“Gestori, concessionari, associazioni di tutela, magistrature, forze dell'ordine, dovrebbero essere uniti nella lotta contro le infiltrazioni della criminalità nel gioco. Lasciamo ai parlamentari di oggi un testimone importante". Così Giovanni Endrizzi, ex senatore del Movimento 5 Stelle Giovanni Endrizzi, membro, nella scorsa legislatura delle commissioni parlamentari di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere e sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico, concludendo il convegno “Mafie e gioco d'azzardo. Misure di contrasto alla criminalità organizzata e proposte per l'offerta pubblica legale”, da lui organizzato oggi, 14 marzo, a Roma.
All'incontro, oltre a Endrizzi, hanno partecipato Maurizio Fiasco, della Consulta nazionale antiusura, Attilio Simeone, avvocato e membro della Consulta nazionale antiusura, Gianluca Zandini, consulente della commissione mafie sul tema pagamenti digitali e criptovalute, Ersilia Trotta, avvocato che si occupa del tema della tutela dei minori, Filippo Torrigiani, consulente della commissione sul tema del Terzo settore, Amos Bolis, della Guardia di Finanza, e Roberto Rossi, procuratore capo presso il Tribunale di Bari.
La sequenza degli interventi, dopo l'introduzione di Endrizzi, inizia da Fiasco che presenta una "misurazione dell'indice di criminalità nelle regioni, provando ad accostare questo dato con la misurazione delle evidenze che derivano dalle misurazioni del gioco d’azzardo. All’aumento quantitativo del denaro giocato corrisponde una stagnazione dei ricavi per lo Stato e per la filiera, e una riduzione dei pesi quantitativi da parte dell’Erario, che nell’ultimo anno ha preso poco più del 13 percento. Significa che per ottenere gli stessi risultati devi aumentare la partecipazione dei cittadini al gioco". E ha quindi sottolineato il fatto che "con la pandemia il gioco online è cresciuto: si parla, per il 2022, di oltre 70 miliardi giocati online. Le regioni dove si gioca di più online sono quelle meridionali, Campania, Calabria, Sicilia e Puglia, nonostante siano agli ultimi posto per alfabetizzazione informatica”.
Nel suo intervento Attilio Simeone spiega invece che "abbiamo audito veramente tutti, e ci va riconosciuto il merito di non essere partiti da una tesi preconcetta. Il problema che abbiamo individuato è che il profilo penale arriva quando il reato è già stato compiuto, e da un punto di vista civilistico che senso ha l’inibizione se una persona ormai si è spogliata del suo patrimonio? Noi dobbiamo arrivare prima, e lo Stato, quando individuò la riserva statale nel 1948, non era affatto cieco.
Il sistema attuale garantisce la tutela del bene giuridico? In comitato siamo arrivati a dire di no. A mio avviso", spiega, "la questione si risolve correggendo le convenzioni di concessione, ossia si risolvono nel contratto privato tra chi si è aggiudicato la gara e l’Agenzia delle dogane e monopoli. Spulciando queste convenzioni ci siamo resi conto che affrontavano solo i profili economici e di profitto, mentre andrebbe rese più rispondenti a quello che è il diritto dello Stato. L’impresa deve sì essere libera, ma anche rispettosa dell’utilità sociale. Il gioco d’azzardo, purtroppo, ha fatto rivivere l’usuraio di quartiere".
Con un intervento più tecnico è Zandini a spiegare che "quanto serve al gioco legalizzato per funzionare, tanto serve alla criminalità", illustrando che "due sono gli aspetti significativi che sono emersi: sistemi di pagamenti digitali e criptovalute, sui quali si possono creare sorte di paradisi fiscali virtuali; il know how delle mafie rispetto alla tecnologia, con le mafie che hanno necessità dell’aiuto di esterni". Storicamente lo sbarco online delle mafie sui giochi sarebbe quindi avvenuto negli anni Novanta, riporta ancora Zandini, "in corrispondenza con il decreto Snai, che dava a Snai il monopolio sulle scommesse. Si passa poi dalle sale clandestine alle sale legali. Sui canali illegali si stima siano stati giocati 20 miliardi, si tratta quindi di centinaia di migliaia di persone che giocano con la mafia. Finché avremo giocatori che non si fanno scruproli a giocare con le mafie non sarà facile fermare il fenomeno".
