Tra qualche settimana dovrebbe andare in decisione l’appello presentato al Consiglio di Stato dai concessionari di rete contro la norma inserita nella legge di Stabilità 2015, nota come tassa dei 500 milioni.
Come molti ricorderanno, la norma prevedeva che la filiera degli apparecchi da intrattenimento avrebbe dovuto pagare in due tranche – una ad aprile e l’altra a ottobre 2015 – 500 milioni di euro che il Governo (all’epoca guidato da Matteo Renzi) aveva stabilito dovesse essere il contributo del settore del gioco al pareggio di bilancio.
Senza entrare nel merito della decisione di colpire solamente il segmento degli apparecchi – su cui in realtà ci sarebbe molto da dire – la norma risultò, già dalla prima lettura, piuttosto sconclusionata. Vediamo perché.
Indicava, innanzitutto, i concessionari come coloro che dovevano versare l’importo all’amministrazione in funzione del numero di apparecchi collegati alla propria rete a prescindere dalla raccolta di gioco degli stessi. Individuava nell’intera filiera del gioco il soggetto inciso, senza però specificare come le varie figure professionali presenti al suo interno (concessionari, gestori, esercenti) vi avrebbero dovuto contribuire.
La norma parlava genericamente del fatto che i concessionari avrebbero dovuto rinegoziare con la propria filiera i contratti in vigore già da alcuni anni per partecipare alla tassa dei 500 milioni.
Ovviamente, da subito, chi conosceva il settore prevedeva che una norma scritta così avrebbe causato una serie infinita di controversie, oltre a presentare una serie di dubbi circa la conformità costituzionale della norma stessa. I concessionari, infatti, non avevano alcuna autorità né alcuno strumento giuridico per rinegoziare contratti validi ed efficaci con i propri fornitori né questi ultimi avrebbero accettato di veder decurtato il proprio compenso in base ad una valutazione fatta dai concessionari.
Come associazione dei concessionari chiedemmo, quindi, un incontro al Mef. Fu un incontro a dir poco surreale, per certi versi anche divertente, se non fosse che stavamo assistendo alla genesi di un contenzioso mai visto: ci ricevette un consulente “tecnico” del Mef vestito come un giocatore di poker, cappuccio e occhiali scuri, che ci disse che i concessionari erano “morti che camminano” e che dovevamo considerare la tassa dei 500 milioni quale un “provvedimento Colbertiano”. L’incontro si chiuse così.
Dopo l’incontro cercai di capire chi fosse il nostro interlocutore e a chi facesse riferimento, andando a rispolverare i libri di storia per essere sicuro che il Colbert richiamato non fosse veramente il ministro delle Finanze del Re Sole. Purtroppo, non solo accertai che il nostro interlocutore era un personaggio che aveva contribuito alla disgregazione del settore della cantieristica navale con un improvvido provvedimento normativo, ma anche che il citato Colbert era proprio il ministro del 1600. Ovviamente, cercammo di utilizzare il buon senso nell’applicare la norma, ma inevitabilmente i contenziosi interfiliera sono stati moltissimi, hanno generato una conflittualità tra i vari attori mai vista prima al punto che oggi, dopo nove anni, ve ne sono ancora molti aperti.
La questione è arrivata fino alla Corte di giustizia europea.
Sarà interessante vedere cosa accadrà a seguito della sentenza, in ogni caso, quale sia l’esito, la soluzione dei rapporti amministrazione – concessionari - filiera non sarà affatto banale. Sarebbe anche interessante leggere la “verifica dell’impatto regolatorio” che, secondo il Dpcm 169/2017 deve consistere “nella valutazione del grado di raggiungimento delle finalità sottese al provvedimento normativo oggetto di osservazione, nonché nella stima degli effetti prodotti su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.”