa questione territoriale, che ha portato alla cancellazione di punti vendita in molte città italiane, e con l'introduzione della tessera sanitaria per le Vlt e altre decisioni restrittive. Altri aspetti, questi, messi in risalto dalla stessa Cgia di Mestre.
Certo, non si può non considerare la difficoltà che sta attraversando il paese dal punto di vista economico e quella del governo nella stesura di una manovra che difficilmente potrà confermare le promesse avanzate in precedenza e, soprattutto, durante la campagna elettorale che aveva portato Giorgia Meloni fino alla presidente del consiglio. Ragion per cui il governo impone sacrifici a tutti i settori, con particolare riguardo a quelli più redditizi, tra i quali rientra anche il gioco: oltre alle banche e alle assicurazioni per le quali dovrebbero comunque arrivare dei rincari (almeno fino a prova contraria). Una scelta, dunque, che appare più che comprensibile, se non addirittura doverosa. Se non fosse, tuttavia, che dietro al comparto del gioco, a differenza di quanto avviene nella finanza, c'è una filiera fatta prevalentemente di piccole e medie imprese sulle cui spalle andranno a gravare tutti questi rincari, aggiungendosi peraltro a una situazione già in sé divenuta difficilmente sostenibile, per le ragioni sopra esposte. Con il rischio tangibile, pertanto, che l'ennesima stangata potrebbe rappresentare il colpo di grazia definitivo per molti operatori, di fronte all'incertezza del momento e all'enorme punto interrogativo sul futuro.
Per questo la scelta del governo di adottare nuove misure “contro” il gioco appare sciagurata: con la colpa ulteriori di aver perso semmai l'occasione di rimettere in sesto l'industria, compiendo una riforma generale che avrebbe potuto riequilibrare le sorte della filiera, consentendo, a quel punto, anche di programmare la destinazione di nuove risorse all'Erario, come potrebbero scaturire da interventi stabili e duraturi, come potrebbe essere l'introduzione di una tassazione di scopo, oppure quella sul margine, per tornare a guardare agli apparecchi da intrattenimento.
Peraltro, sempre guardando alle slot, bisogna anche considerare che le nuove concessioni riguarderanno una nuova generazioni di apparecchi, che i tecnici ministeriali dovranno a delineare, richiedendo così nuovi e ulteriori investimenti alla filiera. E se da un lato questa ulteriore complessità giustifica e rende più comprensibile il prolungamento di due anni delle attuali licenze, dall'altro lo rende ancora più critico, tenendo conto che in questo modo si continua a tenere sul mercato un prodotto decisamente vetusto, quasi arcaico, come gli attuali apparecchi da intrattenimento comma 6a, la cui normativa tecnica nel frattempo arriverà a compiere vent'anni allo scadere delle concessioni. Praticamente un'era geologica tenendo conto dei tassi di innovazione tecnologica che hanno accompagnato l'industria generale in questi anni. Ma soprattutto, cosa ancora più grave, bisognerà vedere quante aziende saranno rimaste sul mercato nei prossimi 24 mesi e la loro capacità di investimento, leggendo i dati sopra ricordati sul trend del settore. E questa si che potrebbe essere la vera colpa del governo, se a sparire dal mercato sarebbero proprio le imprese di quel "Made in Italy" che si promette di voler difendere, su tutti i fronti. Ma a quanto pare, non su quello del gioco.

Altri articoli su

Articoli correlati