L'intervento di Ersilia Trotta porta l'attenzione sui minori e il loro rapporto con il gioco. “Un aspetto devastante", riporta l'avvocato, "rappresenta proprio la diffusione del gioco d’azzardo, legale e illegale, tra i minori. Rilevazioni delle violazioni accertate nei centri scommesse: il 36 percento di queste violazioni riguardava la presenza di minori in sala. Gli accertamenti, tuttavia, vengono effettuati solo sul 10 percento di tutte le strutture, per mancanza di personale. Con la pandemia il gioco si è spostato nel gioco online, e l’online diventa un mondo inesplorabile. Se l’identità viene accertata solo con l’invio di un documento e non con lo Spid, tutto può accadere. Ma anche lo Spid non basta, dovrebbe essere inserito un meccanismo che richieda una verifica con tempi casuali in corso di gioco". E aggiunge che "occorre intervenire a monte, su chi può controllare i ragazzi, sensibilizzando famiglie e scuole sul rischio della dipendenza del gioco online.
Torrigiani spiega invece che "la politica ha molto discusso, ma ha saputo creare solo uno spezzatino legislativo" e aggiunge che "nel 2019 le consorterie malavitose hanno riciclato oltre 250 milioni di euro attraverso il gioco d’azzardo. Ciò che emerge è che da una parte abbiamo uno Stato che iscrive a Bilancio entrate da dal gioco d’azzardo, dall’altra abbiamo sindaci e enti locali che si trovano dall’altra parte, con territori ormai militarizzati dall’offerta di gioco d’azzardo. Bisogna che la responsabilità sia affidata ai concessionari, prevedere anche misure tipo Daspo, e dire basta alle proroghe delle concessioni. No al proibizionismo, ma sì ad una regolamentazione".
Anche Bolis parla di un settore "che è a metà tra l’economico e il diversamente utilizzato, un settore disciplinato da norme che partono dal Tulps e arrivano a norme che regolano le connessioni a server stranieri", con un sistema di controlli che "non può essere a tutto campo". Il rappresentante della Guardia di Finanza spiega quindi che "quando parliamo di gioco parliamo di finanza, di valori economici. Una fiches è un valore che può cambiare proprietà. In questo contesto è necessario un sistema di controlli adeguato e coordinato. Il settore del gioco è soggetto a controlli di molto inferiori a quello del settore dei tabacchi, pur incassando molto di più. Servono: riordino, investimenti, professionalità”.
Ricchissimo di dati e aneddoti l'intervento di Roberto Rossi. “Solo guardando i dati della Sogei", spiega subito, "abbiamo visto che c’è un numero incredibile di cifre incompatibili con il mero gioco. Quando abbiamo messo le telecamere vedevamo che il numero delle persone che entrava non era compatibile con le beddate, né con le cifre giocate. Gli elenchi dei maggiori vincitori vedevano tributaristi, commercianti cinesi e personaggi delle criminalità organizzata che faceva milioni di beddate. Non è sufficiente a dire che questo sia tutto riciclo, ma è un dato comunque importante, legato alla facilità di riciclare denaro sporco. Il principale punto vendita che avevamo a Bari era di un parente di uno storico esponente della criminalità cittadina. Con stupore ho appreso che per l’apertura dei punti gioco non era necessaria una certificazione antimafia. Così abbiamo allargato i controlli e abbiamo visto che i punti gioco controllati erano tutti in mano alla criminalità organizzata. Le Vlt, collegate elettronicamente al sistema, erano tutte 'appartenenti' allo stesso soggetto e dalla verifica che abbiamo fatto è emerso che tutti i clan di Bari imponevano quel tipo di Vlt, controllate dal parente dell’esponente della criminalità di cui sopra. Quando abbiamo verificato ulteriormente è emerso che il denaro non veniva versato allo Stato, ma con la copertura dei concessionari che intendevano mantenere attivo questo sistema, chiudendo gli occhi perché gli utili sono enormi". E racconta ancora che "facendo una perquisizione presso un commercialista ci siamo trovati anche davanti a un pacchetto di ticket. Abbiamo avuto bisogno di un consulente per comprendere il sistema ticket-in ticket-out: cambio denaro contante con un ticket, lo inserisco nella macchina, e ottengo un ticket-out che corrisponde a denaro, denaro pulito".
Quali soluzioni? "L’identificazione di chi versa le somme e di chi vince. Ci vuole un controllo stretto, e questo vale ancora di più per il gioco online, proprio per gli aspetti sociali che abbiamo visto, legati a questi. Purtroppo abbiamo sempre trovato che questo settore economico, almeno a Bari, non è infiltrato, ma è in mano alla criminalità organizzata”.
Avviandosi a consludere l'incontro Endrizzi ha ricordato che “come disse in audizione l’allora procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, le ipotesi su un aumento della criminalità sono meramente presuntive, non ci sono dati. E oggi capiamo come mai non ci sono questi dati: perché le indagini sono difficoltose, arrivano come costole parallele di altre indagini. Arriviamo a scoprire gli interessi delle mafie sul gioco in modo incidentale, da altre indagini, magari partite anche molti anni prima.” E conclude, Endrizzi, richiamando tutti gli attori del settore del gioco ad un'azione comune nel contrasto dell'illillegalità.