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Un anno di speranze dopo un anno di transizione

30 dicembre 2024 - 11:11

Si chiude una stagione di grande cambiamento per l’industria del gioco pubblico: nel bene e nel male.

Scritto da Alessio Crisantemi
© Francesco Ungaro / Unsplash

© Francesco Ungaro / Unsplash

Che anno è stato il 2024 per il settore del gioco pubblico?

Una domanda, questa, a cui è difficile rispondere, riducendo la visione al solito metro di giudizio del bicchiere mezzo pieno, oppure ancora da riempire.

Volendo compiere un piccolo sforzo, nel tentativo di stigmatizzare comunque la stagione che sta andando in archivio, si dovrebbe rimanere sulla superficie di quel bicchiere, parlando di un anno di transizione. In tutti i sensi che si possono individuare.

Il 2024, in effetti, è stato un anno di passaggio, di cambiamento e di potenziale evoluzione: l’anno in cui il legislatore nazionale ha deciso di riscrivere (ma solo in parte, almeno per ora) le regole del gioco, introducendo una nuova normativa per il segmento del gaming online che ha portato all’emanazione del bando di gara per il rinnovo delle concessioni.

Oltre ad essere stato l’anno in cui il Governo ha deciso di prendere il toro per le corna affrontando direttamente l’annosa Questione territoriale provando a ricercare un’intesa (complicata) con le Regioni, allo scopo di poter procedere con il riordino generale dell’intero comparto come vorrebbe la legge di delega fiscale che a breve vedrà scadere anche i propri termini di decorrenza che erano stati individuati in 24 mesi totali.

E anche se ancora oggi l’iter legislativo non si è concluso, questa volta sembrano esserci i presupposti per arrivare a una soluzione definitiva, anche se la sensazione è che sarà un accordo al ribasso, almeno per l’industria. In questo senso, dunque, l’anno che si sta concludendo rappresenta una transizione verso un nuovo futuro, sperabilmente sostenibile, e per tutti.

Ma la transizione che si può scorgere da un’analisi degli ultimi dodici mesi (e non solo) è anche quella tecnologica, con il progressivo spostamento dei giocatori - e dei consumatori più in generale - verso il digitale: e di conseguenza anche quelli delle aziende e dei grandi gruppi, che stanno rafforzando sempre di più gli asset sul fronte interattivo più che sul terrestre.

Ma ciò non significa che il terrestre sia destinato a morire: anzi. Tutt’altro. I numeri parlano chiaro e la quota maggiore dei ricavi per lo Stato deriva ancora oggi dal gioco fisico: anche se in alcuni segmenti (a proposito di transizione) la sofferenza  è vieppiù evidente come i bilanci di fine anno hanno già ampiamente descritto, soprattutto nel settore degli apparecchi da intrattenimento.

Ed ecco quindi un tema ulteriore di cui dovranno (pre)occuparsi il Governo e il legislatore nazionale, anche prima del riordino, per evitare che la presunta riforma si traduca in disordine. Specialmente dopo il colpo di mano dell’ultima ora dell’Esecutivo che ha pensato bene (si fa per dire) di ritoccare ancora una volta la tassazione del comparto agendo sulle scommesse, online e terrestri, creando così ulteriore scompiglio nella filiera.

Proprio alla vigilia del bando di gara per il rinnovo delle concessioni. E su questo, possiamo dirlo, è l’unico punto su cui non c’è stata alcuna transizione, intesa come cambiamento: con lo Stato che si traveste come al solito da lupo cattivo, che perde il pelo (cioè denaro) ma non il vizio (che è quello degli aumenti spot, specie sul gioco).

E la speranza con cui ci si può affidare al nuovo anno è proprio quella di veder cambiare approccio nei confronti di questa industria, a partire dell’imminente (a proposito di speranze) riordino.


 

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