Gioco a Trento, Trga: 'Legge provinciale, nessun effetto espulsivo'
Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento respinge il ricorso di una sala gioco contro la legge provinciale in materia e nega la sussistenza dell'effetto espulsivo.
Scritto da Fm
“Deve escludersi che le norme di cui alla legge provinciale n. 13 del 2015, costituiscano una restrizione ingiustificata o una violazione della proprietà e della libertà di iniziativa economica, perché hanno introdotto dei limiti e delle condizioni per l’esercizio del gioco lecito giustificate dalle ragioni imperative di interesse generale enunciate all’art. 1 della legge, e l’applicazione di tali norme, come sopra visto, non comporta un effetto espulsivo dal territorio del Comune di Trento.”
È quanto si legge nella sentenza con cui il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento respinge il ricorso presentato dal titolare di una sala slot contro il provvedimento emanato dal Comune per disporre l’immediata rimozione degli apparecchi installati nel locale, distante meno da 300 metri da dei luoghi sensibili, secondo quanto previsto dalla legge provinciale in materia.
Secondo il Trga di Trento innanzitutto non emergono elementi per discostarsi dalle pronunce già emesse dallo stesso tribunale sullo stesso argomento, confermate in appello da alcune sentenze del Consiglio di Stato.
Allo scopo vengono richiamati anche gli esiti della verificazione disposta in precedenti giudizi per appurare l'effetto espulsivo della legge provinciale sul gioco, secondo cui, tra l'altro, “ l’applicazione della distanza di 300 metri dai siti sensibili individuati dall’Amministrazione comunale di Trento non determina una sostanziale preclusione alla localizzazione sull’intero territorio comunale di funzioni di gioco d’azzardo lecite, in quanto l’applicazione del criterio della distanza dai luoghi sensibili non comporta un’impossibilità assoluta dell’esercizio di queste attività, in particolare all’interno del territorio urbanizzato”.
Per i giudici amministrativi, inoltre, non sono condivisibili “gli argomenti con i quali il ricorrente contesta le conclusioni a cui è pervenuto il verificatore”, deve essere affermata la “manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale di alcuni articoli della legge provinciale n. 13 del 2015”, e “non è neppure ravvisabile la lesione del principio dell’affidamento prospettata nel ricorso, perché le imprese del settore hanno avuto a disposizione complessivamente sette anni, dall’entrata in vigore della legge provinciale, per rimuovere gli apparecchi presenti nei propri esercizi, per un lasso temporale sufficiente ad escludere la sussistenza di un affidamento incolpevole circa la possibilità di mantenere tali apparecchi”.